Ettore Zilli

Quando si giudicano i momenti e i periodi che stiamo attraversando, si sente dire spesso di non vedere solamente il negativo, le brutte notizie, lo smarrimento ma trovare anche momenti e fasi positive, dove l’uomo costruisce il bene per il prossimo. Certamente noi non siamo pessimisti o catastrofici, la nostra Associazione lavora ed opera in positivo: i nostri padri e nonni, i nostri fratelli e sorelle hanno lavorato e combattuto per una umanità migliore, guardando in avanti.

Con tutta la buona volontà possibile però riesce ben difficile spulciare qua e là cose buone perché purtroppo il panorama che si presenta davanti è veramente preoccupante sia in campo internazionale che nazionale. Fuori di casa nostra assistiamo ad un peggioramento continuo dei conflitti tra Stati e all’interno di essi. La fine della guerra fredda e dei mondo diviso in blocchi è iniziata nel 1985: oggi ci troviamo a fare un bilancio di dieci anni. Con il tramonto del mondo diviso in due, doveva nascere il vagheggiato nuovo ordine. Fino al 1989 abbiamo nutrito molte illusioni, ora facciamo i conti con la dura realtà che è rappresentata dalla moltiplicazione dei conflitti. Si potrebbe dire che questo decennio è stato caratterizzato da tre fasi: la prima è quella della speranza (1985189), la seconda quella della delusione e la terza quella della contemplazione del disastro. Il 1994 infatti è stato l’anno dell’ímmobilismo quasi totale rispetto alla soluzíone dei problemi aperti nei diversi luoghi del mondo. Vediamole un po’ ed elenchiamole queste zone dove i problemi non sono stati risolti, oppure le zone dove oggi nascono nuovi problemi.

Petrolio – Iraq/Kuwait. Nucleare – Corea del Nord. Crollo di sistemi o di Stati – Cecenia. Guerra civile a sfondo etnico-politico-religioso – ex Jugoslavia. Integralismo islamico – Algeria. Cosa è stato fatto per la soluzione di questi problemi? L’ONU oggi cosa rappresenta se non l’immagine vivente della paralisi e dell’immobilismo internazionale? Chi si ricorda dall’ex JugosIavia quell’immagine tragica ed emblematica del bambino, colpito a morte da un cecchino, a terra sanguinante e con due soldati dell’ONU, con il fucile in mano, a guardarsi intorno smarriti ed increduli? Da noi, nella nostra Italia che momenti stiamo passando? Senza guardare molto indietro, basta guardare gli ultimi due anni, durante i quali si è cominciato a parlare di un cambiamento Costituzionale. Questo problema così im~ portante e delicato è stato posto in termini privi di ogni spessore culturale, con affermazioni e discorsi improvvisati e generici, affinché si determinasse una tendenza verso una vera e drammatica frana dei valori.

Una modifica inconsulta porterebbe ad una serie di vere catastrofi nel campo dei valori etici (ad esempio vedi il caos attuale nel campo della comunicazione e del l’informazione). Il clima morale oggi dominante, la litigiosítà che rifugge da ogni minimo di urbanità con un linguaggio spesso a livelli sub-umani, sono la conseguenza di quella frana che vede ormai tutti contro tutti, nella stessa maggioranza o ex che sia, contro il Parlamento, contro la Magistratura, contro il Capo dello Stato. E’ con questo tipo di rapporti e con questi soggetti che si dovrebbe por mano alle inodifiche Costituzionali ed accingersi ad avviarsi verso una seconda Repubblica?

La Costituzione è un patto sociale che apre la possibilità di elevazione per i meno favoriti, un patto di alto fivello regolato da norme che assumono i valori fondamentali dell’uomo. C’è una vasta opinione pubblica dísinformata o male informata dai mezzi del Grande Seduttore: questa è la realtà oggi. La nostra Associazione non è partitica ma si fonda sui valori etico-morali legati alla Resistenza e alla Deportazíone. Siamo a cinquant’anni da quegli avvenimenti di cui noi tutti ne andiamo fierí: ex deportati, familiari ed amici. La maggior parte dei deportati nostri, specie quelli che erano più giovani, non sapevano niente di politica, ma hanno combattuto. La loro generazione ha ricostruito moralmente, politicamente e materialmente l’Italia.

Padre Turoldo diceva: “Torniamo ai giorni del rischio”. Parafrasando questa frase ci sentiamo di dire: “Siarno ai giorni del rischio”. Teniamo ben fermi i nostri valori che sono perenni, ritroviamoci insieme in una rinnovata battaglia per la difesa della libertà e della democrazia. Come cinquant’anni fa, richiamiamoci a loro, ai nostri Martiri.

Ettore Zilli