Di ritorno da un viaggio dei ragazzi di Torino a Mauthausen, Gusen e Dachau

Il viaggio della mia classe, 5 B Prog. dell’Itc “Rosa Luxemburg” di Torino si è svolto dal 23 al 27 marzo. In questo viaggio siamo stati guidati proprio da un uomo che ha vissuto l’esperienza dei Lager in prima persona per più di 18 mesi: il sig. Quinto Osano.

Quest’uomo, dopo la sua drammatica esperienza, ha deciso di non dimenticare e di dedicare il resto della sua vita a testimoniare, a raccontare con gli occhi, ma soprattutto col cuore di chi l’ha vissuto, quel tragico massacro di massa. E proprio questo che Quinto ha voluto fare anche con noi guidandoci dentro i Lager, nonostante ciò facesse ancora lacrimare i suoi occhi ed il suo cuore nel ricordare, nel raccontare. Abbiamo visitato 3 campi, penso che il primo, quello di Mauthausen, ci abbia colpiti particolarmente per l’atroce impatto con la realtà. Parlare di camere a gas e di forni crematori è triste, ma vederli è proprio struggente. Ti senti gelare le ossa così come è capitato a me, ma penso anche a molti altri, la pelle è percorsa da brividi. Non si può restare indifferenti. All’interno del Lager è stata allestita una raccolta di testimonianze, che fa male ma che insegna molto. Al termine c’è a disposizione un libro dove annotare la propria impressione.
Credo non esistano parole adatte, almeno io non ne ho trovate e ho solo annotato il mio nome, ciò che basta per dire “ora ho visto, ora comincio davvero a capire!”. La seconda visita si è svolta a Gusen, del cui campo resta solo un monumento fatto erigere dai superstiti italiani. Proprio lì Quinto, in quella particolare atmosfera, ha letto due poesie da lui stesso scritte, in quel momento tutti noi abbiamo pianto, abbia-
mo pianto per tutte le vittime ed anche un po’ per vergogna: come hanno potuto degli uomini prima annullare la dignità dei loro simili e poi ucciderne milioni?
Questa esperienza è servita per capire tutto questo attraverso sentimenti che le parqle non possono esprimere. E vero, l’orrore è finito, ma non va dimenticato, per questo tutti noi, ragazzi ed insegnanti, ringraziamo in particolare il sig. Quinto Osano che con le sue parole e le sue lacrime ci ha insegnato molto, un insegnamento di vita che mai dimenticheremo.

Fabiana Ligorio
 

 

 

 
La riflessione di Laura, studentessa di Schio

Talvolta anche noi vorremmo scappare come gli aquiloni
Giocavano con gli aquiloni i bambini di Ebensee quel freddo giorno di settembre in cui abbiamo visitato il campo di concentramento. Per me un aquilone che si libra leggero verso l’alto è sempre stato un simbolo di libertà, di evasione dalle abitudini e preoccupazioni quotidiane, di fuga verso i propri sogni. Come può assumere questi significati in un luogo situato tra il forno crematorio e le gallerie che soltanto cinquant’anni fa i deportati del campo erano costretti a scavare? Qui uomini e donne come me avevano perso non soltanto la libertà di scegliere della propria vita, ma anche il diritto di essere riconosciuti come persona, di avere un’identità, di avere vicino coloro che si ama e forse la voglia di lottare, sperare e vivere.
Eppure tante volte quegli aquiloni siamo noi che ci vogliamo staccare da terra per non dover affrontare una realtà che è stata o è tuttora piena di contraddizioni, diseguaglianze e orrori a volte incomprensibili, ma dei quali è necessario avere coscienza e informazione. Penso non soltanto alle atrocità delle guerre, ma anche alle critiche situazioni ambientali, al pericolo atomico, alle condizioni di vita, alla povertà e allo sfruttamento di intere popolazioni. Un grazie di cuore per avermi dato una più completa consapevolezza di ciò che è stato.

Laura Guglielmi Itis “Silvio De Pretto” – Schio