La scomparsa di Franco Ferrante

È scomparso a Milano il 21 gennaio il compagno Franco Ferrante, ex deportato a Reichenau, Mauthausen e Ebensee. Magistrato, stimato per l’impegno morale e civile e per la sua altissima concezione della giustizia, Ferrante è stato salutato con una cerimonia civile nel cortile della sede nazionale dell’Aned, a Milano, alla quale hanno partecipato tra gli altri Umberto Loi, primo presidente della Corte d’Appello di Milano, Francesco Saverio Borrelli, capo della Procura della Repubblica e Livia Pomodoro, presidente del tribunale dei minori. Pubblichiamo ampi stralci dell’estremo saluto di Gianfranco Maris.

 

 

 

Franco Ferrante ha concluso il suo cammino affrontando la malattia dalla quale era stato aggredito con il coraggio, con la dignità, con la serenità che lo hanno accompagnato in tutte le difficoltà, anche le più tragiche, della sua vita. Un atteggiamento sicuramente espressione della sua cultura, della sua indole, del suo carattere, ma anche della educazione e della tradizione famigliare.
Ancora studente, si rifiutò di iscriversi alla milizia universitaria e quando, dopo l’8 settembre 1943, la Repubblica Sociale Italiana, si apprestò a chiedere il giuramento di fedeltà dei giudici, insieme ad altri colleghi del Tribunale di Milano si oppose fieramente a prestarlo e promosse l’opposizione diffusa degli altri giudici.
I suoi sentimenti e la sua attività antifascista lo indicarono come bersaglio privilegiato del fascismo di Salò ed il 2 marzo 1944, nel quadro della grande repressione operaia per il grande sciopero contro la guerra e contro l’occupazione nazista, fu arrestato alle 2 del mattino e consegnato dai fascisti al reparto tedesco del carcere di San Vittore, insieme agli avvocati Dragoni, Girola e De Martino.
Franco narra che in quel momento ripensò a Francesco Carnelutti, il quale diceva che un giudice, per divenire veramente perfetto, avrebbe dovuto provare l’esperienza di almeno sei mesi di reclusione in un carcere. “Da come si mettevano le cose ­ annota Franco ­ ritenni che, almeno da quel punto di vista, il corredo di esperienza necessario per divenire un buon giudice, secondo la teoria del mio maestro, si sarebbe completato”.
Da San Vittore a Bolzano, da Bolzano a Reichenau e da lì a Mauthausen.
Il tratto più forte della personalità di Franco fu senz’altro la sua profonda coscienza del valore della solidarietà, che lo accompagnò sempre, nella sua vita. Appena andò in pensione mantenne la promessa che aveva fatto all’Associazione degli ex deportati politici, alla sua associazione, portando la sua memoria viva nelle scuole.
Nel 1996 andò a parlare ai ragazzi in ben 23 scuole di Milano e nelle biblioteche comunali di altri luoghi, come a Treviglio ed in Valle D’Aosta e soltanto nel 1997 l’aggressione della malattia lo indusse a rinunciare a questo impegno che gli era caro.
I tuoi compagni ti dicono addio, Franco, e ti dicono che ti hanno voluto molto bene e che non ti dimenticheranno mai.

Gianfranco Maris