17 luglio 1944 – 17 luglio 2020. 76° ANNIVERSARIO DELL’ASSALTO AGLI SCALZI

Aned Verona presente con Uda Mihel, Alessia Bussola, Tiziana Valpiana, Chiara Caporali Fiorenzo Fasoli, Fiorenza Canestrari, Laura Perotti, Alessia Berardinelli, Miria Pericolosi, Roberto Leone, Cristina Stevanoni e Nerea Benassù.
Oratore ufficiale Dennis Turrin.

Nel luglio del 1944, Giovanni Roveda – figura centrale del sindacalismo italiano e bandiera dell’antifascismo – era rinchiuso, da circa sei mesi, nel carcere degli “Scalzi”, Verona. Nel suo peregrinare da un carcere all’altro del Nord Italia, la sua figura fu costantemente al centro dell’attenzione delle diverse forze antifasciste, che in più occasioni tentarono di favorirne la fuga, finché giunse nel carcere veronese, considerato sicurissimo, perché da lì non era mai fuggito nessuno. Il compito di sfatare quel mito fu affidato ad un gruppo di giovani veronesi, appartenenti ai Gap cittadini – Gruppi d’azione patriottica: Berto Zampieri, Lorenzo Fava, Emilio Moretto, detto “Bernardino”, Danilo Preto, Vittorio Ugolini, oltre ad Aldo Petacchi. Dopo una serie di tentativi, andati a vuoto, l’evasione avvenne il 17 luglio 1944 – quando, attorno alle 18,30, i gappisti entrarono nel carcere scaligero, disarmarono le guardie, tagliarono i fili del telefono e portarono fuori dalla prigione Giovanni Roveda. Terribile il succedersi degli eventi: dall’interno del carcere, il direttore e le guardie iniziarono a sparare sui gappisti e sulla loro macchina. A quel fuoco, s’aggiunse anche quello proveniente dagli spari, effettuati dall’esterno. Furono colpiti lo stesso Roveda, Moretto, Fava e Preto, i quali ultimi, poi, dovettero, pur in quelle condizioni, scendere dall’automobile, che non riusciva a mettersi in moto, per farla ripartire a spinta, sotto il grandinare dei proiettili. Scaricato Roveda a casa di Attilio Dabini, la macchina proseguì verso la periferia, dove Moretto fu costretto ad abbandonarla, per andare a cercare soccorso per i suoi compagni, gravemente feriti, che lasciò in macchina. Una serie di contrattempi impedì di tornare in tempi brevi, quando giunsero i soccorsi – ormai all’alba del 18 luglio, era già sparita ogni traccia. Preto morì la sera del 17 luglio, pochi minuti dopo la cattura da parte della Guardia Nazionale Repubblicana. Fava, invece, catturato ed a lungo torturato, riuscì a non parlare per circa un mese, ma, nel frattempo, s’addossò la responsabilità d’una serie d’attentati, avvenuti nel Veronese, favorendo, in tal modo, la liberazione degli ostaggi, che i tedeschi avevano imprigionato per ritorsione. Il 23 agosto, Lorenzo Fava fu fucilato ed il suo corpo venne portato – anonimo – nel cimitero di Verona. Solo in occasione del primo anniversario della liberazione, ci si rese conto che il cadavere inumato, undici mesi prima, era il suo. Giovanni Roveda, dopo l’evasione dal carcere, tornò a Torino e riprese la lotta per la liberazione. Roveda morì all’età di 68 anni, a causa d’una flebite, causata da una pallottola, rimastagli in corpo, mesi prima… “L’audace assalto al carcere degli Scalzi” è citato nella motivazione, con la quale, il 5 ottobre 1993, il Presidente della Repubblica ha concesso al Comune di Verona la medaglia d’oro al Valor Militare.

La libertà non ha prezzo. Ricordiamo coloro che, con il loro sangue e la loro vita, ce l’hanno ridata!