Regia e sceneggiatura: Tim Blake Nelson
Interpreti: David Arquette, Velizar Binev, David Chandler, Michael Stuhlbarg, Daniel Benzali, Steve Buscemi, Harvey Keitel, Allan Corduner, Natasha Lyonne, Mira Sorvino
Produzione: Usa, 2001 (108 minuti)

“La zona grigia” è un titolo che viene dal libro “I sommersi e i salvati” di Primo Levi. Per capirne il senso basta rileggere il brano in cui lo scrittore  racconta il suo arrivo al campo di sterminio di Auschwitz. Eccolo: “Si entrava sperando almeno nella solidarietà dei compagni di sventura, ma gli alleati sperati, salvo casi speciali, non c’erano; c’erano invece mille monadi sigillate, e fra queste una lotta disperata, nascosta e continua. Questa rivelazione brusca, che si manifestava fin dalle prime ore di prigionia, spesso sotto la forma immediata di un’aggressione concentrica da parte di coloro in cui si sperava di ravvisare i futuri alleati, era talmente dura da far crollare subito la capacità di resistere. Per molti è stata mortale, indirettamente o anche direttamente: è difficile difendersi da un colpo a cui non si è preparati”.

Il film di Tim Blake Nelson, benché interpretato da un cast di pregio, non è di sicuro tra i più interessanti sul tragico tema, e certo scompare, sul piano dello stile, nel confronto col vibrante, ancorché controverso, “Il figlio di Saul” dell’ungherese  László Nemes (2016).

Siamo nell’autunno 1944: gli ebrei inquadrati nei cosiddetti Sonderkommando sono obbligati dai nazisti, con la promessa di aver salva la vita per qualche mese in più, quattro per la precisione, a far funzionare il più velocemente possibile il sistema delle camere a gas. L’idea è di prendere tempo, in modo da poter organizzare una rivolta nella speranza di scappare dal lager. Ma i dubbi si moltiplicano, qualcuno si sente in colpa, il gruppo comincia a vacillare, mentre la macchina della morte continua a decimare uomini, donne, vecchi e bambini.

Alla base del film, abbastanza schematico ma a tratti efficace, c’è la vera storia del dottor Miklós Nyiszli, un ebreo ungherese che fu scelto dal famigerato Josef Mengele come capo patologo ad Auschwitz. Sullo schermo lo interpreta, senza infamia e senza lode, l’attore Allan Corduner.

Michele Anselmi