Grandiosa manifestazione di cordoglio

 

Tutta Trieste, commossa ma pure indignata, si è stretta intorno ai tre inviati della RAI uccisi il 28 gennaio scorso a Mostar: Marco Lucchetta, Alessandro Ota (sloveno), Dario D’Alessio (la cui moglie è slovena). Si è finalmente capito che la guerra in Bosnia Erzegovina non è poi tanto lontana, come molti sostengono. Ma mentre laggiù la diversità etnica è ancora tra le principali cause della mattanza in atto, a Trieste, dove pure questa diversità c’è, forse per la prima volta è stata coralmente superata, almeno in buona parte e, c’è da augurarselo, non momentaneamente.

Nella cattedrale di S. Giusto, dove le tre bare hanno ricevuto l’affettuoso omaggio della cittadinanza accorsa in massa, si è pregato nelle due lingue, così sono stati letti alcuni passi del vangelo, così si è auspicato che il nobile sacrificio dei caduti serva ad aprire i cuori alla pace, nella ex Jugoslavia e ovunque infuriano assurdi conflitti razziali di altra specie.

Trieste sia, col suo ruolo multietnico, un luogo di pace, di incontro tra Est e Ovest: più o meno, questo concetto è stato presente nei commenti delle autorità, dei rappresentanti del mondo politico, sociale, culturale, del lavoro, della gente che ha partecipato alla grandiosa manifestazione di cordoglio: “No ai nazionalismi fomentatori di odio e di guerra” stava scritto su un manifesto sorretto da un gruppo di cittadini. “Il loro sacrificio – ha detto il vescovo Lorenzo Bellomi – spinga a cancellare ogni odio, a bandire tutti i nazionalismi da tutte le parti.

Le onoranze ai caduti a Mostar si sono iniziate subito dopo l’arrivo in aereo delle tre bare che sono state esposte in una grande sala della sede RAI. Fin dalle prime ore di domenica 30 gennaio una lunga fila di persone ha atteso per ore per firmare il registro posto all’ingresso. E questo fino a tarda sera. Poi il trasferimento nella cattedrale di S. Giusto, tra una folla di migliaia di donne, uomini, ragazzi e ragazze. Giovanni Spadolini ha rappresentato il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il Ministro Livio Paiadin il governo.

C’erano tutte le autorità civili e militari locali, con il sindaco Riccardo Illy, i presidenti della Giunta e del Consiglio regionale, il commissario alla Provincia, dirigenti sindacali, lavoratori, sportivi (Lucchetta scriveva anche di sport), studenti, intellettuali, il Collegio del mondo unito, parlamentari e molti altri. Compiuto il rito religioso, le salme sono state trasportate, tra gli applausi della folla, in tre diversi cimiteri: quella di Lucchetta a Trieste, di Ota e di D’Alessio rispettivamente a S. Dorligo della Valle e a Prosecco, due località del circondario in grande maggioranza abitate da sloveni, anche qui accolte e salutate da grandi folle di concittadini.

Alla cerimonia hanno partecipato delegazioni dell’ANED, dell’ANPI e dell’ANPPIA, che hanno espresso il loro profondo cordoglio, ma anche un monito: i partigiani, gli ex deportati nei campi di concentramento nazisti, gli ex perseguitati politici antifascisti – dice il documento approvato dalle tre associazioni – che hanno conosciuto personalmente, da vicino, gli orrori del razzismo, esprimono il loro profondo cordoglio per la perdita dei tre inviati della RAI a Mostar, vittime dello stesso odio razzista e ricordano ancora una volta la necessità di intensificare più che mai la lotta contro la teoria e la pratica di quei principi disumani, perché se si dimentica il passato si è condannati a riviverlo.

Come sta accadendo sotto i nostri occhi, a cinquanta anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale”.

F Z