Di anni 48, architetto, sposato, una figlia. Nato a Parenzo (Istria) il 9 agosto 1896, irredentista di matrice mazziniana volontario e ferito di guerra, evade due volte dalla prigionia austriaca ed è decorato al valore militare. Aiutante maggiore del Battaglione volontari giuliani nella Fiume dannunziana, dal 1920 milita nel movimento fascista.
Ripresi gli studi, si laurea al Politecnico di Torino e diviene un pioniere del rinnovamento dell’architettura, sulla scia di Gropius e di Wright; direttore della rivista «Casabella», polemizza col monumentalismo di Piacentini e contrasta lo sventramento dei centri storici. Tra le sue realizzazioni vi è la sede dell’Università Bocconi, a Milano. Dirige la sezione artistica della Scuola di mistica fascista ed è redattore della rivista «Dottrina fascista».
Nel 1941 è volontario sul fronte greco albanese; l’esperienza bellica lo segna profondamente e l’anno successivo si dimette dal PNF: «Ormai tutto è chiaro; da una parte il nazismo con le sue forze di sguatteri nostrani, dall’altra la gente che non vende la propria coscienza e che lavora, sogna ed opera “come detta dentro”».
Nel giugno 1943 è trasferito alla sede di Carrara dell’Istituto sperimentale della Marina; nel periodo badogliano svolge propaganda socialista tra militari e civili. L’8 settembre è a Milano e si pone subito a disposizione del Comando di piazza per un’azione antitedesca; per tre settimane opera in Lombardia con le Brigate Matteotti. Tornato a Carrara, organizza nelle caserme una rete clandestina; arrestato il 9 novembre con indosso una rivoltella, è trasferito a Brescia, a disposizione del Tribunale speciale.
Dal carcere stabilisce un canale di comunicazione con la rete partigiana socialista e il 22 marzo scrive in un memoriale (per i «carissimi Giancarlo [Palanti] e Zanetto»): «Non posso né voglio assolutamente nessuna soluzione di compromesso. Preferisco prendermi i miei trent’anni di galera piuttosto che dichiararmi pentito o magari filofascista. Ormai Basta! con queste porcherie!»; concorda con l’esterno un piano di evasione collettiva, attuata alle 3 di mattina del 13 luglio durante un bombardamento aereo.
Ripresi i contatti con la dirigenza socialista assume la direzione delle formazioni Matteotti per la provincia di Milano e il ruolo di componente del Comando di piazza della città. La sera del 5 settembre interviene a una riunione cui presenziano tre traditori che lo vendono alla Banda Koch. Rinchiuso nella cella n. 4 della palazzina di via Paolo Uccello n. 17 19 («Villa Triste»), è ripetutamente torturato. Rilasciato sulla parola per trattare coi dirigenti socialisti milanesi la liberazione di alcuni prigionieri in cambio dell’incolumità per Pietro Koch, appena l’iniziativa si rivela infruttuosa rientra nella prigione. Trasferito nell’ottobre 1944 a S. Vittore, chiede di partire per la Germania come lavoratore Volontario: si è attrezzato per la fuga durante il trasporto ferroviario, ma i progetti sono vanificati il 9 novembre dall’internamento a Bolzano. Il 22 novembre è deportato a Mauthausen; dopo una decina di giorni è inviato nel lager di Melk per il lavoro in miniera. Le percosse di un guardiano gli provocano febbre e broncopolmonite traumatica; agonizzante nell’infermeria, scrive un lucido addio alla vita, sui due lati di un foglietto ricoperto con una grafia fitta e irregolare (verrà ripiegato da Alessandro Nardini e nascosto nella sua cintura tubolare sino al rimpatrio).
Si spegne il 22 aprile 1945.
Mimmo Franzinelli
(Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza 1943-1945, Mondadori, Milano 2005)