TEO DUCCI – Spero che abbiate tirato il fiato dopo le molte e interessanti relazioni che abbiamo ascoltato. Fra le varie relazioni che abbiamo sentito questa mattina dei presidenti dei Comitati internazionali è venuta fuori spesso l’osservazione che questi Comitati dovrebbero collegarsi, collaborare molto più strettamente. Io vorrei ricordare che ormai 15 anni fa, a Bruxelles nel 1977, di fronte a una situazione di emergenza che abbiamo dovuto fronteggiare, delle SS che in Germania pubblicamente si riunivano e manifestavano, si è costituita una alleanza temporanea che si chiamava “Iniziativa Internazionale”, alla quale hanno aderito 118 organizzazioni nazionali, e questa Iniziativa Internazionale ha ottenuto il divieto di manifestare pubblicamente per le SS.
In Germania il Governo ha emesso un decreto per cui questi signori potevano riunirsi sì in birreria o dove volevano per parlare di donne, di sport, anche di politica, però non potevano uscire e tanto meno all’aperto potevano ostentare i loro distintivi. Subito dopo si è verificato un pericolo. Che i crimini nazisti andassero in prescrittibilità, e la stessa organizzazione si è battuta per ottenere l’estensione sine tempore della perseguibilità dei crimini nazisti.
Abbiamo portato a Colonia 30.000 persone e Maurice Goldstein ha parlato nella piazza di Colonia, protetti a dir la verità da 1.600 poliziotti, esponendo i nostri pensieri. Questa alleanza evidentemente è stata relativamente facile, perché era un’alleanza contro qualcosa, qualcosa di tangibile, di coinvolgente, perché mobilitare la gente contro è sempre relativamente facile.
Mobilitare la gente, soprattutto i giovani, per qualche cosa è a volte più difficile. E il problema che noi abbiamo da affrontare è proprio questo, e per questo siamo venuti a Prato: dare un futuro alla memoria, trovare un argomento o degli argomenti che siano coinvolgenti, che possano veramente incidere sulla coscienza della gente e indurre la gente a muoversi. Si è parlato molto oggi di memoria, ma la memoria della quale ho sentito parlare è prevalentemente la memoria del crimine. E’ chiaro che il crimine non si può dimenticare, il crimine non si deve dimenticare, ma c’è anche un’altra memoria: la memoria positiva. La memoria di quelli che ci hanno aiutato, la memoria di quelli che si sono sacrificati per aiutare, e lo credo che su questo tema dovremo concentrare la nostra attenzione. Perché rievocare i crimini, tutte quelle cose spaventose delle quali noi siamo stati testimoni, è emotivamente abbastanza facile, sono argomenti strappalacrime, sono argomenti di forza emotiva, ma spiegare certe cose positive può essere più importante.
Allora io mi domando come mai il film SchindIer’s List ha scatenato una emozione internazionale, come mai questa scoperta di quest’uomo, che forse era un avventuriero, o forse era anche un mascalzone, però ha fatto qualche cosa, ha salvato 2.000 persone, come mai questo film ha ottenuto questa enorme eco? E come mai dopo questo film la gente ha scoperto anche in Germania che non c’era soltanto Schindler, c’erano tanti altri? Cosa sarebbero state la deportazione e la Resistenza senza l’aiuto delle persone che ci hanno ospitato, che ci hanno dato documenti falsi, che ci hanno permesso di sopravvivere? E’ una cosa alla quale ogni tanto io accenno: il giorno in cui a Berlino le forze sovietiche hanno alzato la bandiera rossa sul Reichstadt, a Berlino uscivano dalla clandestinità 1.200 ebrei. Vuol dire che 1.200 non ebrei, 1.200 tedeschi di Berlino hanno per mesi, per anni nascosto questa gente, gli hanno dato da mangiare, gli hanno procurato documenti falsi, gli hanno permesso di sopravvivere.
Sono argomenti certamente di grande valore, è molto difficile spiegare e trasmetterli. Venendo qui io non mi sono illuso che si possano sentire proposte concrete di come dare un futuro alla memoria, questo è un argomento che probabilmente piccoli gruppi dovranno elaborare. La memoria storica, il contributo degli storici, tutto quello che abbiamo sentito è certamerite importante, però trovare il modo di muovere soprattutto i giovani, muoverli nella direzione giusta su certi valori che bisogna specificare, bisogna chiarire quali sono. Perché non basta dire i valori, questo credo sia il nostro prossimo compito.
Io sono ormai in un’età nella quale credo mio dovere passare il testimone a dei più giovani; purtroppo i giovani anche qui stasera non sono molti. Io credo che un grande sforzo organizzativo che noi dovremo compiere è proprio quello di coinvolgere questi giovani. Io l’ho scritto anche sul Triangolo Rosso: purtroppo stranamente la seconda generazione italiana non ha dimostrato la stessa sensibilità che dimostra, per quanto io sappia, l’equivalente generazione tedesca o addirittura quella americana.
In America esiste una grossa organizzazione che si chiama “Second Generation”; io ricevo quasi settimanalmente i programini del grande museo di Washington e sono sorpreso delle attività che questo museo svolge. E so per testimonianze dirette che queste attività sono in gran parte promosse e portate avanti da questi nostri figli e nipoti della “Second Generation”. Vediamo, per quel poco che ci resta, per quel molto che resta da fare, questo credo dovrebbe essere l’impegno da prendere oggi, altrimenti era inutile venire qui a Prato.
GIANFRANCO MARIS – Ringraziamo Teo Ducci, come sempre puntuale. Venegoni lo conoscete, è stato oltre tutto un abilissimo sostituto del nostro compagno Saba, che ricordiamo tutti, è l’attuale direttore del Triangolo Rosso, è uno di quei giovani sui quali possiamo contare.