PIETRO AMENDOLA Associazione nazionale ex perseguitati politici italiani antifascisti
“Creiamo un’unica grande Fondazione della Resistenza”
Cari amici delegati, questo vostro congresso, a quanto ho capito, non è l’ultimo soltanto, ma al tempo stesso è anche il primo, altrimenti avrebbe fatto veramente male.
E io sono assai lieto e onorato di recarvi il saluto beneaugurale e affettuoso di una associazione che è vostra stretta sorella, quale appunto l’Anppia (Associazione nazionale dei perseguitati politici italiani antifascisti); un saluto reso ancora più affettuoso, per quanto mi riguarda personalmente, dalla circostanza che anch’io sono già da qualche anno tesserato all’Aned di Roma, e tesserato non soltanto per via dei miei cari parenti ebrei che ebbero anch’essi i loro congiunti deportati e sterminati ad Auschwitz, ma anche per ricordare ed onorare i miei compagni di detenzione nelle carceri fasciste, uno di quali, tra i pochissimi scampati alla morte, è proprio il nostro sempre carissimo Giovanni Melodia.
E io credo di interpretare il sentimento unanime dei presenti inviando a Giovanni, trattenuto a Roma dalle sue sempre più precarie condizioni di salute, tantissimi fervidi auguri e un forte abbraccio. Ritengo inoltre di affermare che a maggior ragione l’Anppia si considera una vostra stretta sorella in quanto il nostro Segretario generale, compagno Dal Pons, ha dato, anche con la mia doverosa seppur limitata collaborazione, un grosso contributo, in stretta intesa col vostro presidente Maris e con l’amico Bettaccini, alla presentazione al Parlamento e alla successiva travagliata approvazione della legge 28.1.1994 n. 94 relativa alla reversibilità dell’assegno vitalizio per gli ex deportati nei campi di sterminio. E ancora di recente, il 18 febbraio, a Milano Maris per l’Aned ed io per l’Anppia abbiamo sottoscritto una memoria per il direttore generale delle pensioni di guerra, memoria redatta con un altro grosso contributo del compagno Dal Pons, con la quale si confutano, anzi si demoliscono, tentate interpretazioni restrittive della legge 94, sia per quanto riguarda l’età pensionabile, sia per quanto riguarda i limiti di tempo per la presentazione delle domande di reversibilità.
Ma noi.Anppia, se abbiamo dato il nostro fraterno doveroso sostegno all’Aned nella vostra giustissima rivendicazione di una completa parità nei pur limitati riconoscimenti di carattere economico da parte dello Stato tra deportati politici e campi nazisti e perseguitati politici antifascisti, diciamo che ben maggiore è stato ed è l’aiuto reciproco sul piano assai più essenziale storico-politico che è intercorso e continua a intercorrere tra l’Aned e l’Anppia. Mi riferisco all’intensissima altamente meritoria opera dell’Aned, instancabilmente intesa a far conoscere soprattutto alle giovani generazioni tutta la verità su quella che fu l’orrenda realtà dei campi di sterminio.
Quest’opera vostra efficacissima, particolarmente quanti ricordi crudeli dei deportati sono accompagnati da sussidi audiovisivi, da spezzoni di filmati dell’epoca, da mostre fotografiche, ha reso più agevole il compito nostro di ex perseguitati politici, quasi dei battistrada, specie quando siamo andati insieme a parlare nelle scuole, il compito nostro di far conoscere, di far capire ai giovani studenti cosa furono effettivamente, cosa rappresentarono quel fascismo e quel nazismo che furono alla radice di un accaduto tanto disumano, mostruoso, quale appunto i campi di sterminio. Amici delegati, abbiamo ancora un compito da assolvere che ci accomuna: continuare ad accrescere finché saremo in vita e conservare e custodire gelosamente, non permettere che venga mai dimenticata la memoria storica di quegli avvenimenti terribili. Memoria storica ovviamente che non è fatta di fatti singoli estrapolatí, ma è tutta una successione, una concatenazione di fatti.
La memoria storica di quegli anni drammatici, perché questi fatti non si ripetano, non tornino mai più. E’ un compito, un dovere da assolvere ancora e soprattutto oggi quando dobbiamo dolorosamente constatare che la mala pianta della intolleranza, del diniego della dignità della persona umana, del diniego della vita umana, questa mala pianta alligna ancora e sparge abbondanti semi di odio, di razzismo, antisemitismo, non soltanto odio etnico, odio tribale, odio religioso, e questa pianta si alimenta di abbondanti rívoli di sangue per continuare a scorrere in tutte le parti del mondo. L’assolvimento del compito che ci è assegnato significa dunque in primo luogo denunziare implacabilmente tutto il male vissuto fin negli aspetti estremi, ma denunziare al tempo stesso le radici, le cause del male, quelle prossime e quelle più lontane. Cause che hanno un solo nome, così come avvenne in Italia e in Germanía: la perdita della democrazia, delle libertà democratiche, la ínstaurazione di regimi autoritari e totalitari che si chiamarono fascismo e nazismo, rendendo evidente allora a noi nella trasmissione della memoria storica che abbiamo accumulato il nesso inscindibile causa-effetto tra il venire meno delle libertà democratiche e la nascita di regimi che arrivarono da ultimo a generare i campi di sterminio.
Ma in secondo luogo il pieno assolvimento di questo corripito ci impone a non limitarci a ricordare il passato, quasi a esorcizzarne il ritorno, ma proprio affinché il passato, sia pure sotto altre mentite spoglie, non possa mai più tornare, abbiamo l’obbligo inderogabile di tenere gli occhi bene aperti sul presente della nostra Italia e il conseguente obbligo di denunziare immediatamente tempestivamente qualunque insidia, ogni minaccia alla libertà e alla democrazia. Libertà e democrazia che riconquistammo a caro prezzo di lacrime e di sangue contro fascisti e nazisti cinquant’anni fa. Ed è proprio nel cinquantenarío della Resistenza e della guerra di liberazione dell’ormai prossimo 25 aprile che noi dobbiamo affermare tutto il nostro impegno nella crisi gravissima che l’Italia attraversa a dare anche noi una mano perché sia sbarrata la strada del potere a quanti stanno operando forsennatamente, noncuranti di leggi e di codici, contro il bene della Patria, per impossessarsi del potere e per arrivare a stravolgere la Costituzione della nostra Repubblica.
Questa Costituzione che è con tutti i suoi valori di libertà, di democrazia e di giustizia sociale l’espressione della ventennale lotta antifascista e della eroica resistenza partigiana. Bisogna assolutamente sbarrare la strada a tutti costoro che vorrebbero riportarci sulla strada rovinosa e tragica del capo, il gran capo salvatore della patria, dei plebisciti una tantum che sostituiscono la quotidiana democrazia rappresentativa dell’assorbimento di ogni potere, di ogni istítuzione o volontà di interessi del capo e dei suoi accoliti, la strada, in parole povere, di un nuovo regime autoritario.
Ma come potremo, amici cari, assolvere a tutti questi compiti, a questi impegni, ridotti come siamo ormai a poche migliaia di superstiti, sempre più anziani, acciaccati, debilitati? Vedo che voi, preoccupandovi giustamente del futuro di quando non ci saremo più, preoccupandovi che non vada abbandonata, smarrita, quanto meno non più adeguatamente conservata ed utilizzata tutta l’imponente memoria storica che avete raccolto e accumulato, e anche noi abbiamo accumulato e raccolto, pensate alla fondazione. E anche l’Anppia e le altre associazioni partigiane, mosse da uguali preoccupazioni, pensano alla loro fondazione. Ma allora, diciamo noi Anppia, se c’è il nesso inscindibile: perdita della democrazia, fascismo e nazismo, guerre contro la libertà dei popoli, campi di sterminio, e c’è l’altro nesso inscindibile: lotta antifascista, perseguitati politici, Resistenza, partigiani combattenti, deportati politici, se c’è insomma una comunanza di memoria storica, memoria storica complessiva, tra tutte queste ed altre ancora associazioni consorelle, perché allora non pensare a un’unica grande fondazione che, pur salvaguardando al suo interno l’identità storica di ogni sua componente, sia pienamente unica e unitaria nella sua dimensione nazionale e nelle sue articolazioni locali? Perché non pensare che una fondazione siffatta avrebbe autorevolezza e prestigio tali da poter raccogliere il fiore degli storici e dei ricercatori, tale da poter più agevolmente ricevere doverosi e adeguati finanziamenti dalle istituzioni ad ogni livello, e tali soprattutto da esercitare una forte attrazione verso quei giovani, universitari e non, ma tutti seri studiosi impegnati nelle battaglie democratiche, in grado di proseguire l’opera nostra per la conservazione della comune memoria storica.
Ed io vi lascio con questa domanda, attendo una risposta a questa domanda e vi rinnovo il saluto più caloroso e fraterno.
MARIS – Do notizia di alcuni telegrammi. Quello di Antonio Monticelli, vicepresidente del Consiglio regionale de Piemonte, quello di Paolo Arrigoni, presidente regionali per la Lombardia. Entrambi ringraziano per l’invito e mandano il loro saluto e i loro auguri. Quello del sindaco Filippo Penati della città di Sesto San Giovanni. Voglio leggervi soltanto la parte finale, quando ricorda che la città di Sesto San Giovanni ha ricevuto la medaglia d’oro al valor militare grazie al contributo anche delle vite perse per la libertà dei deportati. Molti sono stati i deportati a Mauthausen, soprattutto a Gusen, centinaia e centinaia in occasione degli scioperi dei marzo del ’44. “Voglio rivolgere un sentito pensiero ai tanti cittadini sestesi che hanne perso la vita nei campi di sterminio, e un particolare commosso ricordo a tutti gli italiani deceduti durante la guerra di liberazione ed in seguito alle lunghe sofferenze patite con le deportazioni”.
Infine un telegramma da parte di Rosy Bindi: “Sono veramente rammaricata di non poter intervenire al congresso dell’Aned e desidero esprimere la mia totale adesione e l’augurío per i vostri lavori, sottolineando la comunanza profonda agli ideali ancora oggi attualissimi e talora messi a rischio da atteggiamenti sconsiderati. Il sacrificio dei vostri aderenti non deve risultare vano e deve porsi come riferimento per ogni impegno morale e civile”. Grazie a Rosy Bindi, e veda di fare qualcosa.