di Gianluca Piccinini
Wolfsburg, città della Volkswagen, ha un piccolo ma importante museo, che racconta la breve storia di questa città nata insieme alla fabbrica nel 1938 per decisione di Hitler. Il nome della città allora era Stadt des KdF-Wagens, città dell’auto Kraft durch Freude, dal nome dell’organizzazione nazista del dopolavoro, della cui propaganda la promessa “Auto del popolo” (Volkswagen) fu uno dei simboli chiave.
Lo Stadtmuseum, Museo della città, è ospitato nelle ex rimesse del castello cinquecentesco ed è articolato su due piani: al piano terreno si trova l’ampia esposizione sullo sviluppo della cittadina e della vita dei suoi abitanti negli anni del dopoguerra. Al piano superiore, raccolta in pochi locali ricavati nel sottotetto, dove il bianco della calcina e le travi a vista lasciano “nuda” la sofferenza patita nei lager dai deportati, vi è invece la Documentazione sulle vittime della tirannide nazista, che, come scrive la curatrice Linda Moreschi, «ripercorre nelle sue linee di fondo lo sviluppo della produzione bellica e del lavoro forzato nella fabbrica della Volkswagen in epoca nazista. Al centro sono i destini di quanti ne furono vittime e le storie delle loro vite.»
La cosa che colpisce e commuove il visitatore italiano, è che questa Documentazione si apre con la gavetta in cui Settimo Bosetti, Internato Militare Italiano n. 150773, ha inciso la storia del suo internamento nei lager tedeschi e del suo lavoro forzato per la Volkswagen…
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