Il presidente dell’ANED Gianfranco Maris ha inviato una lettera di adesione alla manifesazione unitaria indetta a Roma contro l’indegna Conferenza negazionista di Teheran dell’11 e 12 dicembre 2006. Pubblichiamo un ampio stralcio di questa lettera.
Impegnare le istituzioni massime di uno Stato – come ha fatto il Presidente Ahmadinejad in Iran – per raccattare il pattume dell’ignoranza e del negazionismo qua e là presente in Europa, nella illusoria speranza di poter ammantare di cultura una propaganda infima ed infame contro gli ebrei e contro Israele, è quanto di più vergognoso si possa immaginare.
Sarà per l’Iran un boomerang, come ci fanno intendere le prime, forse timide, ma non per questo meno significative, proteste di alcuni gruppi di studenti dell’Università di Teheran, che sicuramente si gonfieranno e si riverseranno in un onda che non potrà essere fermata su tutta la cultura iraniana, che non può non essere indignata per essere stata considerata dal Presidente del suo Stato come una sorta di massa beota, senza passato, senza memoria e senza storia.
Sento personalmente lacerante l’offesa di questa iniziativa, perché ho negli occhi e nel cuore i ricordi dei tanti, tanti compagni ebrei che ho visto assassinare nel campo di Mauthausen e vivissimo ho il ricordo di quel lontano gennaio del 1945, quando, dalla cava di pietra di Gusen, fui mandato sulla ferrovia a scaricare vagoni merci, che credevo contenessero materiali inerti, sacchi di cemento, strumenti di lavoro e che mi accorsi, invece, che contenevano seminude e quasi senza segni di vita una massa confusa di donne, che nel freddo e nella fame aveva trascorso notti e giorni in quel carro gelido, provenendo da Auschwitz, che stava per essere liberata dall’armata rossa. Solo per odio che non si placava che con la morte, i nazisti non volevano che conoscessero mai la libertà questi poveri uccellini stremati, senza voce e quasi senza sguardo, destinati subito alle camere a gas di Hartheim e di Mauthausen.
Ecco la verità del genocidio.
La conferenza di Teheran resterà nella Storia come un monumento, misura del livello infimo di etica e di cultura a cui porta l’odio dissennato di uomini contro altri uomini, ritenuti diversi e, quindi, da sopprimere, nel convincimento che questo agire integri e sopperisca i valori della ragione e del dialogo, i quali soltanto sono elementi legittimi per regolare i rapporti tra i popoli.
Ma quello che ancora di più preoccupa e che deve mantenere alta e continua la solidarietà tra quelli che oggi protestano contro la conferenza di Teheran, è quello che sta accadendo in questi giorni in Libano, con l’assedio di Ezbollah per impadronirsi del governo del Paese e realizzare il disegno di egemonia sopraffatrice nella regione dei Sciiti dell’Iran, della Siria e del Libano, incombente come un disegno di morte su Israele.
Ed è grave che si diffondano e siano presenti mistificazioni insopportabili sulla natura, sui contenuti, sulle finalità e sulla politica di Ezbollah, che taluni gabellano per patrioti e per resistenti, spudoratamente lacerando e capovolgendo le categorie storiche, ignorando le trame internazionali e le complicità con l’Iran e la Siria.
Questo non significa che non debba essere ulteriormente tesa, anzi, ulteriormente allungata la mano verso il popolo palestinese, pensando i pensieri di David Grossman, ebreo, nato in Israele. Quelli che Grossman esprime quando parla ai bambini palestinesi di suo figlio Uri, come se fosse vivo, mentre è saltato in aria sul suo carro il 14 agosto in un villaggio libanese.
Senza odio, parla di pace e di convivenza
Questa è la strada, perché la sopravvivenza ebraica a duemila anni di persecuzione non è mai stata garantita o affidata alla guerra o alla violenza, ma ha sempre percorso le strade della cultura, che non si esprime attraverso chiusure politiche, mediante negazione di diritti, ma che è assicurata soltanto dalla giustizia e dall’equità che sono le sole garanzie per la convivenza pacifica tra due popoli.
Il Presidente
Gianfranco Maris
Milano, 16 dicembre 2006