L’Aned ha esaurito il suo compito. Ora la Fondazione

di Dario Venegoni
 
Ho seguito anch’io come tanti di noi, con trepidazione e angoscia il procedere inesorabile dell’agonia di Carlo Scussat. Una malattia orribile ce l’ha portato via in pochi mesi. L’Aned ha perso con la sua scomparsa un compagno infaticabile, un sosteggo prezioso e insostituibile. E difficile dire che cosa soprattutto ci manchi adesso che lui non c’è più. Scussi (come lo chiamavamo tutti) era uno di quelli che non si mettono in mostra, che non amano apparire, ma che ci sono sempre. E adesso tutti i giorni nella vita dell’Associazione ne avvertiamo la mancanza.

Il posto di Scussi, così come quello di tanti compagni che ci hanno lasciato in questi anni, non lo può prendere nessuno. E’ inutile chiedere ai figli, ai nipoti di farlo. Se anche questo miracolo avvenisse, lo stesso non sarebbe abbastanza: ci sono esperienze che non si tramandano, patrimoni che non si possono ricostituire. A cinquant’anni dalla fine della guerra e dalla liberazione dei campi, verifichiamo ogni giorno che passa che l’Aned è a un punto cruciale della sua storia. E che è oggi che deve costruire il proprio avvenire. Senza perdere tempo. Il Congresso sarà l’occasione per cominciare a farlo. Chiedo scusa a quanti me l’hanno già sentito dire: in effetti sono così convinto di questa idea che tendo a ripetermi. lo sono convinto che il Congresso di Prato dovrà essere l’occasione per una chiamata a raccolta di tutte le nostre residue energie. E di tutte le forze che attorno all’Associazione possono mobilitarsi in questo momento straordinario, per dare vita a una organizzazione nuova, capace di raccogliere la nostra eredità e di proseguire nella documentazione, se non nella testimonianza, dello sterminio nazista e della deportazione italiana.

La radicalizzazione dello scontro politico e l’arrogante attacco delle destre forse potrebbero addirittura esserci di aiuto. Forse ci sono oggi in questo disgraziato paese condizioni più favorevoli di quanto noi stessi pensiamo per una operazione di questo genere. L’arrivo di esponenti di forze neofasciste al governo penso abbia aperto gli occhi a tanti democratici, preoccupati dei pericoli dei nostro sistema democratico e delle stesse sorti delle istituzioni repubblicane. Un nostro appello in questo momento ha più probabilità di essere accolto di quanto avrebbe potuto succedere in passato. Una ragione in più per provarci.

Chi sostituirà l’Aned. Senza tanti giri di parole: l’esperienza storica dell’Aned, così come si è sviluppata in questi 50 anni che ci separano dalla fine della guerra, si è fisiologicamente conclusa. Non possiamo pensare di uscire dal congresso di Prato senza aver gettato le basi di una “rifondazione”. Obiettivo centrale del Congresso dovrà essere secondo me quello di costruire fin da subito le fondamenta di una alternativa duratura e seria all’Aned. Noi non possiamo andare avanti così, lo sappiamo bene. Le nostre forze si vanno assottigliando pericolosamente di giorno in giorno proprio mentre le esigenze si moltiplicano. Vorremmo essere in queste settimane in ogni scuola, in ogni università, in ogni comune. A parlare con i giovani, a ribattere alle falsificazioni di una corrente di pensiero revisionista subdola e insinuante, a replicare alle inesattezze (quando va bene) della stampa, originate spesso semplicemente da inesperienza e ingenuità di tanti giovani che popolano le redazioni dei giornali. E invece lo vediamo: inseguiamo una serie interminabile di urgenze e non riusciamo nemmeno più ad osservare il gravoso calendario di appuntamenti che fanno parte della nostra tradizione e della nostra storia.

Io penso che ci sia un’unica via per affrontare e risolvere questi problemi: quella di dare vita a una Fondazione alla quale partecipi insieme a noi la parte migliore della cultura, dell’Università, delle forze della democrazia italiana. Una Fondazione che si impegni su basi professionali e scientifiche a proseguire negli studi della deportazione europea, a mantenere vivo il ricordo dei caduti, a tutelare i Memorial, a curare la diffusione tra un numero sempre più largo di giovani delle conoscenze sulla immane tragedia che il mondo ha conosciuto 50 anni fa. So bene, e mi compiaccio della cosa, che una simile Fondazione in un certo qual senso ha già cominciato a vedere la luce grazie allo sforzo di tanti compagni dell’Aned e al generoso contributo della Regione Emilia-Romagna, degli Enti locali di quella regione, di enti e personalità ai quali deve andare e va la nostra riconoscenza e il nostro ringraziamento. Affermo semplicemente che questa Fondazione regionale non potrà essere che l’inizio, il nucleo costitutivo di una Fondazione nazionale, capace di assolvere il gravoso compito di affiancarsi oggi a tutta l’Aned, da Bolzano in giù, preparandosi a sostituirci in futuro.

Chi andrà nei prossimi anni a parlare con i ragazzi del Mamiani di Roma, del Parini di Milano o dei Vittorio Alfieri di Torino? Un rappresentante della Fondazione di Carpi? Un ricercatore dell’Università di Modena? E’ evidente che non ci siamo. Ed è altrettanto evidente che lo spazio oggi presidiato dall’Aned non potrà che essere occupato, in avvenire, da un organismo nazionale, dotato di ramificazioni che arrivino almeno nei principali capoluoghi di regione. Un organismo che non potrà non avere – come l’Aned in tutti questi anni ha avuto – una sede operativa importante, se non la principale, a Milano. Se siamo d’accordo su questa impostazione io dico allora che il principale obiettivo del Congresso di Prato dovrà essere quello di lanciare un appello alle forze democratiche, alle Università (penso a tante Facoltà di Storia, per esempio), alle organizzazioni giovanili antifasciste, al mondo della scuola, della cultura, agli organi di informazione, agli organismi e ai centri culturali che in questi anni sono nati attorno a noi, affinché si trovi la strada dell’unità, per coordinare le nostre forze e dare vita subito alla Fondazione Nazionale di studio e documentazione della deportazione italiana.

In caso contrario – qualche segnale c’è già, impossibile non coglierlo – la spinta alla frammentazione avrà il sopravvento. A Torino punteranno sulla Fondazione degli amici del Triangolo Rosso, a Trieste si faranno la loro, a Milano la loro. Qualche compagno semplicemente penserà di poter fare da sé. E ognuno andrà per conto suo. E nelle regioni e nei comuni dove già oggi siamo deboli semplicemente non ci sarà più nessuno.
In conclusione: io apprezzo enormemente la generosa disponibilità dimostrata nei nostri confronti dalla Regione Emilia-Romagna e dagli altri promotori della Fondazione di Carpi. Ma penso di non chiedere troppo se dico che anche loro devono comprendere che l’eredità dell’Aned non potrà essere raccolta che da una organizzazione nazionale, frutto magari di una federazione di Fondazioni regionali. Avendo già fatto tanto, la Fondazione di Carpi dovrà fare necessariamente di più: aiutarci a raggiungere questo obiettivo, sacrificando anche un po’del ruolo e delle ambizioni che la primogenitura legittimamente le attribuirebbe.

(Articolo pubblicato sulla “Tribuna congressuale” dell’XI Congresso nazionale dell’ANED. Triangolo Rosso, n. 1/1995)