Sono Lucio Tampieri, un neo associato imolese all’ANED, volevo ringraziare innanzitutto la sezione imolese dell’ANED, che mi ha dato la possibilità di partecipare qui oggi, insieme all’ANED di Bologna, per l’organizzazione del viaggio a Mauthausen a cui ho avuto la possibilità di partecipare, quindi anche alla direzione nazionale che permette questo convegno, inoltre al Triangolo Rosso, il giornale che ha pubblicato il mio articolo sul viaggio.

Oggi mi hanno chiesto di parlare delle emozioni provate durante la visita al campo. D’altronde è normale pensare che un giovane debba parlare di queste emozioni, è lo scopo di portare i giovani al campo. Ma quale emozione? L’emozione più grande è lo stupore, e non solo quello verso la violenza, certo anche verso questa, quando un ragazzo entra dentro un campo fa un bagno di umiltà, cosa molto importante; ma anche lo stupore di fronte all’indifferenza.

La cosa che mi ha colpito di più quando sono entrato a Gusen, è aver visto che attorno al campo ci sono delle villette a schiera. Quando si entra Mauthausen, non si può scalare la scala della morte, perché non è a norma. Come ha potuto pensare una nazione, cancellando il proprio passato, quindi le proprie colpe, potesse vivere con la coscienza pulita. Allora, è proprio di fronte a questa indifferenza che il compito dell’ANED si svolge, e si deve portare a termine. Portare i ragazzi, e sbattergli in faccia queste due visioni coesistenti, da un lato la violenza tragica e disumana, e dall’altra l’indifferenza verso questa sofferenza.

Combattendo questa Indifferenza noi tuteliamo i nostri diritti umani, che sembrano ormai tanto scontati, che in realtà vanno tutelati e curati; ogni tanto vanno tirati anche fuori gli artigli per proteggerli. Raccontare ciò che è stato, non ha solo una pura valenza informativa, ma serve a risvegliare e a smuovere la nostra coscienza. Serve a far aprire gli occhi a noi ragazzi, e farci capire che tutta questa differenza con il passato non c’è, che ancora i nostri diritti vengono calpestati da qualcuno, che magari non siano i nostri personali, ma qualcun altro che ci abita a fianco, ma non cambia nulla.

Inoltre ho sentito parlare in questi giorni dell’attenzione dei ragazzi, che si sarebbe abbassata e sarebbe diventata come quella di un criceto. Non è così, certo i mezzi di comunicazione sono cambiate e sono più veloci, ma il fulcro del discorso si deve spostare dall’attenzione dei ragazzi alla possibilità di cambiare le modalità con cui bisogna parlare a noi ragazzi. Una di queste modalità è la trasmissione dell’emozione, che noi ragazzi non sappiamo più gestire molto bene, proprio perché vi è una privazione di esempi concreti. L’emozione legata al corpo, come affermato dai colleghi di Bologna, crea il ricordo. Inoltre servirebbe un appoggio delle famiglie di questi ragazzi.

Io sono arrivato al primo anno di Università, faccio Giurisprudenza, ma prima di studiare diritto costituzionale non sapevo nemmeno come funzionasse il nostro Parlamento. Questo per dire che i professori possono fare del loro, ma anche certi genitori avrebbero dovuto fare di più, e non scaricare la colpa sulla scuola. Io sono cresciuto in una famiglia diversa, forse il motivo per cui io sono qui oggi, e qualcun altro non l’avrebbe fatto. Ma lo stesso, quando con il mio gruppo sono uscito dai campi, ho visto che nei ragazzi intorno a me lo sguardo era cambiato, avevamo avuto una guida, Marco Orazi di Imola, che ci ha sbattuto in faccia foto, documenti, storie, emozionandoci e forse risvegliando qualcosa in noi.

Concluderei con una frase di Antonio Gramsci: sono partigiano perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Lucio Tampieri