Un viaggio di aggiornamento e confronto tra responsabili di Grandi musei

A questa iniziativa hanno aderito 14 istituzioni museali di 12 nazioni: Argentina, Austria, Belgio, Canada, Israele, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Romania, Stati Uniti e Ucraina. Erano presenti rappresentanti di istituzioni ormai note ad un vasto pubblico quali ad esempio l’Holocaust Memorial Museum di Washington o il Museo di Auschwitz e di istituzioni in fase di allestimento come la Fondacion Memoria de Holocausto di Buenos Aires.
In rappresentanza dell’Italia era presente il Museo della Risiera di San Sabba di Trieste.
Durante la settimana dal 2 al 10 settembre scorso si sono svolte visite a 8 musei di storia contemporanea lungo un percorso che si sviluppava dalle regioni occidentali della Germania a quelle della ex Rdt. Un percorso che voleva evidenziare le differenze della politica culturale dei vari Lander. Responsabile di questa iniziativa era il prof. T. Lutz (incaricato delle relazioni con l’estero per conto della Fondazione per la Topografia del Terrore).
Durante il viaggio è stato possibile mettere a confronto l’attività didattica dei musei e memoriali dedicati alle vittime del nazismo in Germania e l’attività curata nelle altre istituzioni. Uno dei temi centrali è il ruolo che i grandi mausolei di Buchenwald o Sachsenhausen oggi svolgono: queste strutture non sono le più adatte a narrare la storia ma risultano essere uno degli aspetti della politica interna della Rdt, non prevale sicuramente l’aspetto didattico ma predomina quello celebrativo. Il modello storiografico che la Rdt aveva proposto non metteva sullo stesso piano i termini vittime ed eroi, vedi il caso della mancanza di riferimenti allo sterminio degli zingari nel museo di Dora Mittelbau oppure l’assenza di lapidi che facciano riferimento agli ebrei detenuti a Buchenwald, prima del 1989.
Dopo la caduta del muro di Berlino, nei musei dell’ex Germania Orientale (Buchenwald e Sachsenhausen), sono state prese in considerazione dalla storiografia anche le vittime dei campi sovietici realizzati dopo la seconda Guerra Mondiale, operando una corretta distinzione fra le vittime dei Lager nazisti e quelle della dittatura sovietica.
Sul piano opposto possiamo collocare, come punto di riferimento, la struttura del German Resistance Memorial Museum di Berlino che si trova nella via intitolata alla memoria del colonnello von Stauffemberg, l’esecutore materiale dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944.
L’edificio che ospita il piccolo museo era utilizzato dall’esercito tedesco quale sede di comando. Nel cortile interno dell’edificio, in uno spazio limitato, una scultura a grandezza naturale che riproduce un uomo con le mani legate, posto di fronte ad un simbolico plotone di esecuzione identificato con un semplice rialzo del terreno, evoca il sacrificio di tutti coloro che si sono opposti al nazismo, e la nuova mostra inaugurata nel 1989 documenta l’intero campo della resistenza tedesca.
Vorremmo presentare schematicamente le varie strutture e l’attività che in esse viene svolta.

Gedenkstätte Hadamar
Strutturalmente il centro oggi è diviso in museo, casa di cura per malati psichiatrici e carcere per tossicodipendenti.
La struttura utilizzata come centro per lo sterminio è rimasta intatta. Scendendo nello scantinato si entra nello spazio utilizzato come camera a gas vicino alla quale si trova l’obitorio. I forni crematori di Hadamar sono stati rimossi dalla loro sede alla fine del 1941 e trasferiti in Polonia. Al loro posto sono state collocate due fotografie dei forni a grandezza naturale. Nella sala dei forni crematori si trovano dei pannelli con le foto di alcune vittime; è particolarmente significativa quella di un ragazzo sofferente di epilessia contratta in seguito ad un banale incidente (una caduta da un albero), a testimonianza che nell’operazione di “eutanasia” furono coinvolte persone oggi ritenute perfettamente normali, ma allora considerate “balasten leben” ossia “vite zavorra”.
Nel centro di Hadamar è a disposizione del pubblico una mostra storico-documentaria ricca di materiale che è stato tratto dall’archivio dell’ospedale stesso, dell’archivio centrale di Kassel e da archivi privati; il museo si è dotato di uno strumento di questo tipo a partire dal 1983. Negli altri centri per l'”eutanasia” la situazione è diversa: nel caso di Hartheim non esiste alcuna mostra, mentre a Bernburg è stata allestita soltanto nel 1996.
Nel centro di Hadamar lavorano stabilmente tre pedagogisti la cui attività riguarda studenti di età superiore ai quindici anni. Il personale del museo ha fatto osservare come gli abitanti di Hadamar non frequentino il museo, mentre sono soprattutto le scuole che portano gli studenti a visitare il centro. Particolarmente significative, segnalate dai pedagogisti, sono le lettere che alcuni nipoti hanno spedito ai nonni mai conosciuti ed eliminati ad Hadamar. Il catalogo della mostra è stato edito nel 1994 con il titolo Verlegt nach Hadamar – Die Geschichte einer NS -“Euthanasie”-Anstalt

Gedenkstätte Breitenau
Questo campo è stato usato dai nazisti come campo di punizione per lavoratori coatti o altri detenuti, uomini e donne. Anche questa struttura è stata realizzata utilizzando edifici preesistenti: quello che fu un convento, alla fine dell’Ottocento divenne un carcere nel quale venivano rinchiusi zingari, mendicanti e prostitute.
Durante il 1933 la struttura fu utilizzata come campo di concentramento per oppositori politici e successivamente, tra il 1940 e il 1945, divenne un Arbeitserziehungslager cioè un campo di rieducazione attraverso il lavoro nel quale vennero rinchiusi circa 8.000 prigionieri. Una situazione tollerata dagli abitanti del vicino paese di Guxhagen che di fatto convivono con questo luogo di detenzione e di morte. Durante l’attività dei nazisti, i fedeli del rito protestante sono costretti, per recarsi nel luogo di culto, ad entrare nel Lager, dal momento che la chiesa protestante di Guxhagen si trova dentro al Lager stesso. Le celle e le camerate dei prigionieri si trovano dietro alla parete dove è collocato l’organo della chiesa.
Le cause della morte dei prigionieri nel campo vanno ricercate nelle condizioni di vita del Lager piuttosto che alle violenze dirette dei carcerieri che provengono anche dalla zona di Guxhagen; solo alla fine del conflitto una trentina di prigionieri evacuati sono stati fucilati. Le salme di questi uomini non sono state sepolte vicino al campo ma al confine con la Rft per una scelta degli abitanti stessi di Guxhagen.
Nel museo si possono visitare: le celle per i detenuti, utilizzate nel dopoguerra anche per le ragazze rinchiuse nel riformatorio creato nel ex campo nazista ed una mostra artistico-documentaria nella quale sono messi a confronto immagini e materiali che riguardano la società tedesca durante la dittatura; da una parte le immagini ed i materiali della società “corretta” e dall’altra foto e oggetti degli esclusi. Nell’allestimento si possono osservare il registro con i dati dei prigionieri, usato anche dopo la fine della guerra per i nuovi detenuti del carcere ed i fascicoli personali redatti dalle autorità naziste.
Il pubblico ha a disposizione le riproduzioni dei fascicoli dai quali è stato cancellato il cognome, gli originali sono conservati nel museo. È particolarmente significativo l’allestimento curato da un gruppo di giovani artisti. Nell’attività del museo prevale sopra ogni aspetto l’attività educativa.
 

 

 

Così si presentò uno dei tunnel del campo Dora ai primi tecnici
del Memorial, dopo che erano state rimosse le macerie
provocate dalle mine fatte brillare nel ’45 dai nazisti in fuga.

(Foto di A. Gilens, tratta dal volume Discovery
and despair dimensions of Dora, Berlino 1995).

 

Kreismuseum Wewelsburg

La struttura di questo museo regionale è suddivisa in due parti distinte: una dedicata al castello medioevale e l’altra realizzata per la storia contemporanea.
Wewelsburg divenne per volontà di H. Himmler il luogo dove creare il rito pagano delle SS, il centro dove si teneva il cerimoniale per la nomina degli alti ufficiali delle Allgemeine SS. Nelle vicinanze del castello sorse il campo di concentramento per i prigionieri utilizzati come manodopera nei lavori di radicale trasformazione voluti dal regime. Con mezzi primitivi i prigionieri, all’inizio testimoni di Geova e poi anche prigionieri di guerra russi e oppositori politici di altre nazioni, furono costretti a scavare nella roccia, sotto le fondamenta della torre settentrionale del castello, una sala circolare del diametro di venti metri e profonda oltre cinque. Durante i lavori dei quasi 3900 prigionieri, oltre 1200 perirono.
Del campo di concentramento rimangono solo poche tracce; dista dal castello circa cinque chilometri e sulla sua area sono state realizzate numerose abitazioni.
Ad esempio le cucine del campo sono state trasformate in caserma dei vigili del fuoco, oppure l’edificio utilizzato come ingresso è divenuto una casa privata.
È stata una scelta operata dagli stessi cittadini, soprattutto profughi, stabilitisi lì dopo la guerra.

KZ – Gedenkstätte Dora Mittelbau
Il campo era una fabbrica sotterranea utilizzata per la realizzazione di missili balistici (le V2). Dopo il 1989 quest’area ha mantenuto l’aspetto monumentale ma si è voluto sviluppare un percorso sotterraneo prima dimenticato. Un lungo tratto di galleria è stato reso agibile (circa 500 m.). Oggi sono stati riscoperti gli accessi alle gallerie che nel 1948 le forze armate sovietiche avevano fatto crollare. Anche in questo caso esiste un problema che riguarda la proprietà del terreno poiché una parte delle gallerie si trovano oggi su un terreno privato e non sono accessibili per il divieto dei proprietari.
Di notevole importanza la mostra che è suddivisa in due aspetti: modernità e tecnologia da un lato e sfruttamento dall’altro. Da una parte sono protagonisti i manufatti, le schede tematiche, i progetti, dall’altra gli schiavi. I forni crematori sono stati conservati; purtroppo nell’epoca della Rdt non è stato fatto nessun intervento per quanto riguarda la fossa comune dove venivano gettate le ceneri delle vittime tra le quali vanno calcolati migliaia di francesi. Con la caduta del muro di Berlino è stata posta una lapide a ricordo dei Sinti e dei Rom. L’attività didattica è in fase di sviluppo.

Gedenkstätte Buchenwald
La struttura monumentale del mausoleo, con le grandi scalinate, i bracieri e la torre campanaria, non è sicuramente un elemento che favorisce la visione della reale struttura del campo. L’appropriazione di Buchenwald da parte del regime della Rdt è evidente. Una corretta visione del campo è fornita dalla nuova mostra storico-documentaria di altissimo livello e rigore. Realizzato all’interno del campo nazista in una palazzina che era utilizzata come magazzino, l’allestimento presenta manufatti, reperti, fotografie, documenti che sono contenuti in cassoni metallici di cui solo il 30% è spazio espositivo. Il rimanente 70% del contenitore è la rappresentazione visiva del vuoto documentario inerente il campo di Buchenwald: solo un terzo della storia del campo ci è nota e questa viene presentata. Nella struttura del crematorio è stato mantenuto l’allestimento dato dalla Rdt che aveva ricostruito la struttura della “scuderia” (originariamente collocata in un’altra area del Lager) quel luogo cioè utilizzato per lo sterminio, mediante fucilazione, di decine di migliaia di prigionieri di guerra sovietici.
I problemi che l’attuale direzione del museo deve affrontare sono legati al lavoro di recupero archeologico della struttura del campo. Mediante delle campagne di scavo, nelle quali sono coinvolti anche studenti, recentemente è stata riportata alla luce la banchina ferroviaria sulla quale venivano scaricati i prigionieri. Una nuova attenzione viene rivolta alle fosse comuni, per lungo tempo dimenticate nelle manifestazioni degli anni ’60 e ’70 e soprattutto alla realtà nella quale il campo viene realizzato: nelle vicinanze di Weimar, la città tedesca più nazionalista, antisemita e conservatrice secondo il dott. V. Knigge che ci ha accompagnato nella visita. Un aspetto questo che non va rimosso ma ulteriormente documentato, così come vanno spiegate le reali motivazioni della trasformazione di Buchenwald con la rimozione delle baracche e degli altri elementi strutturali.
Nell’immediato dopoguerra la dirigenza della Rdt prende una posizione molto chiara ed esclude dalle decisioni che riguardano la realizzazione del monumento i reduci, alcuni dei quali vengono fra l’altro deportati in gulag con la falsa accusa di collaborazionismo.
Le autorità tedesco-orientali, in maniera strumentale, sostengono di avere l’appoggio dei reduci del Lager quando questo non è vero.
La visione è quella tipica della Rdt che suddivide i reduci in vittime ed eroi; nel caso degli eroi, solo gli antifascisti, gli oppositori al regime, i partigiani hanno un peso nelle celebrazioni e nei monumenti. L’appropriazione politica della loro vicenda è uno strumento di autolegittimazione del regime tedesco orientale.
La prospettiva per l’attività didattica e per Buchenwald è forse la migliore poiché il confronto fra il mausoleo “sovietico” ed il museo attuale permette una elaborazione ulteriore fra la retorica del regime e la storia materiale della vita nel Lager.
Vi è un salto di qualità nella costruzione di una memoria collettiva dalla quale si sviluppa una coscienza democratica vera. Questa attenzione è riscontrabile nell’attività didattica. Uno dei responsabili metteva in evidenza il bisogno, la necessità che le domande nascano dal pubblico e che certe informazioni e considerazioni debbano emergere da chi sta ascoltando.
 

 

 

Gedenkstätte und Museum Sachsenhausen
La struttura del museo è stata realizzata dopo la chiusura del campo sovietico. Nel suo aspetto generale è unico: un campo a forma di triangolo per rendere più facile il controllo dei prigionieri. Dalla palazzina, che era l’ingresso del campo, la visuale si proietta verso l’obelisco costruito come elemento monumentale; davanti a questo è stata costruita una tribuna in muratura. Tale progetto ha cambiato radicalmente la prospettiva dall’ingresso e, nella costruzione del monumento, tutte le baracche sono state rimosse. Oggi esistono grossi problemi nella gestione del museo. Le strutture costruite dalla Rdt sono fatiscenti ed è in fase di progettazione un servizio rivolto alla scuola anche se i problemi finanziari sono notevoli. Della struttura originale del campo sono rimaste alcune baracche, le celle di detenzione, le mura di recinzione, le torri di guardia; sono andati invece perduti i forni crematori, demoliti dai sovietici per realizzare, al loro posto, un poligono di tiro. Anche in questo museo vengono eseguiti dei lavori di scavo di tipo archeologico. La struttura dell’obitorio è rimasta intatta, con le cantine utilizzate per ammassare i cadaveri ed i tavoli per la sezione delle salme.
In tale struttura è rimasta in visione la mostra allestita dai ricercatori della Rdt.
È una mostra assolutamente fuorviante, dove l’aspetto macabro prevale su qualunque discorso educativo, ma soprattutto unisce materiali eterogenei che provengono da realtà diverse, senza fornire riferimenti adeguati per una visione della “sperimentazione” medica.
Gli attuali curatori del museo hanno spiegato, ad esempio, per quali esperimenti venivano utilizzati i prigionieri di Sachsenhausen: agli individui venivano distribuiti scarponi non adeguati alla misura dei loro piedi e con un carico sulle spalle venivano fatti correre su una strada lastricata di fronte all’ingresso del campo fino al loro decesso. Di questo non vi è traccia nella mostra curata dalla precedente amministrazione.
Negli scantinati di alcuni edifici sono stati scoperti dei graffiti fatti dai prigionieri del campo sovietico che erano stati cancellati dalle autorità.
Sono notevoli i problemi che riguardano il patrimonio immobiliare; ad esempio gli stabilimenti industriali attigui al campo nazista non fanno parte del museo, così come sono escluse dal museo le abitazioni utilizzate dai nazisti.

HausderWansnsee-Konferenz
La struttura della villa dove si tenne la Conferenza interministeriale del 20 gennaio 1942 per la Soluzione finale della questione ebraica in Europa è dal 1992 un museo. Una ricca mostra storico documentaria si sviluppa attraverso le sale della villa. La sala più significativa è quella che presenta su di un espositore orizzontale tutti i verbali della conferenza del 1942 e sulle pareti sono state collocate le foto di tutti i partecipanti alla conferenza. L’aspetto della sala è quello originale.
Importante il servizio didattico: nell’anno di apertura sono state effettuate 712 visite guidate alla mostra e nel corso del 1996 ne sono state effettuate 860. Nello stesso anno ai seminari tematici hanno partecipato 329 gruppi. Esiste una biblioteca particolarmente ricca ed una mediateca. Nel giardino è stata collocata temporaneamente la mostra 1945: Jetzt wohin? Exil und Ruckkehr (1945: Adesso dove? Esilio e ritorno) dedicata all’emigrazione ebraica dalla Germania e dalla città di Berlino. Dei pannelli verticali, liberi di ruotare su se stessi, girano a seconda del vento disponendosi su orientamenti diversi. Ogni singolo pannello riproduce la foto dell’individuo, una cronologia con la data in cui è emigrato e l’ultimo indirizzo conosciuto a Berlino. Queste persone si sono spostate nel mondo in mille direzioni diverse, così come i pannelli si dispongono con il vento.

Stefano Fattorini