Il 3 novembre 1944, appena scesa l’oscurità, una pattuglia di soldati tedeschi si avvicinò al portone di un albergo di Sarzana nel quale erano acquartierate settanta brigate nere. Comandava la pattuglia un giovane ufficiale, alto, ossuto, biondo, che chiese in un italiano stentato di parlare con il responsabile della caserma, assente per un impegno che lo aveva trattenuto a Spezia. L’ufficiale tedesco puntò la machinenpistole, uccidendo il piantone. Si getto, poi, oltre la soglia, penetrando nell’albergo, ma al secondo colpo la sua arma si inceppò. Innumerevoli colpi sparati dalle brigate nere lo raggiunsero, senza che le sventagliate di mitra del soldato che lo affiancavano potessero nulla. Che storia era quella? Tedeschi che assaltavano fascisti! L’ufficiale tedesco, di nome Rudolf Jacobs, era un capitano della marina da guerra tedesca che due mesi prima era passato alla Resistenza. «Voglio combattere…», aveva detto presentandosi. «Sono pronto a dare la mia vita purché si abbrevi anche di un solo minuto questa guerra insensata…»
Figlio di un noto architetto di Brema, e di una madre ebrea cristianizzata, Rudolf Jacobs era un borghese, un democratico. Considerato “disperso” dai tedeschi fino a pochi anni fa, in Italia è insignito di medaglia d’argento al valore ed è sepolto a Sarzana…

“Un libro acuto, pieno di domande intelligenti. Faccini interroga Tacito, Lutero, Goethe, Heine e Wagner, per comprendere la follia tedesca, e costruisce con Rudolf Jacobs un personaggio di esemplare problematicità, che si riscatta da una abiezione collettiva ormai insopportabile…”, Giorgio Bertone, Il Secolo XIX

“Il primo libro su di un disertore tedesco dopo sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Un approccio innovativo alla storia. Ipotesi storiografiche documentate, sviluppi narrativi plausibili…”, Lutz Klinkhammer, storico

“Un libro bellissimo. Perfettamente costruito sia sul piano storiografico che su quello antropologico…”, Agostino Pirella, Presidente onorario di Psichiatria Democratica

“Commovente. Vero. Faccini ci ricorda l’intensità della Resistenza disarmata. Le donne che popolano il suo libro rappresentano bene la tenace speranza che animò la lotta di liberazione…”, Giglia Tedesco Tatò, parlamentare

“Una scrittura scolpita, energica, inventiva, che sostiene mirabilmente l’impianto storiografico del libro…”, Mario Lunetta, scrittore

“Un libro magistrale, nel quale risuonano l’umanità e le contraddizioni di chi seppe liberare il nostro paese e conquistare la democrazia…”, don Andrea Gallo, coordinatore della Comunità di San Benedetto

“Faccini sa far muovere e vivere i suoi personaggi, dei quali racconta il semplice e complesso eroismo. Un romanzo che è anche Storia, grande storia. Un libro da non perdere…”, Wladimiro Settimelli, l’Unità

“Un romanzo che appartiene ad una nuova storiografia, quella che cerca negli odori e nei sapori, che ricostruisce le mentalità e la vita minuta degli uomini. Un libro di narrazione storica colto, intriso di echi neogotici. Un libro molto bello, scritto bene, che mi ha emozionato. Se questo tipo di letteratura, di cui questo libro è un inizio, potesse avere corso, invece dei minimalismi correnti oppure quelle letterature degli interni e delle penombre, noiosissime letterature generazionali, io credo che il lavoro di Faccini avrà avuto un senso e avrà lasciato il segno, sia sul piano della verità storiografica che su quello della ricerca estetico-letteraria…”, Bruno Gravagnuolo

“Voglio considerare questo libro come una “prova etica”, nel senso che la parabola di questo uomo, Rudolf Jacobs, ci rimanda a qualcosa di universale, ancora più forte e più drammatico, se possibile, di quella che è la sua partecipazione alla lotta di liberazione. Si tratta di una parabola della coscienza, sul richiamo, forte e assoluto, che ad un certo punto, anche di fronte alla storia, la coscienza subisce, governandoci…”, Paolo Naso