La relazione di Ferdi Zidar  

Su Buchenwald si è creato un gran polverone, specialmente in Germania, ma con echi anche in Italia – il Corriere della Sera ne ha scritto, e la Repubblica, e qualche altro giornale – poco dopo la caduta di Berlino. Il punto di partenza è la scoperta presso Buchenwald di una fossa contenente 7.000 cadaveri. Se volete maggiori particolari – io la riassumo molto brevemente – c’è un articolo sull’ultimo Triangolo rosso che spiega questa vicenda. Su questa fossa negli anni della Repubblica Democratica Te-desca si è tenuto il silenzio più assoluto. Dopo la caduta del muro di Berlino, invece, è cominciato il clamore, perché questi 7.000 cadaveri erano una parte dei 28.000 nazisti, o presunti tali, che i sovietici avevano internato nel campo di concentramento per sottoporli ad inchiesta ed eventualmen-te giudicarli e condannarli, nel caso avessero commesso dei crimini. Insomma, dovevano essere inquisiti. Dal ’45 al ’50: cinque anni è durata questa inchiesta. Un po’ lunga. Nel frattempo questi settemila sono morti per fame, per stenti, per malattie, ma a quanto risulta non per uccisione o persecu-zione o bastonature da parte dei sovietici. L’internamento dei nazisti era avvenuto in base all’accordo di Postdam, che imponeva alle potenze occupanti di arrestare tutti i sospetti nazisti e di 20 giudicarli. I sovietici hanno scelto Buchenwald. Avevano a disposizione un campo appena liberato, e li hanno messi lì. Appena scoperte queste grandi fosse comuni è cominciato il pellegrinaggio dei parenti di questi morti, cosa più che comprensibile. Ma è cominciata anche, con gran clamore, una campagna politica tambureggiante; alcuni giornali hanno scritto che si trattava di settemila innocenti, incolpevoli, che non avevano fatto parte di nessuna organizzazione nazista e che erano semplicemente vittime del dispotismo staliniano comunista. Fu organizzato un Gruppo di iniziativa – si chiama così – un “Gruppo di iniziativa 1937-50” (notate, 1937 è la fondazione del campo; ’50 è la fine dell’inchiesta), il quale sostiene che i settemila morti e tutti gli internati in genere erano da parificare agli antifascisti detenuti dai nazisti a Buchenwald.Questo gruppo sostiene che furono tutti vittime di un’ unica violenza, e che quindi bisogna dedicare a loro un unico monumento, un unico campo, un unico museo. Naturalmente, come potete im-maginare, il Comitato internazionale Buchenwald-Dora si è opposto accanitamente a questo progetto. E con l’appoggio di tutte le associazioni nazionali, compresa l’Aned ovvia-mente, dopo varie vicende è riuscito ad ottenere che ci sia una separazione netta delle due questioni. Da una parte, il campo nazista doveva rimanere nei suoi ambiti storici e geografici. Dall’altra parte, le memorie degli internati nazisti dovevano essere sistemate deco-rosamente in un altro campo, chiamato “Spezial Lagerzwei”, o Buchenwald 2. Anche il museo, che poi è stato chiamato Centro di documentazione, che loro volevano mettere nel recinto di Buchenwald, invece sarà sistemato fuori, cioè vicino a questa fossa, decorosamente sistemata. Rimangono da seguire la si-stemazione definitiva di questo centro, perché si teme che questo centro di documenta-zione possa diventare un pun-to di attrattiva e di organizzazione per i gruppi neonazisti, e le modifiche che saranno introdotte nel vecchio museo del campo di concentramento nazista, che qualcuno ritiene troppo influenzato dal partito comunista dell’ex DDR (ed ha anche ragione in parte). Questa soluzione di compromesso era stata accolta con soddisfazione dal Comitato, che l’aveva salutata come un grosso successo. Se non che negli ultimi mesi sono successi due casi veramente incredibili. Il direttore del memoriale Buchenwald (responsabile cioè sia dello Spezial Lager 2 che del campo di concentramento nazista), ha Scritto un articolo e ha dichiarato che l’80% degli internati dai russi erano ve-ri nazisti, membri di organizzazioni naziste, della polizia, iscritti al partito. L’ 80%. questo ha scatenato l’ira di una parte della stampa tedesca. Un avvocato del Gruppo di iniziativa, un certo avvocato Wedstein, mi pare che si chiami, ha presentato persino una denuncia contro di lui. E quello che è più grave è che un procuratore della Repubblica ha accettato questa denuncia e ha cominciato ad istruire il processo contro il direttore del Memoriale. Naturalmente nell’ultima riunione del Comitato internazionale si è levata una vibrante protesta contro questo fatto: il Comitato ha deciso di inoltrare un esposto al ministro della Giustizia, chiedendo che questo processo non venga fatto. Ma non basta. C’è in Germania una commissione del Parlamento che si chiama Commissione di inchiesta sulle conseguenze della dittatura della Sed (un nome un po’ complicato come usano i tedeschi). Sed era la sigla del Partito comunista nella Germania Orientale. Dunque, questa commissione d’inchiesta ha chiesto a due deportati antifascisti di Buchenwald e a due internati del dopoguerra di venire a testi-moniare sull’influenza della dittatura sull’unità tedesca. Oltre a tutto questi due ex deportati antifascisti non sono nemmeno tedeschi, ma sono un po-lacco e un francese. Nell’ultima riunione del Comitato di Buchenwald, che si è tenuta tre settimane fa, è stata lungamente discussa questa storia: la richiesta del comitato parlamentare d’inchiesta è stata ritenuta inaccettabile, strana, assurda. Il Comitato ha deciso, intanto, di dichiarare in una lettera scritta al presidente della commissione parlamentare che il Comitato stesso non vuole intromettersi nelle que-stioni interne tedesche. L’unificazione della Germania è una cosa che riguarda i tedeschi e, dunque, non ha alcun senso chiamare a testimoniare que-sti due ex deportati, che sono – guarda caso – anche membri del Comitato. E questa è una questione di principio. Il Comitato ha anche aggiunto che in nessun caso gli ex deportati potranno sedere allo stesso tavolo dei rappresentanti dei nazisti internati nel Campo speciale n. 2. In ultima a-nalisi, in questa lettera è scrit-to che i due ex deportati convocati non si presenteranno di fronte alla commissione parlamentare. E questo naturalmente ha risollevato un polverone che pareva un po’ sopito. Tuttavia tutto questo casino (permettetemi questa espressione) ha sollevato un tale clamore in Germania che il numero dei visitatori di Buchenwald è cresciuto in modo straordinario. Nell’ultimo anno sono stati 300.000, oltre a quelli che venivano dall’estero. Coloro che vengono in visita sono opportunamente istruiti sulle vicende del campo. Queste vicende sono prevalse nella discussione del Comita-to internazionale Buchenwald-Dora, che pure aveva all’ordine del giorno la questione della Fondazione, cioè come perpetuare la memoria. Noi abbiamo avuto due morti fra una riunione e l’altra e sette od Otto compagni che non si sono presentati per ragioni di malattia. Questo ci induce a cer-care di sbrigarci con questa Fondazione, altrimenti non resterà niente. L’impegno è di presentare alla prossima riunione del Comitato, che si terrà a Weimar l’anno prossimo e che coinciderà con il 600 anniversario della Fondazione del Lager nazista di Buchenwald, un progetto concreto sulla Fon-dazione che dovrà sostituire il Comitato internazionale. L’altro impegno che il Comitato si è assunto è la partecipazione alle celebrazioni che, nel ’99, si terranno a Weimar. In quell’anno Weimar sarà no-minata città della cultura europea. Uno degli aspetti più importanti di questa manifestazione sarà la contraddizione fra Weimar città della cultura, con Schiller, Goethe e tutti gli altri grandi poeti tede-schi, e la barbarie di Buchenwald.