“Lo sviluppo dell’Associazione Nazionale Ex Internati dal dopoguerra ad oggi”

L’8 maggio del 1945 terminavano le operazioni di guerra. Nei 284 lager nazisti sparsi in tutta  Europa, erano sopravvissuti circa 570.000 militari italiani. Dai 60 ai 70.000 erano morti. Il rimpatrio dei sopravvissuti avvenne in date diverse tenuto conto delle esigenze e delle disponibilità soprattutto di mezzi delle forze alleate.
Il rientro in patria, terminò  approssimativamente entro l’autunno del 1945. È facile immaginare lo stato di confusione e di smarrimento di questa massa di reduci dopo due anni  di patimenti, sofferenze di ogni genere, soprusi, maltrattamenti.
Un certo spirito di solidarietà fra questi uomini li spinse in un primo momento a riunirsi sporadicamente  e senza coordinamento unitario fin dalla fine del 1945. Una specie di Comitato Nazionale di Reduci dalla Prigionia sorge già alla fine del 1945 ma l’attuale Associazione nazionale Ex Internati fu costituita ufficialmente solo con decreto del Presidente della repubblica n.403 del 2 aprile 1948 come Ente Morale e con residenza in Roma (successivamente con la legge in data 1 dicembre 1977 n.907 gli I.M.I – Internati Militari Italiani – furono considerati “Volontari della Libertà” in applicazione del decreto luogotenenziale n.350 del 3 maggio 1945).
Nel contempo si erano costituite altre associazioni similari come, per esempio, l’ANRP (Ass. Naz. Reduci dalla Prigionia dall’internamento e dalla guerra di liberazione), ANCR (Ass. Naz. Combattenti e Reduci) nelle quali erano confluiti altri reduci dall’internamento, creando una dispersione di associati che in seguito si è rivelata molto deleteria per gli stessi reduci. Oltre queste associazioni, diciamo ufficiali, si erano costituiti altri piccoli gruppi  di ex internati che si erano trovati in particolari situazioni durante la prigionia. Si possono ricordare  a tal proposito il GUISCO (Gruppo Ufficiali dello Strafflager di Wietzendorf), il TRESENTVITTOR (gruppo ufficiali milanesi cui si sono aggiunti altri ex del campo di Wietzendorf) e per ultimo i “147 di Biala Podlaska” (147 ufficiali non optanti sui 2600 ufficiali presenti in quel campo).
L’A.N.E.I. è la principale di queste associazioni che ha raccolto il maggior numero di associati.

Lo scopo principale dell’A.N.E.I. era stabilito dall’articolo 2 dello statuto che recita testualmente “ Essa (l’ANEI) ha per scopo di assistere moralmente  e materialmente tutti coloro che, civili o militari, furono internati in Germania o altrove dopo l’8 settembre 1943 ad opera delle autorità tedesche o fasciste contribuendo col loro sacrificio alla lotta della resistenza per i fini ideali della rinascita di un’Italia libera”.
L’assistenza prevista dal citato articolo dello statuto fu ovviamente dettata dalla necessità di intervenire nei numerosi casi di bisogno soprattutto materiali in cui si trovava la maggior parte dei reduci dei campi di concentramento. La massa era costituita da semplici contadini o gente comune, molti dei quali con famiglie a carico senza però nessuna risorsa.
Vista la necessità di giungere anche nelle più lontane periferie, lo statuto prevedeva una ripartizione  territoriale. Fu prevista allora la costituzione di Federazioni Provinciali in tutta l’Italia e sezioni autonome nei Comuni per la gestione  in loco degli interventi.
Burocraticamente l’associazione ha una costruzione piramidale con apice nella Presidenza Nazionale costituita da un Presidente, un Consiglio Nazionale e una giunta nazionale.
Nei primi tempi della sua costituzione l’ANEI ha goduto di un cospicuo contributo del Ministero  della Difesa che negli anni successivi è andato via via scemando fin quasi ad annullarsi negli ultimi anni.
Per questi motivi e soprattutto per la perdita per decessi dei suoi soci ormai ultraottantenni, l’Associazione ha esaurito il suo compito e le sue risorse al punto tale da considerare la sua fine con la chiusura del sodalizio.

L’attività svolta è stata ed è (ove possibile) molteplice. Tavole rotonde, seminari ed interventi vari sia in Italia che all’estero hanno distinto una proficua attività che si va purtroppo spegnendosi per ragioni di…anagrafe.
Ma è doveroso rimarcare gli interventi veramente assistenziali operati dall’ANEI nel primo dopoguerra. Come sopra detto la massa di dei reduci era costituita da gente comune che al ritorno dopo anni di guerra si era trovata senza alcuna risorsa. Si è dovuto necessariamente intervenire con tangibili soccorsi soprattutto in denaro. Altri interventi furono costituiti, nelle feste natalizie, per  esempio, con doni per i bambini dei soci i quali, altrimenti, non avrebbero potuto godere di queste piccole gioie.
Tra le altre importanti attività vanno ricordate: la cura della memoria dei Caduti nei lager con cerimonie commemorative in tutto il territorio nazionale (a Milano ogni anno si celebra, al Tempio  di San Sebastiano, una messa in suffragio dell’internato ignoto sepolto in una cappella  del Tempio stesso);  ricerche e studi per approfondire la conoscenza dei lager, dei luoghi di lavoro, dei personaggi della vita concentrazionaria e per divulgarne l’informazione; partecipazione a seminari ed incontri, intervenendo nelle scuole  di ogni grado per l’illustrazione dell’internamento; seguire le vicende che sul piano nazionale ed internazionale riguardano gli ex internati fornendo ad essi  supporto informatico, consultabile e promuovendo iniziative intese ad assicurare il rispetto dei diritti; cura di pubblicazioni sull’internamento e sulla deportazione e pubblicazione di un bollettino per l’informazione periodica su ricerche, studi, vita ed attività dell’Associazione.

Resta un’amara e dovuta rassegnazione per non essere riusciti, nonostante, i molteplici interessamenti, anche con l’intervento del Presidente della Repubblica, a risolvere il doloroso problema dell’indennizzo ai nostri militari costretti al lavoro. Con la legge con cui la Germania aveva deciso di risarcire i lavoratori coatti rinchiusi nei lager nacquero speranze, negli interessati, almeno di un riconoscimento dei loro sacrifici per il lavoro in condizioni disumane svolto obbligatoriamente per i tedeschi. Per parecchi mesi l’Associazione fu presa d’assalto dai reduci per essere aiutati nella compilazione del complicato questionario da inviare all’O.I.M., ufficio incaricato di ricevere le richieste.
 La delusione non tardò ad arrivare. Le autorità tedesche sostenendo che gli Italiani erano prigionieri di guerra, li esclusero dal beneficio. Ma al tempo dell’internamento i nazisti non vollero affatto considerare gli italiani “prigionieri di guerra” escludendoli così dalle norme della Convenzione di Ginevra, ma li considerò “internati militari” termine creato forse “ad hoc” per  escluderli completamente da qualunque beneficio. Questa discrepanza di giudizio è stata persino oggetto  di liti giudiziarie nelle quali le corti tedesche hanno riconosciuto il buon diritto degli italiani. Ciò nonostante il governo tedesco ha ribadito le sue tesi per il rifiuto.

Oggi l’Associazione, come detto prima, è in dissolvimento. Non si può, purtroppo, dire  che le autorità si preoccupino più di tanto della conservazione  e rivalutazione di quel capitolo triste e doloroso della storia italiana. Anzi. Sorgono così iniziative locali per perpetuare un ricordo di una pagina della nostra storia. A Milano, per esempio, personalmente sto facendo tutto il possibile per lasciare una traccia, una memoria della nostra esistenza, grazie anche all’aiuto di un gruppo meraviglioso di giovani. Ci riuscirò? Non posso che augurarmelo.