Opinioni

E’ cominciata con la mostra ANNITRENTA, tenutasi qualche tempo fa a Milano, la grande kermesse della rivisitazione del fascismo.
Su questo stesso ” Triangolo rosso ” ho espresso allora le mie critiche all’iniziativa che, più o meno volutamente, non ha mostrato l’altra faccia della medaglia. Perché il fascismo non era stato solo, come ANNITRENTA voleva far credere, talvolta compiacente e permissivo nei confronti della cultura, del modo di pensare e di vivere degli italiani, nella misura in cui riuscivano ad esprimere il proprio dissenso col mugugno, con i discorsi in chiave e le barzellette, ma era stato anche ben altro e, l’averlo taciuto o ignorato, rappresenta, a mio avviso, una, lacuna grave ed una distorsione della verità.
Sembrava, il mio, lo sfogo di un vecchio bacucco afflitto dalla classica nevrosi della deportazione, l’idiosincrasia verso un passato ed i suoi personaggi. Mi dicevano: ma lascia perdere! La cultura del tempo fascista? E chi ci crede? Roba che sa di muffa. Acqua passata. E perfino la nostra Associazione non andò più in là della pubblicazione del mio pezzo.
Posso affermare in piena coscienza che non ho istinti vendicativi nei confronti del fascismo. L’ho visto e vissuto come tutti i miei coetanei. So cos’era e com’era. Perciò non mi ripugna l’idea di ammettere che qualcosa di buono in quel periodo è stato fatto, purché si dica chiaramente a quale prezzo e con quali conseguenze. Mi danno quindi fastidio gli ammiccamenti, le allusioni, i sottintesi, le compiacenti tolleranze.
Diciamo pane al pane, sfoderando tranquillamente il coraggio delle nostre opinioni. Ma dire e non dire, facendo finta d’aver commesso omissioni significative solo per leggerezza, quando invece si tratta di un periodo storico di tale importanza, come quello che riguarda l’Italia al tempo fascista, mi sembra, a dir poco, equivoco ed opinabile. Per me ANNITRENTA è stato un coacervo di ambiguità, uno strisciante tentativo di contrabbandare il fascismo nell’area della buona reputazione del quale non ho capito né le origini né le motivazioni.
Nello stesso tempo comparivano nelle vetrine delle librerie testi d’ogni genere che hanno servito ” Lui ” e la sua gente in tutte le salse. Ce n’era – e ce n’è tuttora – per lettori di bocca buona e per i più raffinati. Sarà un caso, ma da tutta questa smania di tirar fuori dal fondo dei cassetti ponderosi volumi di storia, biografie e memorie, trapela il desiderio , anzi, la volontà di una riabilitazione che mi lascia perplesso perché non può essere casuale. Si cerca di mettere sotto gli occhi della gente un quadro storico diverso da quello che fino ad oggi è stato accreditato come obiettivo e veritiero. Si sa, il tempo cambierà l’ottica dei giudizi più severi. Eppure…
Io non credo al “Gran Vecchio” il personaggio misterioso che trama nell’ombra ed ordisce complotti planetari di qualsiasi colore essi siano. La P2 potrebbe smentirmi, è vero. Ma fatto sta che una strana coincidenza di avvenimenti, sul piano politico e culturale, lascia il segno e m’induce a pensare ed a chiedermi la ragione e l’origine di questo rivivere di interessi per avvenimenti e personaggi di un funesto passato.
Cos’è questo tirar fuori dalla naftalina panni logori, vecchie e sbiadite camicie nere che non dicono nulla più di quanto già non si sappia?
E adesso eccoci al 1983: 50° anniversario della presa del potere da parte dei nazisti (30 gennaio 1933) 50° anniversario dell’istituzione del primo campo di concentramento nazista a Dachau (20 marzo 1933) 40° anniversario della prima grande razzia degli ebrei italiani a Roma (16 ottobre 1943) e… 100° anniversario della nascita di Benito Mussolini (29 luglio 1883). Ce n’è per tutti i gusti. Le avanguardie dei rivalutatori occulti si schierano in gran parata e danno fiato alle loro fanfare. E siccome si sa che gli italiani leggono poco e male, ecco allora che dagli schermi della televisione si aprono le cateratte dei filmati e milioni di italiani subiscono il lavaggio del cervello.
E – come dice una nota battuta pubblicitaria della sullodata televisione – ” più fascista di così, non si può”. Poi qualcuno s’accorge di aver somministrato una dose eccessiva della droga e corre ai ripari. Si ripescano nei magazzini della RAI/TV altri filmati con i quali si vorrebbe ristabilire l’equilibrio.
Ma la cura si rivela debole perché il male, oramai, ha attecchito e l’epidemia si è diffusa. Perché, soprattutto, è, almeno secondo me, di gran lunga inferiore a quelli che io considero ” negativi “. Il buon papà Mussolini che suona il violino, gioca al pallone con i suoi ragazzi, riscuote maggior simpatia di Parri, Nenni, che spiegano come il fascismo ha potuto conquistare il potere e mantenerlo con la violenza, il terrorismo, l’illegalità’
Peccato: ancora una volta il linguaggio della ragione e della democrazia è stato travolto dalle immagini della propaganda efficiente ed efficace di quella tirannide che mi ha fatto finire tra i fili spinati dei Lager.
Noi, superstiti di quei Lager, continuiamo a dire che siamo qui per testimoniare, per ammonire specie i giovani, affinché nulla di ciò che abbiamo visto e vissuto possa mai più ripetersi. Poi ti arrivano fra capo e collo quattro filmati in TV ed eccoci a corto di uditorio. Perché argomenti ne abbiamo da vendere. Ma ci parliamo addosso, fra noi oppure convinciamo chi è già convinto. Gli altri – e temo che siano, tanti – ci ignorano e con noi ignorano i fatti e la verità.
Fascismo e nazismo sono stati una grande sbronza collettiva. Rimpiangere quei miti e quei riti tentando di rimettere insieme i cocci di un passato terribili, colmo di responsabilità individuali e collettive, mi sembra assurdo se non imbecille.
Riabilitare i protagonisti del fascismo e del nazismo è un’operazione equivoca che va rifiutata. Non si tratta di essere settari piuttosto che obiettivi. Si tratta di non mettere in discussione alcuni punti fermi, di non confondere le idee sulle responsabilità con un abile gioco di bussolotti.
Certo anche noi abbiamo le nostre responsabilità perché non abbiamo saputo cogliere l’occasione che ci veniva offerta proprio dalle nostre esperienze, per alzare un segnale, il nostro segnale, contro l’assurdità del regime a partito unico che fatalmente sfocia nella persecuzione e nella discriminazione.
Forse ci siamo espressi male, con mezzi inadeguati, con argomenti inadatti a suscitare l’interesse della gente.
Bene, non è mai tardi per ricominciare daccapo. Allora – siccome ho tentato di fare un discorso pacato e vorrei chiuderlo con una proposta positiva – cerchiamo di renderci conto delle nostre possibilità di non parlare di Lager solo come luogo di orrore, di fame, di morte. Cerchiamo di capire e far capire perché, come e come mai siamo finiti nei lager, che cosa abbiamo imparato vivendo spalla a spalla con altri deportati, che venivano da altri Paesi, parlavano altre lingue, avevano altre abitudini, culture, mentalità e siamo riusciti, bene o male, ad intenderci ed a difenderci dal nemico comune. Cerchiamo di spiegare a noi stessi e agli altri quant’è stato difficile reinserire nella vita di tutti i giorni e quali delusioni abbiamo, subito e quali speranze ci sono rimaste. E facciamo di queste speranze una mèta che si può, si deve raggiungere, usando i moderni mezzi di comunicazione, dando forma e contenuti qualificanti ai nostri discorsi e rendendoli accessibili a chiunque.

TEO DUCCI

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Concorso per una ricerca sulla deportazione
Promosso dall’Assessorato all’Istruzione della Provincia di Milano, in collaborazione con la Sezione milanese dell’ANED è stato indetto, fra gli allievi del Centro multiscolastico di Monza un concorso per una ricerca, individuale o di gruppo, sulla deportazione della provincia milanese.
In palio sono alcuni viaggi-premio ai campi nazisti, da effettuare in concomitanza con le manifestazioni internazionali nella ricorrenza della liberazione dei Lager.
Daremo a suo tempo maggiori informazioni su questa interessante iniziativa.