Giuseppe Consoli era nato il 5 luglio 1897 a Milano. Fin da ragazzo militò nell’organizzazione giovanile socialista per poi aderire nell’agosto del 1943 al partito comunista. Risiedeva a Milano con la moglie Giuseppina Favini e lavorava all’Isotta Fraschini, nello stabilimento di Meda, in Brianza, rilevata dal conte Giovanni Caproni per la produzione di motori aeronautici e autocarri.
Qui Consoli svolse un’intensa opera di propaganda antifascista, contribuendo a organizzare i grandi scioperi del marzo e dell’aprile 1944. Per questa sua attività fu arrestato a Meda l’1 agosto 1944 e internato a San Vittore.
Dal carcere uscì solo all’alba del 7 settembre 1944 quando nel cortile del carcere fu composto un lungo convoglio di corriere per portare alcune centinaia di uomini e di donne, prigionieri politici ed ebrei, nel campo delle SS di Bolzano. La sosta a Bolzano durò meno di un mese perché già la mattina del 5 ottobre 1944 Consoli fu deportato nel Lager nazista di Dachau, presso Monaco di Baviera. Dopo quattro giorni di viaggio, il 9 ottobre 1944, a Dachau gli furono assegnati il numero di matricola 113222 e il triangolo rosso che contrassegnava i prigionieri politici.
Dopo sole 3 settimane circa un nuovo trasferimento: il 27 ottobre 1944 giunse nel Lager di Buchenwald, vicino a Lipsia, dove fu nuovamente immatricolato con il numero 94442 e fu assegnato al sottocampo di Bad Gandersheim. Qui i deportati erano impiegati a riattivare degli impianti industriali per la fabbricazione di aeroplani. Le terribili condizioni di lavoro e di detenzione, la fame, il freddo, le violenze subite portarono Consoli a uno stato di estremo deperimento; il 23 gennaio 1945 lo stroncò una polmonite. La sua salma è tumulata nel cimitero militare italiano di Amburgo.
Nel dopoguerra Vitaliano Zappi, che ha condiviso con lui tutto il percorso della prigionia ha raccontato di come, pur nelle condizioni disumanizzanti del lager, Consoli riuscì a mantenere vivo uno spirito indomito, tanto da diventare un punto di riferimento e di sostegno per molti giovani deportati: “Era diventato il papà mio e di tutti i giovani che sempre erano attorno a lui a sentire la sua parola ferma di incitamento alla resistenza al patimento del campo”. Consoli diceva che “solo i giovani potranno domani essere quelli che avranno nelle loro mani l’eredità di tutti coloro che per la lotta sostenuta clandestinamente hanno finito i loro giorni nelle più atroci torture”.