Intervento di DARIO SEGRE, Torino, vicepresidente dell’Aned
Il nostro ringraziamento di familiari dei Caduti a quanti seppero esserci vicini allora
Care amiche, care compagne e compagni, non sto ad accodarmi nel. dare tutto il mio appoggio e condivisione alla relazione del nostro presidente, perché fortunatamente i tempi sono anche molto cambiati da alcuni congressi che furono e che credo che oggi con la voce ci possa accomunare tutti, al di là delle ideologie e al di là di posizioni varie.
Io però in questo momento,devo ricordarvi, come forse non meritatamente, fui eletto ormai nel lontano ’78 in rappresentanza di troppe cose, ma comunque ebbi ad accettare. In quel momento rappresentavo, e anche oggi credo, queste tre cose. Rappresentavo una posizione politica, rappresentavo una presenza ebraica nella nostra associazione, e rappresentavo – e qui ne sono orgoglioso più delle altre – soprattutto una posizione dei familiari dei caduti nei campi di sterminio avendo perso fratello e padre, come molti di voi sanno, catturati partigiani, finiti a Mauthausen, riconosciuti ebrei, ecc..
Perciò il mio intervento odierno credo debba avere una angolazione e una visione soprattutto familiare. Per la parte politica è già stato detto parecchio, altri interventi potranno maggiormente arricchire la discussione, ma noi familiari credo dobbiamo fare oggi, non nei prossimi giorni, un pensiero e un profondo ringraziamento a quanti, tornati dai campi di sterminio, ebbero la forza, il coraggio di essere vicini alle vedove, a noi figli, parecchi dei quali, io avevo 10 anni, hanno ritrovato nel tempo un punto di riferimento che è unico, che non si può dimenticare. Quindi un grazie di cuore ai fondatori dell’associazione. Siamo nel cinquantesimo, e quindi è loro dovuto un grosso ringraziamento.
Perciò io mi trovo, toccando un altro argomento, abbastanza shockato dall’articolo dell’amico compagno Venegoni, perché è vero che l’articolo è variegato, ma il titolo in particolare tradirebbe quanto hanno fatto nell’immediato dopoguerra i superstiti, soprattutto per noi familiari. Quindi io mi auguro che sia stato quasi, come ha detto già il nostro presidente, una provocazione, e per tranquillizzare me stesso e anche voi ripeto devo crederci che sia una provocazione, perché se non ci credessi dovrei ribellarmi.
Abbiate pazienza se dico questo, ma il nostro e il vostro compito non è certamente terminato con questo congresso, bensì deve continuare come in passato, meglio che in passato. Oggi tra l’altro si sono smorzate quelle punte di attrito che nascevano dall’appartenenza a questo o a quel partito, perciò è ancora più augurale che tutti assieme si possa procedere nella difesa di quei valori.
E adesso tocco un argomento non piacevole, ed è quello inerente a quel fatto di Genova. Noi abbiamo avuto questi 1.500 lavoratori che furono invitati pesantemente, coatti certamente, a lavorare in Germania. Nessuno andò volontario, quando, svuotate le fabbriche genovesi, portati i macchinari in Germania, una Germania ormai impegnata fortemente nei vari fronti russo, occidentale, ecc., aveva anche bisogno di chi facesse funzionare queste macchine. Dunque il prefetto di Genova, allora Basile, diede in pratica in mano ai tedeschi 1.500 nostri connazionalì, che ebbero la sfortuna di andare oltre confine, ma nello stesso tempo anche la fortuna di avere assicurato alla famiglia uno stipendio in Italia, di ricevere dei contributi in loco, di non essere rapati o segnati come tanti di voi. Gli ammalati, quando succedeva, vennero anche rimpatriati, non finirono nei revier.
Allora io dico, se è una questione economica, diamo loro la possibilità di avere anche questo vitalizio, non è una questione di quel genere che mi interessa, a me interessa che non esista più questa confusione, che non si definiscano superstiti dei KZ. In un momento come questo immaginate Alleanza nazionale chiede a Genova quanti sono stati deportati, nei KZ in questo caso, non sono più i 500 o quanti sono, ma vengono aumentati di 1.500 unità. Quindi si chiede quanti ne tornarono, non è più il 10%, il 12% che si è salvato dai campi di sterminio reali, diventa il 70%, perché quasi tutti questi sono rimpatriati. Per cui ora non voglio fare dei paragoni che potrebbero essere antipatici o potrebbero far dire al figlio o alla vedova di qualche caduto: “Magari mio padre, mio fratello, mio marito fosse andato a lavorare tristemente in Germania e non fosse finito nel KZ”. Dunque diamo la possibilità, se c’è, di ricevere questo benedetto vitalizio, però impegnamoli e se ci fosse qui qualcuno della 16 maggio lo pregherei veramente di evitare di scrivere sulla vostra carta intestata di essere reduci dai KZ.
Scusate questo sfogo, scusate questo appello che mi auguro giunga loro, ma era sentito non solo da me, ma dai figli e dalle vedove di chi è caduto e ha avuto nei veri rientri dai KZ un conforto cinquant’anni fa che non potevano darci certamente quelli della 16 maggio. Grazie a tutti.