Nel corso delle celebrazioni svolte nel campo di Dachau è intervenuto tra gli altri Romani Rose, presidente dei Consiglio centrale dell’ Unione dei Sinti e dei Rom tedeschi. Riportiamo quasi per intero il suo discorso per ricordare un aspetto dello sterminio nazista di cui troppo poco si parla

 

In primo luogo vorrei salutare gli ex ìntemati qui presenti. 50 anni fa furono liberati anche gli ultimi prigionieri sopravvissuti ai campi della morte nazionalsocialisti.
Questa storica data ci impone di onorare la memoria di tutte le vittime della politica nazista dello sterminio di massa e di continuare anche in avvenire a prodigare degli sforzi congiunti per conservare in futuro il loro insegnamento.
Per noi, i Sinti ed i Rom, l’ex campo di concentramento di Dachau è un luogo di reminiscenze storiche, un luogo che fa rivivere il dolore per i nostri fratelli e sorelle uccisi.
Per l’opinione pubblica internazionale oggi il nome di questo lager è il simbolo del genocidio nazional-socialista perpetrato contro la nostra minoranza.
Nel posto dove oggi ci troviamo maltrattavano ed uccidevano gli appartenenti al nostro gruppo etnico per il solo fatto che esistevano. La segregazione e le deportazioni dei Sinti e dei Rom su base “razziale”, il loro sterminio programmato senza eccezione alcuna – dai lattanti ai vecchi – ed infine le feroci vessazioni e assassinii in massa di oltre 500. 000 nostri fratelli e sorelle, compiuti nell’Europa occupata dalle forze naziste, svelò il vero carattere di quell’Olocausto che non trova analogie nella storia umana.
Non vi è famiglia appartenente alla nostra minoranza che non avesse perso qualcuno dei suoi durante l’epoca del “Terzo Reich “. La gente veniva strappata dal proprio ambiente familiare, dall’attività professionale, dalla comunità del vicinato e trasportata nei campi di concentramento e di sterminio costruiti dal regime nazionalsocialista, oppure fucilati metodicamente dai commandi della morte delle SS, le cosiddette squadre di pronta reazione, oltre la linea del Fronte Orientale.
Il campo di concentramento di Dachau, eretto poco dopo l’avvento al potere dei nazisti, era anch’esso uno dei centri in cui veniva applicata la politica nazionalsocialista di persecuzione e annientamento della nostra minoranza. Già nel 1936 circa 400 Sinti e Rom tedeschi furono deportati a Dachau, dove li costrinsero a lavorare in condizioni disumane come schiavi per l’industria bellica. Innumerevoli Sinti e Rom furono fucilati, trucidati e massacrati a Dachau.
Nell’estate del 1938 vi portarono oltre 1500 uomini tra Sinti e Rom, provenienti dal Burgenland, dove i loro avi si erano insediati da più di 300 anni, per poi trasferirli, nell’autunno dello stesso anno, a Buchenwald.
Un capitolo particolarmente crudele nella martoriata storia dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che si trovavano a Dachau riguardava gli spregiudicati esperimenti medici condotti dai dottori delle SS sui Sinti e sui Rom.
A parte le prove di ipotermia e di contaminazione malarica, su richiesta della Luftwaffe il Dr. Beigblöck mise in atto una serie di esperimenti particolarmente dolorosi con acqua salmastra, volti a stabilirne la potabilità.
Karl Höllenreiner, uno dei pochi Sinti rimasti vivi in seguito a tali esperimenti, aveva deposto quanto segue a processo di Norimberga: “Avevano smesso di darci qualsiasi cibo, ci somministravano solamente dell’acqua marina naturale e trattata. Io stesso dovevo bere quell’acqua per circa tre settimane di seguito.
Provavo dei dolori atroci durante gli esperimenti, mi sentivo molto ammalato, dimagrii bruscamente ed infine fui colto dalla febbre; ero talmente debilitato che non riuscivo a reggermi in piedi. L’estrema fiacchezza che provavo, come d’altronde anche tutti gli altri, era dovuta in parte agli incessanti prelievi di sangue cui ci sottoponevano per l’intera durata dell’esperimento.
Tre dei nostri erano quasi agonizzanti, per cui la sera stessa li portarono fuori in barella, ricoperti da lenzuola bianche. Da allora non ebbi più notizie di loro “.
Gli internati sopravvissuti a quei crudeli esperimenti con esseri umani restarono segnati per tutta la vita dalle piaghe corporee e morali che avevano subito.
Centinaia di altri Sinti e Rom diventarono vittime del terrore delle SS e del disumano sfruttamento da schiavi al quale furono sottoposti a Dachau e nei campi esterni che facevano capo ad esso: quello era il cosiddetto “programma di annientamento attraverso il lavoro”.
Il loro destino, il dolore e la morte di tutti i perseguitati e uccisi, non debbono essere mai dimenticati. I terribili ricordi tuttora invadono i sopravvissuti all’Olocausto, che rimpiangono la scomparsa dei loro familiari e sono tormentati dal “senso di colpa dei superstiti”, il quale a suo tempo era stato definito dall’ex internato di origine ebraica Arno Lustiger, rimasto vivo dopo la sua permanenza ad Auschwitz, una “piaga insanabile”.
I nomi Auschwitz-Birkenau, Chelmno, Buchenwald, Dachau sono profondamente impressi nella memoria collettiva della nostra minoranza. L’esperienza storica dell’Olocausto inesorabilmente lascerà il segno anche sull’identità delle nostre future generazioni.
Il ricordo del genocidio dei Sinti e dei Rom durante l’epoca del nazionalsocialismo rappresenta nel medesimo tempo un obbligo nei confronti del governo federale, il quale deve riconoscere lo statuto di minoranza nazionale ai discendenti dei Sinti e dei Rom che più di 600 anni addietro si insediarono da queste parti e inserirli su una base equa, accanto alla minoranza danese e quella serba, nei testi dei rispettivi trattati internazionali.
Signore e Signori, anche se sono trascorsi 50 anni, non possiamo pensare che sia giunto il momento di mettere una croce sul passato. Dobbiamo opporci energicamente ad ogni tentativo, teso a minimizzare quel genocidio criminale, intrapreso nel nome dei tedeschi, oppure volto a perdonarne la colpa. Anche in avvenire la memoria storica dell’Olocausto dovrà rappresentare uno degli elementi più significativi nel determinare l’identità tedesca.
Un’enorme importanza in tal senso rivestono gli odierni complessi commemorativi. Come luoghi d’incontro tra rappresentanti di diverse nazioni, essi ininterrottamente riportano alla mente dei giovani le drammatiche conseguenze della segregazione, dell’isolamento e della discriminazione dell’uomo. Perché i fenomeni come il razzismo e l’antisemitismo non si possono in nessun caso ritenere superati con il tracollo del “Terzo Reich” nel 1945.
Oggi con apprensione osserviamo la preoccupante ripresa delle forze di destra, i loro eccessi xenofobi, gli arbitrii contro gli handicappati e le minoranze etniche. Nella Germania unita le persone esposte a maltrattamenti e violenze trovano sempre più difficilmente la dovuta protezione. Quindi, rammentare i delitti del nazionalsocialismo significa anche evidenziare l’ingiustizia esistente al giorno d’oggi e opporsi decisamente a tutte le forme contemporanee della segregazione e della discriminazione dell’uomo.