Silverio Corvisieri
La villeggiatura di Mussolini – Il confino da Bocchini a Berlusconi
Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2004
“Mussolini? Un dittatore benigno. I morti ammazzati come Matteotti? Cancellati. Il confino? Una villeggiatura. La Resistenza? Un mito. La vulgata revisionista nel 2003 è diventata galoppante. Dal tema degli esami di maturità alle esternazioni estive di Silvio Berlusconi, dalla ripubblicazione acritica – sul « Giornale » – di articoli fascisti del 1929 alle dichiarazioni di Marcello Pera sulla cosiddetta «vulgata resistenziale», la manipolazione politica della storia del ventennio fascista procede allegramente tra bottiglioni di champagne ed esibizioni del canzonettista di corte Mariano Apicella…”
Questo l’incipit del libro, a difendere da subito il risultato di uno studio sul confino in epoca fascista che, sulla base di biografie, lettere, e documenti d’archivio descrive ed analizza con efficacia vite, sentimenti, situazioni e storia complessiva del confino nelle isole, Ponza, Lipari, Tremiti, Ventotene, Ustica.
Anche il confino come villeggiatura ha la sua risposta documentata: fu Arturo Bocchini, il capo della polizia fascista, ad insistere per destinare al confino isole come Ponza e Lipari, nonostante le proteste di autorità e cittadini, per “sfatare la leggenda tanto cara ai fuoriusciti italiani e alla stampa estera ostile al Regime, circa il presunto inumano trattamento usato ai confinati politici.”
Fu quindi proprio il regime fascista ad inventare la favola del confino come villeggiatura!!
Di fatto il trattamento riservato ai confinati fu davvero inumano: dapprima per lo strapotere degli uomini della milizia, che pensavano di poter offendere, provocare, malmenare, uccidere anche, impunemente, chi osava non piegarsi al regime, poi per il giro di vite messo in atto dal ministero dell’interno, teso ad isolare completamente ogni confinato, impedendogli di parlare con gli altri senza essere ascoltato, vietando le mense autogestite, l’ingresso nelle case degli isolani, come di uscire senza essere seguiti e di scrivere a chi la censura non considerava idoneo. Non mancarono poi le provocazioni, obbligo del saluto fascista per esempio, che portarono alla protesta dei confinati e alle conseguenti condanne a mesi o anni di carcere, che andavano ad assommarsi a quelli di confino.
Molteplici i temi affrontati dall’autore: da quello politico ( i gruppi di partito e le difficoltà di organizzarsi ed informarsi, sino ai contrasti ed alle espulsioni), a quello umano e sentimentale, alle evasioni, alle proteste, alle modalità della liberazione. Molti i nomi di confinati conosciuti, da Pertini e Nenni, a Scoccimarro e Bordiga, a Rossi e Spinelli, Curiel e Colorni, e poi gli anarchici, i massoni, e Mario Magri, ex aiutante in campo di D’Annunzio, confinato dal 1927 al 1943, ucciso alle Fosse Ardeatine, Cesare Pavese, Antonietta Pintor, e Giovambattista Domaschi, l’anarchico che morì nel lager di Dachau.
Il garbo e la sensibilità con cui l’argomento viene trattato, lo stile leggero, pur nella ricchezza della documentazione, rendono il libro di piacevolissima lettura.
Olga Lucchi