Un ricordo di Diego Verardo

La scomparsa di Angelo Travaglia

La sera del 31 dicembre è deceduto il superstite dei campi di sterminio Angelo Travaglia di anni 75.
Sono attanagliato dal dolore. Al pensiero della sua scomparsa mi si presenta un vuoto incolmabile nella nostra sezione Aned di Cuneo. Il suo rientro in patria fu alquanto difficile a causa delle sue precarie condizioni fisiche. Sottoposto ad attente cure da parte della Croce Rossa Internazionale venne quindi ricoverato presso l’ospedale di Bolzano ove fu curato, tra l’altro, per una marcata amnesia. Ristabilitosi e rientrato al suo paese (Piove di Sacco in provincia di Padova) individuava e perdonava il delatore che lo fece arrestare nella zona di Pordenone mentre operava nelle formazioni partigiane “Osoppo”, rivelando così il suo vero buon carattere e preclara generosità. Iscritto alla sezione Aned di Cuneo sin dalla sua formazione si dedicò alla ricerca di filmati e diapositive riguardanti la deportazione e la vita nei campi di sterminio nazisti che con meticolosità vagliò ripromettendosi di diffonderli fra i giovani.
Portò la sua testimonianza di superstite ovunque venisse interpellato. Non esiste istituto, scuola di ogni ordine e grado della Provincia che non sia stato interessato dalle toccanti parole di Angelo Travaglia, testimone di orrori visti e vessazioni sopportate durante la permanenza a Flossenbürg e Dachau. Ai suoi solenni funerali (celebrati il 2 gennaio), ha partecipato a capo della imponente folla di cittadini il sindaco della città di Alba che ha dato l’estremo saluto esaltando la figura dello scomparso. Al mio grave lutto si associa quello di tutti gli iscritti all’Aned della sezione di Cuneo.

Diego Verardo
 

 

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Un ricordo di Franco Nardone, “un partigiano a Mauthausen”
 

Lo scorso setttembre ci ha lasciati l’amico Franco Nardone, superstite di Mauthausen (matricola76471), componente del consiglio della sezione di Roma. Il nostro cordoglio per la sua perdita è stato un poco attenuato dall’aver scoperto che, quando già era malato, aveva voluto, dopo lunghi anni di quasi silenzio, raccontare in un prezioso diario la sua vicenda di “Partigiano a Mathausen “.
E con questo titolo il suo diario è diventato un libro, dedicato ai suoi compagni uccisi il 3 febbraio ’44. Titolo fortemente emblematico della sua storia e di quella di tantissimi deportati.italiani. Una storia iniziata nel settembre 1943 quando Nardone si unisce al primo gruppo di partigiani, costituitosi a Cancelli, nel Folignate.
Il 3 febbraio 1944 viene arrestato su segnalazione di due spie, trasferito alle carceri di Perugia, inviato infine a Fossoli, nella baracca 7, detta la baracca dei Perugini. Il 21 giugno parte per la deportazione destinazione, Mauthausen. Con lui Giuseppe Monsù che ritroverà nell’Aned.
Nel suo libro Nardone rievoca la vicenda concentrazionaria, soffermando la memoria sui compagni conosciuti o persi, sul lavoro massacrante, sui fatti atroci visti o vissuti: la cava, le camere a gas, il campo di Gusen, le punizioni, le esecuzioni. L’atroce condizione dei sovietici e degli ebrei. La liberazione alle ore 17.05 del 5 maggio 1945.
Il rimpatrio, il ritorno alla vita. Il 30 novembre “Un partigiano a Mauthausen” è stato presentato ad Assisi in una cerimonia che le autorità locali, tra cui i sindaci di Assisi e Foligno, hanno voluto organizzare in ricordo del concittadino che ha rappresentato ampia parte della storia della città. Alla presenza della vedova e dei figli si è ricordato il tratto saliente della sua personalità: l’umanità. Così profonda da far sì che l’amico Nardone arrivasse ad afferirnare: “Io perdono tutti, anche il popolo tedesco”. Ma non un perdono che tutto assolve. Scrive Franco: ” Mai potrò giustificare il nazismo perché è stata una vera e propria organizzazione criminale ( … ). Se giustificassi il nazismo offenderei tutti quei milioni di prigionieri trucidati dalle SS”. Questo il prezioso, inappellabile giudizio, il messaggio forte e chiaro di “Un partigiano a Mauthausen”.

a.p.
 

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Addio a Margherita Zocchi, torturata alla Risiera e deportata a Ravensbrück
 

 

Si sono svolti il 4 marzo scorso a Trieste i funerali di Margherita Zocchi, deceduta all’età di 87 anni. Vedova di Giordano Pratolongo e sorella di Lino Zocchi, comandante garibaldino, Margherita Zocchi si impegnò nell’attività clandestina del Pci e nell’ottobre del ’44 fu arrestata dai fascisti e tradotta nella Villa Triste della banda Collotti, che era al servizio della Adriatisches Kustenland. Portata nella Risiera di San Sabba, fu torturata e poi il 12 novembre del ’44 trasferita al Lager nazista di Ravensbrück.
Successivamente fu deportata in una fabbrica di munizioni. Dopo la Liberazione si trasferì a Roma dove, dopo aver lavorato nelle organizzazioni di massa femminili, fu impegnata nell’attività di costruzione del Partito comunista nel Mezzogiorno a Viterbo. Tornata a Trieste ha continuato a lavorare per il Pci e per il Pds.

Vincenzo Pappalettera, una voce che non si spegne
Il I° dicembre scorso è mancato, dopo lunga malattia, il compagno Vincenzo Pappalettera. Autore del libro di ricordi “Tu passerai per il camino” (uno dei testi di memorialistica dei Lager più venduti al mondo) e di numerosi saggi sul nazismo e i Lager, Vincenzo pochi mesi fa aveva voluto rientrare ufficialmente nell’Aned dopo una lunga assenza.
Un ritorno naturale, accolto con un grande commosso abbraccio di tutti gli ex deportati, per un compagno che dell’Aned fu altissimo dirigente già tanti anni fa.
Con Pappalettera scompare una delle voci più conosciute e ascoltate della deportazione italiana. Una perdita gravissima, un dolore grande, mitigato solo dal pensiero che i libri di Vincenzo sono ancora in catalogo, reperibili nelle migliori librerie, e che continueranno anche in avvenire a portare i suoi ricordi e le sue ricerche soprattutto tra i giovani, in memoria dei tanti compagni che non sono tornati. Il Triangolo Rosso, che ha avuto in Vincenzo un autorevole collaboratore, e che non ha mai smesso di sottolinearne l’altissimo contributo alla conoscenza dei Lager e della deportazione, si inchina alla sua memoria, unendosi al dolore di tutta l’Aned.
 

 

Il cordoglio dell’Aned alla famiglia
La morte di Vincenzo addolora me e tutti i nostri compagni di deportazione e mi coglie proprio nel momento in cui accarezzavo il progetto di una sua nuova presenza nell’Associazione.
Con Vincenzo scompare un combattente fedele ai valori della Resistenza ed una voce limpida che ha saputo narrare con grande efficacia la drammatica vicenda della deportazione politica italiana. In questo momento di dolore l’Aned vi è vicina con cuore fraterno.

Avv. Gianfranco Maris
 

 

Un ultimo saluto ad un amico

Addio Vincenzo, le tue parole rimarranno come pietre

Vincenzo Pappalettera ha concluso la grande avventura della vita. lo non so se per vie misteriose potremo incontrarci e rimanere più a lungo accanto per raccontare come non potemmo fare qui.
lo non so se per queste stesse strade che alimentano fantasie, speranze ed utopie d’uomini noi potremo camminare dissertando sulle banalità e i dolori di quel mondo senza pace lasciato alle nostre spalle, mentre un azzurro denso di armonie avvolge i passi silenziosi. lo non so.
Hai lasciato una lunga scia di messaggi che lasciano gli uomini perplessi, pensosi: più ricchi di conoscenza, di umanità e di vita.
Di ciò ti siamo e ti saranno grati tutti coloro che dal dolore delle creature trarranno esperienza per quel futuro che “forse” porterà luce agli uomini. Addio Vincenzo, nella nostra memoria le tue parole resteranno come pietre fra muschi e licheni senza fine.

Roberto Camerani Mauthausen/Ebensee
 

 

“Grazie a tutti” dalla vedova Angela Riboldi
Commossa per le numerosissime manifestazioni di cordoglio ricevute per la dolorosa scomparsa di Vincenzo Pappalettera, la vedova Angela Riboldi, nell’impossibilità di rispondere a tutti, desidera ringraziare tramite “Triangolo Rosso” chi ha inviato lettere, messaggi, fax o ha telefonato o ha partecipato alla cerimonia funebre. In tutti rimarrà vivo il ricordo del suo impegno e della sua opera per testimoniare e tramandare la memoria della terribile esperienza nei Lager nazisti.