ITALO TIBALDI – Credo proprio che sia giunto il momento di restituire la parola al presidente nazionale avv. Maris, perché bisogna arrivare alle conclusioni di tutto questo dibattito.
GIANFRANCO MARIS – A me compete di trarre le indicazioni generali che emergono da tutti i lavori del nostro congresso. Non solo: i contributi che al nostro congresso sono stati portati e di cui dobbiamo tenere conto non sono stati soltanto quelli degli interventi dei nostri delegati, ma anche quelli dei rappresentanti dei Comitati internazionali. Consapevolmente o inconsapevolmente non c’è dubbio che il convegno intemazionale alla villa medicea di Artimino ha finito per costituire parte integrante del congresso. Come parte integrante del congresso ha costituito lo stesso incontro coi giovani, anche se gli interventi dei giovani sono stati pochi, ma quella relazione sulla Costituzione è un momento del congresso. Come momento del congresso sono stati gli incontri delle sere, con i bambini che hanno rappresentato con quella pantomima la vita, la nascita, l’amore, l’adolescenza, i fermenti che percuotono ogni ragazzo, ogni ragazza; oppure la rappresentazione di Primo Levi “Se questo è un uomo”. E ancora l’incontro con la comunità cattolica ieri sera e quello spettacolo che hanno dato, sono stati tutti momenti essenziali di questo congresso.
A me pare di poter dire, per i commenti che ho ricevuto anche fuori dall’ufficialità, che tutti hanno apprezzato questo congresso aperto, come si sono qualificati sempre i congressi che vogliono non chiudersi all’interno della categoria o della singola organizzazione, ma aprirsi ai contributi culturali degli altri. E stato quindi un congresso molto buono. Procedendo per temi e per concetti, io credo che il primo problema (che credo sia stato risolto all’unanirnità) è quello della attualità della categoria dell’antifascismo, inteso come cemento per una concezione veramente democratica e conforme alla Costituzione della democrazia. Gli interventi sono stati interessanti, per esempio l’intervento di Arbanas, che ieri ha letto e illustrato gli appunti che aveva lasciato Zidar, il nostro presidente di Trieste che per ragioni di salute si è dovuto allontanare, ci ha detto qual è la concezione della democrazia degli altri. Per esempio di Alleanza nazionale.
Come si comporta a Trieste questo ex Movimento sociale italiano? Con proposizioni che richiamano il nazionalismo violento, il nazionalismo aggressivo che ha sempre caratterizzato il fascismo; AN conferma nelle sue rivendicazioni l’annessione della Dalmazia, l’annessione di territori che sono al di là dei nostri confini, quando il principio fondamentale che è uscito dalla guerra, che esce da tutta la concezione della convivenza dei popoli è proprio la non messa in discussione dei confini.
Se Alleanza nazionale a Trieste si comporta così, e nega per esempio l’esistenza dello stesso campo di sterminio di San Sabba, può essere considerata veramente una destra pulita, nobile, riconducibile alla destra storica prefascista? Cioè vediamo in Fini Giolitti? Io non lo so, mi pare proprio di no. E quindi credo che noi si sia tutti d’accordo nel dire che noi paventiamo a vivere un momento in cui dell’antifascismo come categoria politica non vi sarà più da parlare. Però non è ancora questo il momento, sarà un altro che dovrà venire, che noi attendiamo e ci adopereremo perché venga al più presto. Ma oggi come oggi noi non possiamo non vedere che ci sono delle forze politiche che aggrediscono con violenza e con un linguaggio da bettola il Presidente della Repubblica. Esse non considerano nulla il Parlamento italiano se non una squadra di scherani che serve per realizzare il loro obiettivo. E questa è la democrazia costituzionale nostra? Mi pare proprio di no. Allora resta la categoria dell’antifascismo come cemento nel quale si possono riconoscere tutte quelle forze le più variegate, le più diverse possibili, di centro, di sinistra, dove vogliamo prenderle, che ritengono che la democrazia debba essere rispetto delle norme fondamentali della nostra Costituzione. Per esempio “no alla guerra”. E allora io non posso dire voglio la Dalmazia, perché se no disattendo una norma costituzionale. Non puoi dirmi “Il Presidente della Repubblica è un aggressore della democrazia, lo squalifico”, altrimenti tu non sei nell’ambito di una vita democratica. Io credo che questo sia un elemento uscito dal nostro convegno e sul quale siamo stati tutti d’accordo. Se siamo d’accordo, io credo che sia giusto che sospenda la mia relazione conclusiva e che il presidente dell’Aripi Arrigo Boldrini porti il suo saluto.
Intervento di Arrigo Boldrini, presidente nazionale dell’ANPI
GIANFRANCO MARIS – Caro Boldrini, ti voglio dare la medaglia che abbiamo coniato per ricordare il 50º della Liberazione, c’è il nostro logo che comprende anche il tema sul quale noi intendiamo batterci negli anni che ci restano utili per il nostro impegno politico: “La memoria è conoscenza, la conoscenza è fibertà. Diamo alla memoria un futuro”.
Questo manifesto è stato predisposto dai ragazzi di una scuola di Prato. Noi non abbiamo assolutamente influito sulle scelte degli strumenti e dei mezzi grafici che i ragazzi hanno voluto impiegare per rappresentare il nostro slogan, abbiamo soltanto fornito ai ragazzi documenti, memorie, i libri dai quali potevano trarre ispirazione e riflessione necessarie. Per cui loro hanno letto i libri, hanno discusso fra di loro e poi hanno così ritenuto di rappresentare la Deportazione. Ci fa piacere che anche tu possa avere questo loro manifesto. Ti ringrazio di essere venuto, perché sai che senza di te non abbiamo mai avuto alcun congresso.
Riprendiamo allora le nostre conclusioni. Avevo preso le mosse dalla constatazione che la nostra associazione ha mostrato di essere d’accordo sulla attualità della categoria politica dell’antifascismo. Noi aspiriamo a raggiungere un clima politico nel quale non sia assolutamente più necessaria l’esistenza della categoria dell’antifascismo, ma oggi essa continua a essere indispensabile per come si comporta Alleanza nazionale, che ha anche queste posizioni provocatorie e fasciste in molte zone d’Italia come a Trieste. Non solo. Ci sono anche altre forze politiche che addirittura conducono un’aggressione esplicita nei confronti delle istituzioni dello Stato, del Parlamento italiano, della Camera dei deputati, nei confronti del presidente della Repubblica, cioè nel confronti di quelle istituzioni che sono la garanzia di una convivenza democratica nel rispetto dei principi della nostra Costituzione.
Questo è un primo dato che a me pare di poter affermare, acquisito dal nostro dibattito: attualità dell’antifascismo. Il secondo elemento che credo si possa considerare acquisito è quello della necessità di un impegno che assorba tutte le nostre energie e che alle nostre energie possa affiancarne anche altre per realizzare i contenuti di una memoria storica da trasmettere. Qui mi pare che sia stata fatta chiarezza anche sui contenuti di questa memoria storica; non basta diffondere le nostre memorie che sono il sedimento che deve essere portato alla luce e deve essere elaborato, ma bisogna anche che queste nostre memorie storiche siano collocate in una consapevolezza più ampia di quello che è stato il fenomeno della Resistenza, della Deportazione e che questa memoria non resti soltanto una memoria di medaglioni storici, ma sia una memoria che renda l’uomo consapevole di quali sono stati i processi storici che hanno portato alla Resistenza e alla deportazione. In modo che l’uomo abbia la possibilità di capire oggi quali sono gli elementi che si possono combattere e senza la cui eliminazione si potrebbe realizzare un processo di sviluppo in forma sostanzialmente antidemocratica.
La deportazione e la Resistenza, dicevo nella mia relazione, non nascono l’8 settembre quando arrivano i tedeschi a occupare il Paese e i fascisti si espongono al loro fianco come scherani, ma nasce nel ’22 quando tutti non siamo stati capaci di combattere la resistibile ascesa del fascismo. Se ci fosse stata questa lotta forse il percorso della storia sarebbe stato diverso. E già vedo con piacere che il Consiglio nazionale del Partito popolare oggi non si è messo in ginocchio con la lingua fuori per andare in pellegrinaggio in via dell’Anima da Berlusconi, ma ci hanno lasciato andare soltanto Buttiglione, e questo è già un elemento.
Quindi la memoria storica deve essere una memoria più ampia, e noi ci siamo trovati d’accordo su un’ulteriore considerazione. Cioè non basta raccogliere elementi con i quali costituire la memoria, bisogna che questi elementi poi abbiano una circolazione nel Paese; non si possono creare istituti che conservino, cataloghino, mettano nelle biblioteche quello che noi riusciamo a produrre, ma bisogna creare istituti o strutture che comunque facciamo vivere. Noi andiamo nelle scuole, è un mondo ma non basta quello che noi possiamo fare nelle scuole. Il ministro della Pubblica istruzione che è venuto qui ci ha indicato come siano necessarie altre soluzioni. Cioè la scuola, tutta la scuola deve essere coinvolta in un processo che consenta che queste informazioni circolino nell’ambito di tutti gli istituti perché sia creata una situazione dì informazione più diffusa proprio dei momenti in cui si forma la coscienza del cittadino nell’ambito degli istituti scolastici.
Abbiamo anche convenuto quindi sulla necessità di una organizzazione nuova, di un ammodemamento dei nostri strumenti. lo parlo proprio di computer, raccolta computerizzata delle informazioni, banca dati per le varie sezioni italiane, banca dati a livello internazionale, perché noi dobbiamo collegarci con le nostre banche delle associazioni della deportazione italiana e con quella della Francia, del Belgio, della Germania, dell’Austria, cioè non possiamo noi avere una Europa unita del mercato, della lira o delle monete. Questa Europa unita del mercato e della lira fa arrivare magari la Deutsche Bank sulla piazza del Comune di Prato, ma si inserisce obiettivamente soltanto in quella concezione dell’azienda Italia, e dell’azienda Francia, dell’azienda Germania, dalla quale non può che scaturire un uomo mercantile (non voglio dire in senso spregevole), che però non ha aggancio col passato.
Se vogliamo che questa Europa sia anche l’Europa della Resistenza europea, della democrazia europea, dell’impegno a una promozione sociale e dei lavoratori europei, bisogna necessariamente che questa battaglia nostra della memoria storica diventi una battaglia europea. Allora il collegamento dei nostri computer, le banche dati nostre con le banche dati di altri; e qui il problema con chi fare tutto questo, la necessità di un nostro collegamento con l’Università, con gli Istituti storici della Resistenza, con gli Istituti storici dell’Università, con la scuola, con il mondo della cultura. La relazione di Collotti è una relazione fondamentale, ci ha dato una serie di indicazioni. Ci sono Centri studi e di ricerche, noi dobbiamo essere collegati con tutti.
Abbiamo anche concordato sulla necessità di un nostro rinnovamento. Qui c’è qualche equivoco da chiarire. Io non vorrei che il rinnovamento si concepisse con un rinnovamento soltanto di età: fai entrare qualcuno al tuo posto nella associazione e nel Consiglio nazionale ci metti dei giovani e tutto finisce lì. Non è questo; il rinnovamento dell’associazione innanzitutto è un rinnovamento concettuale, un ammodernamento degli strumenti della ricerca, una concezione della ricerca diversa, una concezione moderna della raccolta dei dati, banche dati, questo è il rinnovamento vero. Che lo faccia poi il vecchio gruppo, avvalendosi delle strutture deputate alla ricerca, gli Istituti storici, i professori, per avere della professionalità e della tecnica è un conto, invece dire entrate voi usciamo noi è un poco il realizzare inconsapevolmente la tragedia di Re Lear. E non è questo il punto, è una concezione secondo me un po’ elementare, meccanicistica, del rinnovamento.
Sicuramente i giovani devono entrare, e devono entrare nelle sezioni, devono entrare nelle sezioni e collaborare proprio alla direzione, all’operatività della sezione, ma non è che il problema della nuova organizzazione tu lo risolva soltanto immettendo nel Consiglio generale della nostra associazione alcuni giovani. Non è questo a mio avviso il punto, pur dovendo noi continuare in questo processo di rinnovamento. Questo io credo che sia lo schema delIe scelte che noi abbiamo mantenuto in questi giorni di lavoro, e sotto questo profilo io penso che sia forse il congresso più importante e di rifondazione della nostra associazione.
Personalmente mi risento rilanciato nell’ottimismo dell’azione, e vorrei, spero, anzi sono convinto che anche voi tutti abbiate ricevuto da questo nostro incontro in questi giorni questa spinta ottimista verso l’azione futura che andremo compiendo con mezzi che rinnoveremo e in collaborazione con nuove capacità professionali. Non solo con energie fisiche, perché non è qui tutto il problema, sarebbe un errore pensarlo, ma con le capacità professionali, con le capacità tecniche degli studiosi, dei ricercatori, dei giovani. Questo io credo che dovrà essere il messaggio che esce da questo nostro congresso. Grazie.