Saluto di  Giancarlo LOMBARDI (Ministro della Pubblica Istruzione)

           Ringrazio molto della cordialità dimostrata. Ringrazio il Sindaco per questo invito, che è stato tempestivo e molto amichevole. Egli ha ricordato che il motivo della mia presenza in Toscana non era questo, cioè io avevo programmato un incontro con gli studenti di Pistoia ieri pomeriggio, un incontro ieri sera con persone legate al mondo della scuola, ed abbiamo stamattina alle dieci l’incontro con tutti i Presidi della Toscana per affrontare alcuni problemi delicati e difficili che la scuola italiana in questo momento attraversa. Il Sindaco mi ha chiesto però di fare questo incontro e mi ha sottolineato l’opportunità e l’eccezionalità di questo incontro con il vostro congresso.
    Io da sempre credo alla Provvidenza, so che la Provvidenza può essere intesa a seconda delle proprie fedi religiose o ideologie in modo diverso, e cioè credo che le circostanze in qualche modo abbiano un significato, ci aiutino nelle nostre scelte, le preparino e in qualche modo condizionino anche alcune opportunità. Allora, quando il Sindaco mi ha avanzato la proposta di venire qui oggi, l’ho strettamente collegata alla opportunità, che ho considerato molto preziosa, che mi è stata data di rappresentare l’Italia a nome del Presidente Scalfaro che era impossibilitato ad andare, alcune settimane fa, nel cinquantenario dell’Olocausto ad Auschwitz, a Cracovia, e poi in pellegrinaggio sui territori e sui campi di sterminio. E’ stata per me un’occasione importante quella di riflessione, sia su ciò che è accaduto, e sia su ciò che resta oggi di questi fatti. I vostri congressi tendono a non disperdere questa memoria, e nella mia qualità di Ministro della Pubblica Istruzione ho cercato di interrogarmi su qual era il mio dovere in questa linea. Devo dire che questa riflessione non mi ha abbandonato in queste settimane, anche se il mio compito è stato prevalentemente di occuparmi di problemi organizzativi della scuola, strutturali della scuola, didattici; però ho continuamente avuto questa specie di sottofondo di dire: benissimo, cerchiamo di fare una scuola migliore, una scuola che sia più aggiornata in maniera didattica, una scuola che abbia un curriculum scolastico più adatto, un collegamento più efficace fra scuola e mondo del lavoro. Ma se la scuola non diventa luogo di insegnamento e di trasmissione di valori staremmo sempre alla superficie degli argomenti e non entreremmo nel cuore degli argomenti.
    Ho riflettuto l’altro giorno, dopo aver visto il film che in qualche modo ricordava la morte del giudice Ambrosoli, sempre sullo stesso argomento, e il collegamento di queste due emozioni mi ha portato a scrivere un breve articolo che è uscito sulla “Repubblica” dell’altro ieri nel quale, rivolto prevalentemente ai giovani, però contemporaneamente agli insegnanti, alle famiglie, agli educatori, cercavo di riflettere su questo. O abbiamo il coraggio di rifondare alcuni valori fondamentali della nostra convivenza civile, o potremo ancora rendere più moderna la nostra società, migliorare molti aspetti della convivenza esterna, dell’organizzazione esterna di vita, però a un certo momento logoreremo invece il rapporto profondo fra le persone che resta il problema della socialità, e perciò della nostra convivenza.
    Allora non vi è dubbio che se noi riportiamo la nostra attenzione sul problema dell’Olocausto la riflessione più forte è che si rischia di perdere la memoria storica; per questo è prezioso il vostro incontrarvi, il vostro celebrare e riunirvi in congresso. Io ho guardato anche il programma dei lavori, ho molto apprezzato che i momenti non siano puramente celebrativi e di ricordo, ma che ci siano anche momenti forti di riflessione come quello che è fatto sulle istituzioni, rivolto ai giovani, e quello che proprio ricorda la memoria, e cioè il titolo “La politica della memoria”. Oggi le nuove generazioni rischiano di essere tagliate fuori dalla memoria storica. La rapidità della evoluzione della società in cui siamo inseriti, lo dico senza commento critico verso la società, perché credo del tutto inutile continuare a dire com’era bello ieri, come è brutto oggi: questo mi sembra un atteggiamento educativamente assolutamente negativo, però dobbiamo constatare che la rapidità dei movimenti della società di oggi è tale da rendere molto difficile nei giovani il permanere della memoria storica. Questa è pertanto affidata agli adulti, ma gli adulti non sempre hanno voglia di fare una selezione, non sempre sono capaci di fare una selezione fra le cose importanti da trasmettere alle nuove generazioni, e quelle meno importanti che giustamente devono essere lasciate cadere e che possono disperdersi.
    Se poi alcune di queste cose sono dolorose e inducono inevitabilmente esami di coscienza, allora il tentativo e il desiderio della rimozione è ancora più forte. Allora si cerca di dire: va bene, ne abbiamo parlato abbastanza. E’ interessante che anche nel nostro Paese oggi stia crescendo, per esempio, la corrente di pensiero di molte persone, non tutte di parte, alcune che non dovrebbero essere di parte, che portano a dire che anche la Resistenza nel suo insieme, cioè il grande movimento che ha visto unite persone molto diverse, di ideologie diverse, su posizioni di fede religiosa diverse, che hanno lottato e lavorato per liberare questo Paese e hanno dato vita alla Repubblica italiana che si basa sulla nostra Costituzione, se n’è parlato abbastanza, cerchiamo di rimuovere questo. Io credo sia un dovere invece rifondare in modo forte queste cose; è inutile nascondersi che viviamo un momento di dibattito politico che, a mio modo di vedere, non è esemplare nel modo in cui si svolge; trovo che sia assolutamente legittimo e anzi necessario che in una democrazia ci siano posizioni diverse, trovo che non ci sia nulla di vergognoso e di scandalizzante, la democrazia vive di contrapposizioni, di sintesi e di alternanze, direi che tutto questo può essere positivo. Alcune modalità e alcuni nodi di questo dibattito politico di oggi sono invece inquietanti.
    Allora, un incontro come quello vostro di oggi, se fosse esclusivamente celebrativo e di ricordo, avrebbe già un suo grande valore per le ragioni che ho detto prima, perché comunque sarebbe in qualche modo un tenere viva una memoria e dare una testimonianza; però se riesce ad andare al di là di questo, cioè se con il coraggio che molti di voi hanno, e cioè riesce anche a proiettarsi in termini positivi sul futuro, cioè rivolgersi alle nuove generazioni, io ho visto con grande simpatia che sabato 11 marzo c’è una manifestazione e dibattito con i giovani proprio su certi temi, questo ritengo che sia fondamentale. Oggi il senso del passato è che certe cose non accadano più; tutti sappiamo purtroppo perché non siamo giovanissimi, perché abbiamo gli occhi aperti e ci guardiamo intorno, che invece alcune di queste cose, magari in misura meno drammatica e meno sconvolgente di quello che noi ricordiamo, che voi ricordate nel congresso, avvengono ancora oggi, avvengono e rischiano di avvenire domani. E’ proprio in questa prospettiva che l’intervento nostro e vostro non è soltanto una celebrazione storica, ma diventa un’azione politica forte. Io credo che avere il coraggio e la coscienza che voi vi incontrate non solo per tenere vivo un ricordo e per tenervi uniti fra di voi, ma che con questa riflessione si fa un discorso politico forte in un momento in cui si rischia che i discorsi politici forti siano altri e siano distorti, questo dà ovviamente a questo vostro incontrarvi una dignità e una importanza che va molto al di là del momento pur già rispettabilissimo e importante della celebrazione.
    Per quanto mi riguarda, io non lo so qual è lo spazio che il nostro Governo avrà e di conseguenza io avrò come Ministro della Pubblica Istruzione, so che lo spazio non può essere molto lungo, perché questo è già nei programmi del Governo, e non so che cosa accadrà dopo questo Governo e di conseguenza quali saranno le ulteriori prospettive. Diceva una persona che forse qualcuno di voi conosce e che ha letto, perché è morta nel campo di concentramento due giorni prima che il campo fosse liberato, cioè il teologo protestante Dietrich Bonhofer, dice: “Può darsi che il Giudizio Universale cominci domani, soltanto in quel momento smetterò di combattere per un mondo migliore”; ecco, la mia ottica a lavorare al Ministero oggi è esattamente quella. Può darsi che il nostro Governo cada dopodomani, soltanto in quel momento smetterò di lavorare con uno spirito e un impegno che invece vadano al di là. In questo spirito e in questo impegno, come voi potete capire da queste parole, l’educazione e i valori – fra i valori metto quello del rispetto per gli altri, il rispetto delle persone – tutti questi valori sono stati drammaticamente calpestati nell’Olocausto, questi valori hanno una parte importante nel mio programma e nel mio modo di lavorare. Se spazio avrò posso assicurare che spazio sarà dato anche a questi valori, e ne parlavamo prima di entrare in questa sala, direi un collegamento anche con i responsabili della vostra associazione potrà aiutare a trovare le forme più opportune, più efficaci per sviluppare questa azione di carattere educativo che riguarda sia i ragazzi, ma anche il mondo degli insegnanti, il mondo della struttura, tutto il mondo formativo in senso lato.
    Vi ringrazio per il vostro invito, auguro al congresso un successo. Mi permetto solo di ricordare ciò che ho detto prima. Questo non è soltanto un momento importante di ritrovarsi insieme e di riflettere fra voi, ma può diventare un momento politico rilevante. La politica sempre più in futuro deve e si dovrà arricchire di momenti ideali, cioè di una articolazione, che poi sarà raccolta attraverso le forme istituzionali che la incanaleranno. Però dovrà essere espressione di momenti forti. Questo lo può essere senz’altro, ed è con questo spirito che io ho partecipato a questa inaugurazione, chiedo scusa per le ragioni che sono state già ricordate sul dovermi assentare dopo questo intervento, ma sapete che parte non piccola del cuore resta qui al vostro congresso.