Un intervento di Aldo Pavia

In questo crescere di “millenarismo” si espande la “voglia di perdono”, il desiderio di “porgere scuse”, di pentimento, di “mea culpa” diffusi e ripetuti, di espiazione (forse). Eppure tutto ciò in me non crea altro che dubbi e sospetti. Già, sospetti, perché temo solo la voglia ­ questa sì vera ­ di voltare pagina e “non parlarne più”. Prendiamo quanto accaduto in Francia. La Chiesa francese ha chiesto pubblicamente scusa agli Ebrei per quanto accaduto con riferimento alla deportazione, alla Shoah.
Ciò che suona strano è che questo “mea culpa” si è registrato quando il Vescovo di Parigi, guarda caso, è di origine ebraica e soprattutto quando l’Episcopato francese è messo sotto accusa per le protezioni offerte, prima e dopo, ai fascisti e ai collaborazionisti del regime di Vichy.
E quando, cercando di addossare al solo Papon, trasformandolo in un mostro assoluto, la responsabilità della deportazione degli Ebrei si tenta di assolvere la Francia. Ripetendo in altro modo quanto fatto da De Gaulle quando dichiarò il regime di Vichy “nul et non avenu” (nullo e non avvenuto).
Papon deve essere processato per le sue responsabilità, la Francia di Vichy per le sue, storiche e politiche. Ma sembra proprio, come sostiene Alain Touraine, che quest’ultimo passo non si vuole fare. Ricorda Valéry Giscard d’Estaing, per esserne stato testimone, che gli autobus che portavano i rastrellati del Vel d’Hiv, uomini e bambini, erano scortati da agenti della polizia francese e che molti altri prefetti e sottoprefetti francesi organizzarono le deportazioni. Mentre tutto ciò sta venendo alla luce, ecco che si chiede scusa agli Ebrei e che ci si stracciano le vesti.

In questa vicenda d’oltralpe non sembra di sentire echi di quanto accaduto in Italia durante il processo Priebke e di quanto agitato dalla destra nostrana, che evidentemente ritiene miracolose le acque di Fiuggi? Veniamo ora al Vaticano ed alle attese che recenti decisioni hanno creato.
Una eminente Commissione si è riunita per approfondire criticamente il bi-millenario comportamento della Chiesa cattolica nei confronti dell’ebrasimo. Premessa per una grande, solenne richiesta di perdono. Confesso di avere veramente scarse conoscenze di teologia.
Tuttavia il dubbio nasce dal pensare che per i cattolici il “perdono” è strettamente connesso alla “remissione della colpa”. In poche e banali parole: “io ti chiedo perdono, tu mi perdoni, la colpa scompare e ricominciamo da capo”.

Il pensiero della cultura ebraica in merito sarà espresso da altri. Io comunque non ci posso stare. E poi, che senso ha chiedere perdono per le persecuzioni dell’Inquisizione, per i pogrom dei Crociati che, percorrendo le lunghe vie per Gerusalemme, non trovavano di meglio, in attesa di combattere gli infedeli, che massacrare qualche piccola comunità ebraica?
Che senso ha chiedere perdono per aver definiti “deicidi” gli Ebrei, quando proprio questa definizione è stata la mala radice che ha permesso, nel silenzio reiterato, nell’indifferenza dei massimi esponenti del clero, di arrivare per tragici passi alla Shoah?
Che senso ha chiedere oggi perdono per le sciagurate parole di Padre Gemelli che, nel 1924, quando si suicidò Felice Momigliano, scrisse su Vita e pensiero: “Se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero e con Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l’opera dei Giudei che hanno crocefisso Nostro Signore non è vero che al mondo si starebbe meglio? Sarebbe una liberazione”. E perché chiedere perdono solo agli Ebrei e non ai Valdesi, ai Patari, a tutti coloro che nel nome del Cristo la Chiesa ha perseguitato e ucciso?

Non di perdono la Chiesa cattolica ha bisogno ma di una profonda revisione storica, di una chiara assunzione di “colpa storica” e non di altro. Come in Francia ha sempre o quasi, protetto il potere, ha benedetto bandiere ignobili, ha giustificato stragi ed orrori, ha negato evidenze.
Salvo appropriarsi delle meritevoli azioni individuali di suoi esponenti, spesso dei più umili dei suoi ministri, per attribuirsi meriti e aspetti di umanità che ne ripulissero la facciata. Tradendo soventemente questi suoi ministri, lasciandoli soli nelle baracche dei Lager, accantonandoli quando il loro apostolato era troppo vicino agli uomini, alle loro esigenze, troppo rispettoso dei grandi valori umani e civili. Credo che il Papa debba istituire una commissione non sull’Ebraismo, ma che debba rivedere profondamente la propria bi-millenaria vicenda.
Per poi chiedere perdono a se stessa. Certamente è stata cattolica. Cristiana sicuramente no.