Una lettera dei presidenti dell’Aned e dell’Anppia

Il 25 ottobre scorso i presidenti dell’Aned Gianfranco Maris e dell’Anppia Pietro Amendola hanno inviato al direttore generale delle pensioni di guerra la lettera che qui riproduciamo
In data 15 febbraio ’95 abbiamo inviato al suo predecessore nella carica di direttore generale una lettera rimasta senza risposta (evidentemente a causa del periodo di transizione) per cui ci permettiamo di rinnovarla, contando su una sua risposta in merito.
La commissione preposta all’applicazione della legge 29.1.1994, n. 94, relativa alla reversibilità dell’assegno vitalizio per gli ex deportati nei campi di sterminio nazisti ha sollevato – a quanto ci riferiscono i nostri rappresentanti dell’Anppia e dell’Aned in seno alla commissione stessa – alcune perplessità per una corretta applicazione della legge su due punti che a noi sembrano invece assai chiari. Glieli sottoponiamo affinché ella possa sollecitamente intervenire onde eliminare ogni ostacolo in merito.
1) La legge 17.12.1980 n. 791 stabilisce che per avere diritto all ‘assegno bisogna avere compiuto il 55°anno di età, se uomini, e il 50° anno di età se donne. La legge n. 94 del 29.1.1994 afferma, all’art. 1, che “l’assegno è reversibile ai familiari nel caso in cui abbiano raggiunto l’età pensionabile o siano stati ritenuti invalidi a proficuo lavoro”.
A prescindere dal riferimento alla legge n. 791 del 1980, che aveva inteso giustamente privilegiare con l’abbassamento di cinque anni dell’età allora pensionabile, una categoria di cittadini universalmente riconosciuta come la più colpita dalle sofferenze della guerra e non potendosi invocare lo stesso trattamento per i familiari, è pur tuttavia inoppugnabile che, con l’età pensionabile, nei casi di reversibilità il legislatore si riferisse alla normativa vigente al momento dell’emanazione della legge, e cioè 60 anni per gli uomini e 55 per le donne.
Stabilire per tutti l’età pensionabile a 65 anni, prendendo a pretesto “l’evoluzione normativa in materia” rappresenta una forzatura che non corrisponde né alla lettera della legge, né allo stato dei fatti attuale. Si reintrodurrebbe inoltre quella disparità di trattamento rispetto ai perseguitati politici antifascisti e razziali che il legislatore ha invece affermato di voler eliminare.
2) “La reversibilità dell’assegno spetta anche ai familiari di quanti ( … ) non hanno potuto fruire del beneficio perché deceduti successivamente, anche dopo il rientro in patria e prima dell’entrata in vigore della legge 17.11.1980, n. 791 “. Non era evidentemente intenzione del legislatore escludere dal beneficio i familiari di quanti, per vari motivi, non hanno presentato domanda dopo l’entrata in vigore della legge n. 791. E infatti il legislatore si limita a penalizzarli, facendo decorrere il beneficio dell’entrata in vigore della legge se l’istanza è stata inoltrata entro l’anno della sua emanazione, e dal mese successivo all’inoltro della domanda negli altri casi.
Pare evidente agli scriventi che lo stesso criterio debba valere per i familiari dei deportati, ai quali non può essere fatta alcuna colpa per la dimenticanza del dante causa. In taluni casi, poi, i deportati non poterono inoltrare tempestivamente la domanda a causa di una errata interpretazione della legge (gli internati nel campo di Bolzano furono riconosciuti solo nel 1986). Non si può quindi fare alcuna discriminazione tra familiari di ex deportati che hanno subito le medesime vicissitudini e sofferenze.
Unica eccezione può aversi quando il dante causa dichiari o abbia dichiarato esplicitamente di non volere, per fondati motivi, che il familiare superstite abbia a fruire del beneficio. Anche qui soccorre l’esempio dei familiari dei perseguitati antifascisti, nessuno dei quali è mai stato escluso dal beneficio a causa della trascuratezza del dante causa.
Fiduciosi che vogliate prendere in considerazione il presente esposto e dare le necessarie disposizioni alla competente commissione, porgiamo distinti saluti.

Il presidente dell’A.N.E.D. sen. Gianfranco Maris

Il v. presidente dell’A.N.P.P.LA. on. Pietro Amendola