Le impressioni dei ragazzi della III A di Perosa Argentina (Torino)

 

Dal 28 al 31 ottobre scorsi si è svolto un viaggio-studio in alcuni luoghi della memoria dello sterminio nazista: Dachau e Mauthausen. Questo viaggio ha unito in un’unica esperienza adulti e ragazzi, che hanno convissuto per quattro giorni con le stesse sensazioni, con emozioni simili o diverse, ma comunque intense.
Ci ha guidati il sig. Sergio Coalova, deportato a Mauthausen per quasi un anno, fino alla liberazione. Non diciamo “ex deportato”, perché abbiamo capito che “ex” i deportati non lo sono mai, “non si è mai ex e mai deportati”, abbiamo letto, “che lo si voglia ricordare o no”, “è un’esperienza che cambia totalmente l’esistenza”.
“Il sig. Coalova è stato molto importante, per noi e molto positivo perché ci ha spiegato molto bene la vita che si svolgeva quotidianamente all’interno del campo di concentramento di Mauthausen, dove lui ce la fece a salvarsi, ­ scrive Simone e Giordana aggiunge ­ Ci ha fatto fare lo stesso percorso svolto da lui quando lo deportarono: è stato molto emozionante. Ci ha spiegato ogni cosa delle barache, della vita nel campo, che era veramente terribile. Visitare i due Lager mi ha aiutata a capire meglio le condizioni in cui dovevano stare i prigionieri. Credevo però che mi avrebbero colpita di più e forse questo non è accaduto perché sono stati ricostruiti in gran parte…”; “di tutto il campo ­ scrive Ilenia ­ sono rimaste intere un paio di baracche, i forni crematori, le camere a gas e ­ aggiunge Stefania ­ la stanza di sezionamento e dove conservavano i corpi”.
Sempre Stefania aggiunge: “… appena sono entrata dentro a Dachau ho sentito il sangue gelarmi, mi è venuta persino la pelle d’oca; forse adesso i campi di concentramento non fanno neanche più tanto effetto perché è quasi tutto rifatto; però è meglio vederli dal vivo che sentirli descrivere. Le cose che mi hanno fatto più impressione, forse voi pensate che siano state le camere a gas, invece sono stati i forni, i vestiti e le foto. In particolare a Mauthausen mi ha fatto molto effetto la stanza dove conservavano i morti: qui ho provato un senso di angoscia, volevo andarmene dalla stanza, immediatamente, volevo uscire, vedere il cielo, prendere aria.
Arrivata a casa ho detto a mia madre che le avrei fatto vedere le foto ma che non le avrei raccontato nulla perché o queste cose le constati tu con i tuoi occhi e le tue mani, oppure non puoi capire.” Ancora Simone (e come lui, la maggioranza della classe) aggiunge: “quello che ci ha colpito di più sono stati i forni crematori e le camere a gas, in quanto è davvero atroce pensare che realmente le persone venivano bruciate e asfissiate a centinaia.”

Le risposte a molte domande
Ilenia prosegue riflettendo sul freddo: “A Dachau, mi ha impressionato molto il gelido vento che penetrava nelle ossa, e mi ha fatto riflettere: se noi avevamo freddo con la giacca a vento, ed eravamo ben nutriti, loro cosa dovevano fare solo con una misera camicia e senza mangiare?” Lara riflette più in generale: “Entrambi i campi sono stati significativi per me, perché mi hanno fatto capire dove e perché molta gente era morta. Hanno risposto a molte domande che mi ero posta: per esempio: come era effettivamente il loro vestiario? Come dovevano vivere? E soprattutto come erano maltrattati? Sì tutto questo non l’ho visto, ma già da fuori, da quell’imperiosa muraglia, mi sembrava di sentire orrore e maltrattamento, anche se sono passati più di 50 anni.
Lo vedevo negli occhi del signor Coalova che quel che raccontava non erano fandonie, ma fatti che, purtroppo, erano accaduti. Lo leggevo sul viso dei deportati, che erano in quei vari filmati che abbiamo visto. No non possiamo dimenticare solo perché è passato così tanto tempo, dobbiamo fare nostra la testimonianza di molti deportati ancora vivi. (…) Se da grande avrò ancora questa opportunità andrò di nuovo a visitarli, affinché non scompaiano mai dai miei pensieri.”

Cosa pensavano i tedeschi?
Anche Davide si è posto alcune domande: “cosa pensavano i tedeschi quando facevano quello e perché l’hanno fatto? Quando siamo entrati in Dachau… si trasformò tutto in ricordo dei tanti documentari che avevamo visto, testimonianze lette sui libri, e la testimonianza del signor Coalova. Ogni volta che vedevo una foto di chi viveva lì, ogni baracca che vedevo, mi chiedevo come degli esseri umani potevano trattare altri esseri umani in quella maniera. (…)
A Mauthausen questa sensazione di dispiacere si evidenziò di più perché con noi c’era il signor Coalova che ci fece fare lo stesso percorso che fecero fare a lui, quindi, in parte, quello che provava lui lo provavo anch’io.
Noi soffrivamo meno rispetto agli adulti, perché ormai sono passati 50 anni, e gli adulti sono più vicini a quei periodi.
“Di questa gita ­ scrive Alessio ­ mi ha interessato di più la visita ai campi di concentramento… Il campo di Dachau è stato ricostruito all’interno in parte, mentre le camere a gas e i forni crematori, intatti sono quelli già esistenti allora, sono quelli che colpiscono profondamente nel cuore. Adesso era tutto in ordine sembrava quasi un giardinetto, ma ho immaginato cosa doveva essere quella struttura nel periodo in cui vi erano i prigionieri e quello che si è svolto dietro quelle mura, ma ho pensato che non mi farò mai un’idea giusta delle atrocità commesse qui.”

Le immagini del museo
“Inoltre nel campo di Dachau vi era un museo, dove vi erano raccolte immagini, fotografie, documenti, didascalie, che mi hanno fatto pensare e alcune accapponare la pelle. In particolare mi ha colpito una frase che raccoglie in sé il significato di tutto quello che è successo, scritta da un filosofo tedesco verso la metà dell’Ottocento: “Coloro che bruciano i libri finiscono con il bruciare anche gli uomini.”
“(…) A Mauthausen … mi ha colpito profondamente la bellezza del luogo, questo paese è situato sulla riva sinistra del Danubio, mi sembra impossibile che in questa oasi di pace e tranquillità si sia potuta distruggere la vita di tante persone, sia fisica che spirituale.

Una ripida stradina conduce alla fortezza
“Una lunga, ripida stradina conduce alla fortezza che subito dà esempio della durezza di quel luogo, come ci ha anche spiegato il signor Coalova: ‘quando siamo arrivati lassù ci mancava il respiro, sia per la camminata, spinti dalle SS con i cani, che per la vista di quell’immane costruzione illuminata a giorno’. (…) Mentre seguivo le parole del signor Coalova pensavo che io vedevo tutto quello che lui aveva vissuto in prima persona, anche se era tutto molto triste, per me non andava al di là dell’immaginazione, mentre lui certamente rivedeva i visi dei compagni, riviveva le loro tristi vicende, mentre io vedevo un semplice camino, lui rivedeva le alte fiammate che salivano e si sprigionavano da esso!
Alla fine della visita noi abbiamo deposto una corona davanti al monumento italiano, ed io ho pensato che noi potevamo non deporre questa corona se questo non fosse successo.”
Conclude Elisabetta, riflettendo sul fatto che “non sia una buona idea aver ricostruito gran parte dei campi. Ora è tutto bello, i prati verdi sono ben tenuti, gli enormi campi deserti e silenziosi… (come scrive Federica: ‘sembrano dei grossi magazzini… perché troppo rifatti’), un tempo era tutto diverso, urla e spari continui… vittime… tutto ciò è stravolgente.
Molti mi chiedono come è andato questo viaggio e io mi limito a rispondere un ‘bene’ perché altro non riesco a dire, mi sono spesso chiesta il perché di questa reazione e, durante un incontro che abbiamo avuto tutti insieme i partecipanti al viaggio, confrontando le nostre emozioni sotto la guida di una psicologa, ho trovato che non sono solo io ad avere questo problema, ma molti dei miei compagni sono come me; hanno colpito loro di più i film, ma quando qualcuno chiede le loro impressioni, non rispondono (…).
Nei film vediamo tutti quei poveri bambini, uomini, donne e soprattutto anziani che muoiono a causa della fame, delle malattie e delle dure condizioni di vita. Ma nella realtà non riusciamo a pensare che tutto questo sia accaduto solo circa 50 anni fa.”.

Gli alunni della III A: Marco, Raffaele, Michel, Fabrizio, Alex, Alessio, Sabina, Elisabetta, Federica, Valentina, Simone, Giordana, Luca, Michela, Stefania, Daniela, Lara, Ilenia, Andrea, Daniele, Davide (e Cinzia di riflesso, perché si è ammalata e non ha potuto partecipare al viaggio).