Distruzione del sistema nazista di gallerie “Bergkristall”

 
L’orribile luogo di lavoro schiavo all’interno dell’enorme sistema di gallerie sarà ben presto dimenticato. Questo sarà l’effetto dell’opera di distruzione che è attualmente in corso a St. Georgen an der Gusen, Austria (vedi foto).

Gli schiavi del Campo Gusen II sono stati costretti ad allestire, a 3 km dal Campo, delle enormi gallerie sotterranee destinate al lavoro forzato. Prima furono costretti a scavarle, poi a costruire nel loro interno il famoso jet da caccia tedesco “ME 262” Messerschmitt.

Si stima che almeno 10.000 prigionieri siano morti durante i lavori all’interno di queste gallerie. Essi sono stati uccisi, picchiati a morte, strangolati e costretti a lavorare fino alla morte, quando non erano in grado di sostenere il durissimo ritmo di lavoro. Dopo essere stati sfruttati in turni di lavoro di 12 ore, non avevano nemmeno la possibilità di riposare, nei letti sporchi e infestati dai pidocchi del Campo di Gusen II, sovraffollato di prigionieri.

Dopo la fine della II Guerra Mondiale, l’esercito d’occupazione sovietica ha tentato di distruggere il gigantesco sistema sotterraneo anche facendo esplodere bombe al suo interno, ma il cemento armato delle pareti ha resistito ed è rimasto in buono stato per 63 anni, a eccezione di alcune parti danneggiate da piccoli cedimenti.
Ma da quando alcuni anni fa il Comune ha permesso la costruzione di case private sulla collina sopra il sistema del Bergkristall, la situazione è diventata difficile. Improvvisamente, il Ministero federale degli Affari Interni, che si occupa della manutenzione dei luoghi della memoria, si è trovato nella situazione di dover effettuare la riparazione di una parte del sistema di gallerie per garantire la sicurezza delle case sovrastanti. In quell’occasione, anche ciò che resta dell’ingresso principale è stato riparato.
Questo lavoro è stato svolto nel periodo 2003-2004.

Gli ex prigionieri, che erano così ansiosi di poter rivedere le gallerie e commemorare e onorare i loro compagni, però, non sono mai stati autorizzati a entrare, anche se il lavoro di stabilizzazione è stato presentato alla stampa austriaca nel mese di ottobre 2006.

Ciò che ci preoccupa profondamente è il fatto che ora sono in corso lavori di riempimento nella parte nord del sistema, sulla cima della collina, dove non esistono case ma solo campi e prati. Le autorità sostengano che i motivi di sicurezza sono tali da rendere necessario il riempimento di molte gallerie, e secondo il BIG, l’Austrian Federal Building Company, che è responsabile dei lavori in corso, solo un settimo del precedente sistema di gallerie del Bergkristall si salverà.

Il Comitato locale del Gusen Memorial ha protestato contro questo progetto di distruzione e ha inviato lettere al Comune di St. Georgen, al Ministero federale degli Interni del Governo federale austriaco e al Dipartimento di Beni Culturali (Bundesdenkmalamt). A quanto sembra, però, non vi è alcuna possibilità di fermare questo intervento di distruzione, e questo è molto preoccupante. Questo è il motivo per cui vogliamo richiamare l’attenzione della comunità internazionale.
 
Temiamo uno scenario per cui, tra dieci anni, i neo-nazisti potranno dire che la fabbrica sotterranea costruita da schiavi del lavoro deportati per distruggere l’ebraismo europeo e qualsiasi resistenza contro il regime nazista non è mai esistita. Tutte le tracce saranno cancellate e non si troverà più nessuna prova.

Chiediamo un’azione internazionale urgente per salvare ciò che rimane del più grande monumento del terrore nazista in Austria. Vogliamo che sia istituito un luogo di commemorazione al suo interno e che sia data la possibilità ai gruppi di visitatori di visitarne alcune parti. Gli storici devono poter rappresentare in una mostra al suo interno la realtà del lavoro schiavo.

E’ giunto il momento di un’azione concertata.

Si prega di informare la stampa internazionale.

                                                                        Il Comitato Gusen Memorial
                                                                                Martha Gammer

(Traduzione a cura di Primarosa Pia, gruppo deportatimaipiu.it)