Costituzione: primavera 1941
Ubicazione: Polonia, a 3 km ad est di Lublino
Situato 3 km a est di Lublino, in un sobborgo della città Majdan Tatarski da cui prende il nome, il campo di Majdanek (Lublin-Majdanek) nasce nella primavera del 1941 come lager per prigionieri di guerra sotto controllo delle Waffen-SS. Nel novembre dello stesso anno passa sotto il controllo dell’Ispettorato dei Campi (Inspekteur der KL), diventando poi Campo di concentramento a pieno titolo il 16 febbraio 1943.
Svolse, analogamente ad Auschwitz, la duplice funzione di KL e di campo di sterminio immediato.
Al culmine dell’attività il lager presenta una vasta area dal perimetro asimmetrico, contenente la Kommandantur, le caserme SS, il magazzino e altre strutture di servizio, per una superficie originariamente prevista di 270 ettari. Il cuore del campo, molto più ridotto (30 ettari), è però costituito da cinque campi interni, disposti in fila, circondati da doppio reticolato elettrificato, e comprendenti ciascuno 22 blocchi; all’estremità di questo settore si trovano il crematorio e la zona delle esecuzioni. Ogni campo ha una destinazione specifica (Revier, sovietici, donne e bambini, nazionalità miste) cambiata, in qualche caso, nel corso degli anni. Un sesto campo, anch’esso di 22 blocchi, non verrà mai pienamente utilizzato. Anche la capienza prevista subisce non poche variazioni, da 20.000 a 250.000 prigionieri.
Vengono aperti, a partire dal febbraio 1942, 14 sottocampi, sia maschili che femminili, adibiti a produzioni industriali e belliche. È calcolata in 35-40.000 persone la presenza massima di prigionieri nel campo principale, circa 140 dei quali sono italiani.
Ricerche finora parziali hanno individuato prigionieri di 54 nazionalità (tenendo distinte le nazioni federate nell’URSS e nella Jugoslavia); circa il 59% erano polacchi (per la maggior parte ebrei di Lublino e delle aree limitrofe), seguiti da sovietici (20%), cecoslovacchi (13%), tedeschi e austriaci (4%). Verso i prigionieri di guerra sovietici e gli ebrei sono adottate strategie di sterminio sistematico; ma il lager funziona anche da luogo di uccisione di prigionieri inabili selezionati in altri lager (specialmente Buchenwald e Ravensbrück) e inviati a Majdanek.
In effetti il lager per circa un anno (settembre-ottobre 1942 – novembre 1943) è dotato di camere a gas (due in legno, provvisorie, e almeno tre in muratura) che funzionano sia con monossido di carbonio in bombole, sia con Zyklon B (è documentato il consumo di oltre 7 tonnellate di quest’ultima sostanza). Lo sterminio degli ebrei tocca il culmine nel grande massacro del 3 novembre 1943, quando 45.000 prigionieri, in tutti i lager dell’area di Lublino, vengono massacrati (18.000 nel solo campo principale). Dopo questa data non risulta ulteriormente documentata l’attività delle camere a gas.
Nella primavera del 1944 inizia l’evacuazione del campo: i prigionieri sono avviati verso Auschwitz, Natzweiler e Ravensbrück. Il campo principale, dove si trovano alcune centinaia di malati, viene liberato dall’Armata Rossa tra il 22 e il 23 luglio 1944; i sovietici raccolgono e divulgano un’ampia documentazione sulle efferatezze commesse dai nazisti, tanto che per un osservatore italiano precoce e attento come Umberto Saba il nome di Majdanek (“Ma dopo Maidaneck…”) è, nei primi mesi del 1945, il simbolo stesso dello sterminio nazista (“Buchenwald, Auschwitz ecc. erano allora sconosciuti”: Scorciatoie e raccontini. Prime scorciatoie. Roma, febbraio 1945, 5).
Il numero delle vittime del KL Lublin-Majdanek è stato variamente calcolato, dato il carattere contemporaneo di struttura di sterminio immediato e di sterminio mediante il lavoro (direttamente o indirettamente). Oggi alle stime fatte in passato di circa 800.000 e più vittime si preferisce il calcolo, dichiarato per difetto, di 230.000 morti, di cui circa 100.000 ebrei. La stima di 800.000 vittime forse viene suggerita dal fatto che al momento della liberazione del campo si trovò al suo interno un enorme magazzino, contenente tra l’altro circa 800.000 paia di scarpe.
Comandanti del Lager sono stati Karl Otto Koch (lo stesso di Buchenwald, fucilato dagli stessi nazisti per corruzione), Hermann Florstedt, Martin Weiss (comandante anche a Neuengamme), Max Koegel e Arthur Liebenhenschel. Quest’ultimo è stato condannato a morte da un tribunale polacco, mentre diverse guardie sono condannate a morte nel processo istruito dai sovietici a Lublino, nell’autunno del 1944, di fatto il primo processo per crimini di guerra, anteriore a quello di Norimberga.
Militari italiani, provenienti forse dai campi di internamento di Chelm, Biala Podlaska e Deblin, fvengono deportati e uccisi a Majdanek nell’autunno del 1943, ma se ne ignora il numero e le circostanze non sono documentate (Marszalek p. 57).
Italo Tibaldi nel corso della sua ricerca ha individuato un trasporto di 114 italiani arrivati a Majdanek il 4 novembre 1943, tutti provenienti da Dachau. Di questo trasporto indica gli estremi nel Calendario della deportazione… (2003), assegnandogli il n. 260.
Oggi, grazie alle attente ricerche di Antonella Filippi e Lino Ferracin (si veda il loro documentatissimo volume Deportati italiani nel lager di Majdanek, Torino, Silvio Zamorani, 2013), il quadro della deportazione italiana a Majdanek appare praticamente definitivo, pur nella sua complessità. Majdanek infatti è sempre stato lager di secondo arrivo, per i 215 italiani la cui presenza è sicuramente documentata (ma il totale dei nominativi rintracciati finora è di 227). In genere si tratta di trasporti di malati e inabili per i quali Majdanek funge prevalentemente da campo di eliminazione; solo una lista, quella dell’arrivo da Dachau il 21 gennaio 1944, con 14 italiani, riporta le professioni (dunque si trattava di persone abili al lavoro).
La maggior parte dei 227 (variamente classificati, come AZR, Schutzhaft It. o BV; nessun ebreo), presumibilmente oltre 150 prigionieri, muore nel lager lublinese. Per gli altri vi è una drammatica sequenza di ulteriori spostamenti (prevalentemente ad Auschwitz) al termine dei quali solo 25 persone, sulle 227 indicate sopra, vedono la liberazione.
L’area di Majdanek si presenta in uno stato di relativa buona conservazione a causa della decisione molto precoce (autunno 1944) di conservarla a documentazione e monito delle violenze nazifasciste.
Bibliografia utilizzata:
Jozef Marszalek, Majdanek. Konzentrationslager Lublin, Varszawa, Verlag Interpress, 1984.
Gudrun Schwarz, Die nationalsozialistischen Lager, Frankfurt a. M., Fischer, 1997.
E.Kogon-H.Langbein,A. Rückerl, Les chambres à gaz secret d’Etat, Paris, Ed. de Minuit, 2000 (ed.or. Frankfurt a. M., Fischer, 1983).
Das nationalsozialistische Lagersystem, Frankfurt a. M., Zweitausendeins, 2001.
Italo Tibaldi, Giorni della memoria. Calendario della deportazione politica e razziale italiana nei campi di eliminazione e sterminio nazisti (1943-1944-1945), Sansepolcro (AR), Stab. Arti Grafiche, ANED-Fondazione Memoria della Deportazione, 2005.
A. Filippi-L. Ferracin, Deportati italiani nel lager di Majdanek, Torino, Silvio Zamorani, 2013
Lucio Monaco
Per saperne di più consultare il sito del Museo di Stato di Majdanek