La nostra sezione ottiene importanti successi perché ha avuto il coraggio di aprirsi ai giovani

ROBERTO CASTELLANI – Io non ho ascoltato tanto degli interventi perché ho avuto degli altri impegni, e mi dispiace, perché quando vengo a un congresso mi piace stare ad ascoltare e imparare. Non so se sono state fatte queste proposte, la proposta della nostra sezione di Prato: quella di dare nuova forza alla nostra Aned. Noi pensiamo che se non ci rinnoviamo, se non si portano all’interno del Comitato nazionale dei giovani con idee nuove saremo sempre dei vecchi bravi, volonterosi… Noi abbiamo dietro una storia grossa quanto si vuole, però siamo vecchi. Io vivo con mia figlia e con i nipoti e vedo che c’è una differenza enorme tra me e loro.
Nella nostra sezione abbiamo dei giovani che ci danno dei grandi suggerimenti, e noi li abbiamo recepiti e abbiamo messi in pratica, e abbiamo visto che portano dei grandi frutti, e che noi da soli non saremmo mai riusciti a realizzare tante iniziative che invece a Prato si faranno. Ma ci pensate che qui a Prato quando si è detto di fare il congresso un’altra volta abbiamo avuto un’infinità di inviti, da scuole, da circoli, da Comuni, da parrocchie, da tutti, perché volevano ospitarci. E questo non è perché noi di Prato siamo più belli o più bravi; è perché noi ci siamo fidati dei giovani.
Io sono uno di quelli che propone di inserire nel Comitato nazionale dei giovani, perché a me dispiace, vorrei che si campasse quanto Noè tutti, ma purtroppo si sa che la vita è questa. Io non sono un parlatore, come in tutta la sezione di Prato noi vecchi siamo più d’azione, ma se io sapessi parlare come sanno tutti molti qui spiegherei meglio l’utilità di avere dei giovani. Perché quando ho sentito il direttore del Triangolo Rosso io ero felice, mi si è aperto il cuore, perché ha delle idee nuove, e le idee nuove si sono viste, si è visto il Triangolo, è tutto diverso da un anno-due anni fa; il Triangolo Rosso è veramente un giornale da leggere ora, che tutti ce lo richiedono perché è un giornalino bellissimo. Perché? Perché c’è un giovane. Io non voglio offendere nessuno, perché offenderei anche me, ma la legge è questa, e se si vuole che la nostra associazione continui ad andare avanti dobbiamo portare dei giovani a livello dirigenziale del nazionale. Avrei tanto piacere, io sono il primo a ritirarmi per inserire i giovani.
Questo punto avevo voglia di dirlo, l’ho detto anche in Commissione elettorale, e ve lo dico ancora. Vi siete mai domandati perché noi siamo arrivati, la sezione dì Prato, a fare una mole di lavoro come si sta facendo? Perché abbiamo l’aiuto. Prima di tutto abbiamo l’aiuto dell’Amministrazìone comunale, che è una grande cosa, però se non ci sono gli impiegati cui hai dato fiducia non avrai mai la collaborazione. Non solamente dagli impiegati, ma dallo stesso sindaco, dagli stessi assessori, dai consiglieri, tutti, maggioranza e minoranza. Ognuno può pensare politicamente come vuole, però l’Associazione deportati è una. Non è perché tu sei di un colore deve parlare con la tua voce; no, io posso parlare in sede di partito come mi dice il mio partito, ma in sede di associazione si deve parlare unitario e non fare il gioco di quello o di quell’altro se si vuole che le sezioni vivano e abbiano un seguito.
A noi sono state fatte delle critiche, giustamente, io le accetto perché c’erano veramente, che sulla locandina del programma c’era scritto un’aula magna di una scuola in cui doveva essere stamani l’incontro. Ma questo perché non si ha fiducia tante volte delle sezioni, perché si dice di prendere un’aula piccola. 200 siamo noi, altri 100 ragazzi vengono, si riempie. Io lo dissi subito che ci voleva un’aula che potesse contenere almeno due-tremila persone, perché a noi è toccato rifiutare molti ìstituti perché non c’era più posto. Allora ci è toccato prendere il teatro che contiene 800 posti, pieno all’inverosimile.
Questo perché noi abbiamo raccolto il frutto di una semina fatta tra i giovani. Noi abbiamo architetti di 25 anni, impiegati del Comune di 30 anni, impiegate, che ci lavorano, se no come si poteva organizzare un congresso come si è organizzato? Stasera noi siamo in una parrocchia, fanno tutto loro, ci fanno mangiare e ci fanno anche lo spettacolo. Ma se non c’è gente che lavora non si fa. Domani siamo all’intemo di una fabbrica a mangiare, dove ci sono ì macchinari che saranno fermati stasera, poi puliscono tutto e domattina apparecchiano dentro la fabbrica, dove passano le pezze di tessuti. E chi è che ci fa da mangiare? Gli autieri, che hanno la cucina da campo. Queste sono le collaborazioni, però la collaborazione la diamo anche noi insieme a loro e loro la danno a noi.
Questo dovrebbe essere lo spirito della nostra associazione se si vuole rinnovare. Ieri sera la commedia chi l’ha fatta? E stata fatta da un istituto privato retto dalle suore. Perché noi non si guarda né quello né quell’altro, e lì c’è stato del lavoro. C’è voluto del tempo, abbiamo avuto dei professori che hanno perso giornate intere, anzi dei mesi per istruire dei ragazzi e fare delle scene come sono state fatte. E-questo si fa perché abbiamo alle spalle gente viva, gente cui piace scherzare, ridere e gioire. Noi ora si ride e si scherza, ma abbiamo sempre una certa età. Le nostre sezioni devono essere vive, non devono essere un museo.
Noi facciamo la riunione tutti i mesi, ma è aperta a tutti, ci vengono i giovani, parlano e si recepiscono le idee nuove. Io sono il primo a dirlo che bisogna raccontare le nostre storie, perché ho sempre detto che qui siamo 100-200 deportati, anche dello stesso campo, io ho una storia, lui ha un’altra storia, non sono tutte storie uguali. Ecco perché dico è giusto parlare, scrivere, ma è giusto anche pensare al futuro della nostra associazione. Allora io vorrei e chiedo, non sarà quest’anno, sarà un altr’anno, ma io chiedo con forza: diamo fiducia ai giovani, se no è inutile scrivere quelle parole. Se non si dà fiducia ai giovani non si conclude nulla. Grazie.

ITALO TIBALDI – Accogliamo questo invito, certo diamo fiducia ai giovani, diamo fiducia ai familiari dei nostri caduti che sono ancora giovani, ai figli di questi compagni caduti, perché nel momento in cui noi finiremo non ci sarà il diluvio, non potrà esserci se saremo preparati. Ci sarà cioè da sostituire questi pezzi con i figli dei deportati e con i nipoti dei deportati. Allora preparatevi a coprire questi vuoti.