CARLO BALDI
Pieve San Giacomo 1906 – Mauthausen/Gusen 1944

 

Carlo Baldi lavorava alla Breda di  Sesto San Giovanni, alla V sezione Aeronautica, come lattoniere. Era nato il 7 maggio 1906 a Pieve San Giacomo, in provincia di Cremona.
Ultimo di sei fratelli, a soli 12  anni, orfano di madre, era venuto a Milano in cerca di lavoro. A Milano ha abitato fino al suo arresto in via Forlanini 23 insieme con la moglie Luigia Piccoli e la loro unica figlia, la piccola Ivana nata nel 1935.
Come molti altri compagni di lavoro anche Carlo Baldi, uno spirito ribelle, era impegnato nella militanza antifascista e poi, dopo l’8 settembre ’43, con l’occupazione tedesca dell’Italia, nella resistenza antinazista. Un’attività rischiosa e clandestina che si svolgeva prevalentemente in fabbrica, alla Breda così come nella maggior parte delle grandi fabbriche del Nord Italia, teatro nel marzo ’43 e marzo ’44 di imponenti scioperi.
Proprio all’indomani di quest’ultima tornata di grandi agitazioni nelle fabbriche i fascisti della brigata Ettore Muti lo andarono a cercare a casa nel pomeriggio del 12 marzo 1944 per arrestarlo. Non trovandolo tornarono la notte stessa e questa volta lo catturarono. Prima imprigionato nel carcere di San Vittore a Milano e poi trasferito nella caserma Umberto I di Bergamo, Carlo Baldi fu deportato il 16 marzo 1944 insieme ad altre centinaia di lavoratori arrestati per gli scioperi.
Il viaggio in vagoni piombati durò ben quattro giorni. Il 20 marzo ’44 il treno arrivò a Mauthausen, in territorio austriaco, vicino a Linz, dove sorgeva uno dei più grandi e tragicamente famosi lager nazisti, deputato all’annientamento dei prigionieri attraverso il lavoro forzato. Qui gli fu assegnato il numero di matricola 58684. Trasferito nel sottocampo di Gusen, a pochi chilometri dal campo principale, riuscì a sopravvivere alle condizioni disumane di detenzione poco più di 7 mesi. Morì infatti a Gusen il 5 novembre 1944.
La notizia della sua morte giunse alla moglie, operaia tessile alla ditta Merati alla Bovisa, attraverso la testimonianza di alcuni reduci che avevano condiviso con lui la deportazione.