Il 41° anniversario della fucilazione di Pinko Tomasic, Viktor Bobek, Ivan Ivancic, Simon Kos e Ivan Vadnal, avvenuta il 15 dicembre 1941 su sentenze del Tribunale speciale, è stato ricordato con una solenne commemorazione sul luogo del martirio, il poligono di Opicina, vicino a Trieste. Si trattò del più grosso processo inscenato da quel tribunale, per numero eli condanne a morte (9, di cui 5 eseguite), e anni di carcere irrogati, quasi 1000, a 60 imputati, quasi tutti sloveni, nonchè per il momeno in cui si tenne, a guerriglia partigiana già iniziata in Jugoslavia e nel Friuli Venezia Giulia.
Il significato e l’attualità delle idee dei Caduti sono stati ricordati da Stanks Hrovatin, Claudio Tonel e Dusan Kosuta, che hanno parlato a nome degli organizzatori della commemorazione, l’ANPPIA, FANPI, l’ANED e il Comitato, di Opicina composto di rappresentanti di istituzioni (scuole, circoli di cultura, biblioteche, coro partigiano), intitolati al nome di Tomazic e dei suoi compagni, ricordando tra l’altro, come ancor oggi la minoranza slovena in Italia non goda in pieno dei diritti che le spettano.
Alla fine dei discorsi al poligono, la manifestazione è continuata nel Circolo di cultura Tabor, dove è stato presentato un collage che ricorda il processo. Infine è stata data una importante notizia: l’invio di una lettera al presidente Pertini per chiedere il suo intervento su un vecchio problema, non risolto perchè le autorità locali hanno fatto sempre orecchie di mercante: la degna sistemazione del poligono di Opicina. I martiri, dice la lettera, « sono ricordati da una modesta lapide collocata all’interno del muro di cinta. Sul versante opposto del poligono, all’esterno del muro di cinta, un cippo ricorda i 71 ostaggi fucilati dai nazisti il 3 aprile 1944. Nessuna epigrafe reca testimonianza delle 6 vittime del 22 novembre 1944, nulla rammenta i 14 fucilati del 28 aprile 1945 che i carnefici non fecero in tempo a seppellire, sorpresi ormai dall’avanzata dell’esercito partigiano liberatore.
« Il sangue di tante vittime – continua la lettera – ha reso quel suolo sacro alla memoria ed alla sensibilità che la generazione dei testimoni ha saputo infondere e tramandare alle generazioni dei giovani.
« Eppure al poligino di Opicina si spara ancora. Demanio dello Stato, inutilizzato dal ministero della Difesa esso viene tuttavia concesso in uso continuato ad associazioni private che vi svolgono esercitazioni all’uso delle armi da fuoco. Attività, beneinteso, non illegittima epperò oltremodo inopportuna per la natura che riveste il luogo, qualora la si riferisca al significato storico e al valore morale del posto in cui viene praticata. Né, per altro verso, appare idonea qualora la si consideri nella cornice ambientale e urbanistica in cui si colloca l’impianto.
« Essa profanazione, affronto e umiliazione alla sensibilità di coloro che non meno numerosi di un tempo intendono rendere omaggio al sacrificio che colà si compì, epperò si trovano pesantemente limtati nella espressione idonea dei propi sentimenti dalla subordinazione alle esigenze degli utenti del poligono ».
La lettera ricorda quindi l’inutilità dei molti interventi fatti dalle organizzazioni antifasciste presso le autorità locali per una degna sistemazione del luogo dove morirono 96 antifascisti e così conclude: « Signor Presidente! Le aspettative riposte in questi appelli sono state sistematicamente disattese. Non ci rimane che rivolgerci a Lei nella sua veste di suprema autorità dello Stato e di strenuo combattente per i valori per i quali caddero i fucilati di Opicina. La preghiamo perciò di intercedere affinchè l’insegnamento del loro sacrificio possa essere degnamente tramandato ai giovani».
La lettera è firmata da 5 istituzioni intitolate a Pink Tomazic ed ai suoi compagni.

FERDI ZIDAR