La mattina dell'8 marzo 2016  in piazza Santa Maria Novella si è svolta la cerimonia in occasione del 72° anniversario della deportazione politica dalla provincia di Firenze. Il direttivo della sezione ANED ha deciso di affidare l’orazione alla consigliera più giovane, Giulia Romagnoli.

Questo il testo del suo intervento.

Buongiorno a tutti,
Due anni fa ho accompagnato mia sorella al viaggio della memoria che ogni anno l’Aned organizza. Era la prima volta che andavo in un campo di concentramento. Quel pellegrinaggio mi ha coinvolto e cambiato molto, tanto da spingermi ad entrare in questa associazione.
Anno scorso a nome dell’Aned il discorso è stato fatto da Moreno Cipriani, il nostro consigliere più anziano. Quest’anno il testimone passa nelle mie mani, che sono la più giovane del gruppo. È un passaggio simbolico molto importante che evidenzia il lungo termine dell’impegno della nostra associazione a far rimanere in vita la memoria e contribuire a formare coscienze civili, eticamente responsabili e attente ai problemi del presente.
Per trasmettere al meglio i principi di uguaglianza, di accoglienza e di rispetto reciproco, la cosa migliore è cominciare proprio dai luoghi dove questi valori sono stati infranti.
72 anni fa da questa piazza partivano 342 uomini. Ognuno di loro era speciale: aveva un suo nome, un suo carattere, una sua storia e aveva una famiglia, degli amici e forse aveva anche trovato l’amore della sua vita.
Immaginatevi di partire senza bagagli, senza sicurezze, senza poter avvertire nessuno, senza poter salutare i propri cari, senza sapere dove siete diretti e quando ritornerete. Forse non lo possiamo neanche immaginare, perché ormai, per fortuna, è fuori dalla nostra concezione.
Erano uomini che avevano diritto ad una vita migliore, un diritto che il regime nazi-fascista ha tolto loro.
Quanti progetti, desideri, ambizioni e quante idee sono state abbandonate in questa piazza, senza la possibilità di essere recuperate. Il treno partito dal binario 2 della stazione di Santa Maria Novella dell’8 marzo del 1944 si è diretto a Mauthausen.
Su 342, solo 63 sono riusciti a tornare. E, nonostante fossero di nuovo a casa, l’inferno che avevano vissuto ha cambiato irrimediabilmente la loro vita. Hanno preso coscienza dell’importante incarico che il destino gli aveva consegnato, perciò hanno affrontato il dolore dei ricordi, per raccontare a più persone possibile quello che avevano vissuto.
Loro hanno trovato la forza di raccontare; sta a noi non dimenticare e a trarne insegnamento.
Le ideologie razziste esistono tutt’oggi, non sono mai state veramente abolite. Tocca a noi ragazzi continuare a contrastarle.
Dobbiamo, inoltre, impedirne la nascita, prevenirle per il nostro futuro.
Dal 2009, i comuni di Firenze e Mauthausen sono gemellati. Oggi, infatti, è presente la delegazione di questo comune austriaco, venuta per assistere a questa cerimonia insieme a noi. Questa è la prova reale che da eventi così terribili possono nascere dei legami di speranza basati sui valori di accoglienza, uguaglianza, integrazione e antifascismo.