Saluto di RINALDO BAUSI Federazione italiana volontari della libertà
“Il Cinquantesimo non è una fine ma un punto di partenza”
Cari amici dell’Aned, caro presidente, vi porto un saluto cordialissimo da parte della Federazione italiana volontari della libertà e del suo presìdente sen. Taviani. Consentitemi pochissime riflessioni, che è giusto si facciano al di là dei saluti formali. La prima. Credo che ìn questo arco dei due anni che ricordano il 50′ della Resistenza e della lotta di liberazione si sia riconfermato un fatto molto importante, cioè quello della unità della Resistenza. Tutte le espressioni della Resistenza e della lotta di liberazione si sono ritrovate, noi l’abbiamo constatato anche nelle tante manifestazioni, che si è sentita proprio questa unità della Resistenza soprattutto in nome di alcune considerazioni molto precise. Lo ricordava stamani il vostro presidente Maris, la Resistenza non è nata l’8 settembre del ’43, è nata prima. E’ nata con l’antifascismo, è nata con quanti hanno reagito alla tirannia fascista, è nata anche, diciamo pure, per una resistenza silenziosa durante il fascìsmo, ma molto precisa, che sì è rafforzata non soltanto per le battaglie partigiane, ma si è rafforzata con quanti sono saliti sui treni dolorosi che hanno portato ai campi di sterminìo e anche poi ai campi di internarnento per tanti militari. Questo si è sentito, cioè in nome di questi valori unìtari che hanno legato proprio tutta la lotta di resistenza e che ancora ci portano a dire: dobbiamo testimoniare con ferma volontà questi valori. Questa è la prima osservazione che va fatta, però questa comporta un’altra considerazione. Se questo è vero, se questa unità della Resistenza si è sentita proprio per i valori che sostengono la Resistenza e la lotta di liberazione, occorre pensare a come mantenere ancora, guardare al futuro. lo stamattina sentivo Maris che leggeva quelle considerazioni che hanno una loro ìmportanza, quella sulla fine fisiologica dell’Aned. Amici, vi devo dìre che questa sorta di de profundis percorre un pochino tutte le nostre associazioni, io lo sento continuamente. L’altro giorno lo stesso, da parte di una federazione dell’Anpi che diceva: cominciamo a pensare, proprio per quello che ricordava l’autore dell’articolo che Maris leggeva, pensare a stabilire rapporti, a travasare il tutto, per esempio, negli studiosi giovani degli Istitutì storici della Resistenza. lo non credo che questa sia la strada giusta e tutte le volte che sento dire queste cose sono anch’io con Maris quando dice che i testimoni chiuderanno la loro testimonianza nel momento in cui l’ultimo testimone morirà. Ma ancora non siamo arrivati all’ultimo testìmone, anche se abbiamo ormai quasi tutti varcato i 70 anni. E direi siamo arrivati in questa condizione anche abbastanza bene. Quando si fanno le riunioni degli antifascisti tutti quanti osservano, anche per gli interventi che fanno in manìera arguta e soprattutto vivacissima, molti esponenti dell’antifascismo toscano: “Ma l’antifascismo fa veramente bene, perché mantiene giovani e soprattutto mantiene lucìdì fino ad età molto avanzata”. Allora ìo direi, non cì lasciamo prendere da questa sorta funerea di ormai un’imminente fine. Stabiliamo rapporti strettìssimi con le nuove energie che lavorano all’interno deglì istitutì storìci, ma non lasciamo però agli istituti storici e alle aule universìtarie, ai docenti universitari soltanto la fiaccola fino a che ci sono i testimonì. E direi che in moltissime parti il rapporto che abbiamo stabilito è un rapporto molto interessante, anche se occorre vìgilare, perché in genere i giovani studìosi tendono un pochino a spostare il centro degli interessi a quella che è un’indagine storiografica fine a se stessa, e non per andare a capire veramente. Però generalmente c’è una buona comprensione e si stanno gettando semi che potranno dare frutti interessanti. Noi avevamo pensato, proprio per la memoria e la conoscenza, diamo un futuro alla memoria, ad alcune iniziative interessanti nell’ambito del 50′ della Resistenza e della Liberazione, una di queste era: un treno per Auschwitz. Sarebbe dovuto partire dalle città della Toscana un treno, riprendendo una consuetudine da tempo esìstente che porta i giovani in vìaggi di studio ai campi di sterminio, ma un treno dalle diverse città toscane per arrivare ad Auschwitz, un treno che non doveva essere semplicemente un mezzo di locomozione, di trasporto, ma era un luogo dove avere mornenti di studio, di riflessione, di contatto da parte dei giovani con i testimoni. Era un treno di giovani che avrebbe avuto questo compito. Tra l’altro, e questo non guasta, cercando anche di colpire un’opinione pubblica che in questi giorni, in questi tempi è più attenta ad ascoltare le cose che in un certo senso fanno notizia e fanno colore che non la severità degli studi e delle ricerche. E abbinando questo alla possibilità di percorrere l’Italia, poi i campi di sterminio in Germania con questi giovani studenti che in questo percorso avrebbero studiato, avrebbero riflettuto, avrebbero dibattuto i temi della democrazia, riandando alle esperienze di cinquant’anni fa, e soprattutto si sarebbero incontrati con i testimonì. Purtroppo devo dirvi è una iniziativa che non è andata a buon fine, l’avevamo proposta al Comitato nazionale per il Cinquantenario. lo non voglio aprire polemiche, ma credo che sia su queste cose che noi dovremo insistere, perché altrìmenti passato il 1995, il 50′ della Resistenza, noi non avremo più un’opinione pubblica attenta a queste cose. t vero, noi lavoriamo, entriamo nelle scuole, però soprattutto cerchiamo allora di dare messaggi forti, esperienze forti come diceva Maris, ma in questo senso. Cercando cioè di cogliere particolari momenti che in questo caso ci vengono offerti dal 50′ della lotta di liberazione, e quindi in queste iniziative con manifestazioni che attivino il rigore della ricerca, l’aìuto per portare i giovani soprattutto a rìcercare e riflettere con queste cose che anche apparentemente possono dare un segno visibile del valore di queste cose. Amici, ho detto questo perché anche qui se credete nel dibattito che ci sarà si apra un pochino la discussione per vedere come sono andate le cose per il 50% per vedere che cosa possiamo proporre, soprattutto per dirvì che non dobbiamo finire con il 50′ della Resistenza. Con la fine delle iniziative per il 50′ della Resistenza e della lotta di liberazìone non finisce la riflessione e soprattutto non finisce, non deve finire il nostro apporto perché sia viva, sia presente, sia ancora suscitatrice dì partecipazione alla demo- crazia italiana che certamente non è difficile in questi momenti. Quando leggo ad esempio: “Finalmente Rocco ha scelto. Fra il presidente Scalfaro e me ha scelto me”. Questa non è politica amici, questa è la più bassa demagogia che si possa fare. t contro queste cose che dobbiamo reagire ancora con la nostra capacità. Auguri di buon lavoro.
MARIS – Leggo alcuni messaggi. Uno del sindaco di San Miniato, Alfonso Lippi: “Riconoscente e consapevole per l’insostituibile ruolo di memoria storica collettiva svolto dall’Aned formulo auguri vivissimi di buon lavoro”. Un altro dell’on. Mauro Vannoni, che si duole di non poter essere presente con il ministro Lombardi che invece è venuto e ha parlato e che porge saluti e auguri di buon lavoro. Uno della nostra, e mi duole che oggi non ci sia Liana Mìllu nella fase del nostro congresso nella quale si tratteranno i problemi della deportazione femminile.