L’autore di uomini ad Auschwitz 

 Hermann Langbein è morto. Incolmabile è il vuoto tra i grandi testimoni. Lascia dei libri che possiamo definire fondamentali per la conoscenza della Deportazione. Tiro giù dallo scaffale Uomini ad Auschivitz, Storia del più famigerato campo di sterminio nazista, Mursia 1984 (l’edizione originale in tedesco è dei 1972), con la Prefazione di Primo Levi, volume tempestato di sottolineature a matita tanto grande è stato il mio impegno nella lettura, che oltre ad assimilare ed interiorizzare il testo ha avuto per scopo immediato la recensione sull’Indice. Langbein dedica il suo primo libro “in memoria di tutti coloro che, ad Auschwitz, si sono impegnati nella lotta contro la disumanità e hanno perso in essa la vita … “. Langbein, combattente politico a Vienna e in Spagna, prigioniero a Dachau, ad Auschwitz e a Neuengamme, comunista convinto uscito dal partito dopo i fatti di Ungheria del 1956, si è risolto “ad affrontare – dice Primo Levi – un problema che incute spavento”: non solo descriverà Auschwitz, ma cercherà di chiarire a se stesso, ai suoi contemporanei e alle generazioni future, quali sono state le fonti della barbarie hitleriana e come i tedeschi abbiano potuto sostenerla e seguirla fino alle conseguenze estreme.
Ampia è la biblioteca di Langbein instancabile testimone. Mi limiterò a citare un altro suo libro straordinario che possiedo nella traduzione in francese: La resistence dans les camps de Concentration nationaux socialistes 1938-1945, Fayard 1981 (l’edizione originale in tedesco è del 1980).
Ai nostri compagni la resistenza nei Lager è nota, non così; al grande pubblico che trova difficoltà a pensare che fosse possibile costituire, in quel mondo di violenza e di orrore, dominato dalle SS, un contropotere costituito dai deportati. Langbein passa in rassegna l’apporto alla Resistenza di tutte le nazionalità, ma non include (non vuol dire che escluda) gli italiani: “Altri gruppi nazionali avevano anch’essi i loro problemi. Se non se ne parla qui è unicamente perché non hanno svolto un grande ruolo nella Resistenza internazionale”.
:Ecco perché ho cercato di segnalare la Resistenza degli italiani sperando che il mio modesto contributo serva a provocare più consistenti, estesi ed approfonditi studi. E’ da considerare peraltro che gli italiani arrivano ultimi nei Lager. 
Langbein ha avuto la bontà di dedicare un esemplare di questo libro con le parole: “Zur Erinnerung an “Ihre Tagung” in Torino” (In ricordo del suo convegno in Torino) 29.10.83 H. Langbein.
Incominciamo da Torino da Il dovere di testimoniare. Langbein è stato ben sette volte da noi, sempre a Torino, lasciando incisive tracce della sua presenza. Fa parte della nostra ricchezza morale e materiale, ma quanti compagni ne sono al corrente? Ne Il dovere di testimoniare parla della lotta al neo nazismo e dei contatti con i giovani e con gli insegnanti. E’presente nel libro di saggi La deportazione nei campi di sterminio nazisti a cura di Federico Cereja e di Brunello Mantelli. Partecipa al Convegno internazionale Storia vissuta del 1986 alle Giornate internazionali di studio Primo Levi, alla tavola rotonda su La Circolare Pohl, ai Convegni internazionali Gli ultimi giorni deiLager e Il ritorno dai Lager.
Langbein non è solo un testimone che mette nella testimonianza un assoluto rigore, ma è anche uno storico, un filosofo del la politica, attento alla evoluzione dei tempi, come si evince da queste considerazioni in chiusura della sua relazione al Convegno Gli ultimi giorni deiLager del 6 febbraio 90, dopo la caduta del muro di Berlino:

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” … sorsero quattro zone di occupazione e, a seguito della guerrafredda, due Germanie, la RFTe la RDT. Ora si parla di una riunificazione. Si unifichino, ma non si riunifichino: non deve potersi sentire un’eco che ricordi ciò che nel 1945 ha potuto finalmente venire spezzato. E credo che noi, sopravvissuti ai KZ, abbiamo qui solo la funzione di sismografi. Siamo più sensibili di altri, per motivi evidenti, e mettiamo in guardia di fronte a questo pericolo. E mi sia permesso di farlo anche qui”.

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Il ritorno dai Lager di Langbein è una pagina di grande interesse, densa di osservazioni pregnanti splendidamente tradotta da Eleonora Vincenti.
Ulteriore testimonianza dell’eccezionale valore degli scritti di Langbein sulla Deportazione è l’inclusione di Primo Levi nel libro La ricerca delle radici. Antologia personae di un brano finale di Uomini ad Auschwitz che nell’ultimo periodo così recita: “Come tanti altri anch’io ad Auschwitz ho scoperto che l’umanità avrebbe saputo ricavare un insegnamento da quanto in Auschwitz è diventato realtà, benché tutti prima l’avessero definito inconcepibile ed impossibile. Sarà capace di farlo?”.
Con questo inquietante interrogativo chiudiamo la nostra commemorazione di Hermann Langbein certi che la sua opera resterà non sapendo se siamo riusciti ad esprimere il nostro stato d’animo di tristezza per la scomparsa di un uomo straordinario, fieri di averlo conosciuto.
BN.