A poche ore dall’abbattimento sull’Ucraina di un aereo di linea malese – che ha causato quasi 300 morti – il governo israeliano ha annunciato l’avvio di operazioni “da terra, mare e aria” contro i tunnel che dalla Striscia di Gaza penetrano fin dentro il territorio dello Stato di Israele. E immediatamente alle parole sono seguiti i fatti: intensi bombardamenti dal mare hanno colpito la parte nord della Striscia, seguiti da fitti raid aerei, prima che le truppe corazzate israeliane varcassero il confine. Le trombe di guerra non hanno mai suonato così forte ai confini d’Europa, negli ultimi decenni. Avvertiamo tutti che una spirale pericolosissima è sul punto di innestarsi, e che la pace davvero è in pericolo.
È ovvio che il fronte più pericoloso sia oggi quello del conflitto israelo-palestinese.
Nel tentativo di debellare i combattenti di Hamas e delle altre formazioni islamiste radicali, Israele avvia un’offensiva che non potrà non avere gravissime conseguenze sui civili che abitano la zona, una delle più popolate del mondo.
I signori della guerra hanno vinto una volta di più, da entrambe le parti. La fragile tregua proposta dall’Egitto e sostenuta dagli USA è stata rotta dai missili delle fazioni palestinesi più radicali; l’invasione di terra della Striscia non potrà che generare nuovo odio, richiedere nuove vendette, incrementare le fila dei “martiri” pronti all’estremo sacrificio.
Dalle due parti il fragore delle armi soffoca fino quasi a cancellarle le voci di coloro che si battono per una pace negoziata, fondata sull’unico principio legittimo, quello che due popoli – animati entrambi da solidissime ragioni per rivendicare il proprio diritto di vivere su quel territorio – sono condannati a convivere, uno a fianco all’altro, se non vogliono che la guerra e l’odio coinvolgano in eterno anche i figli dei figli dei combattenti di oggi.
Noi siamo sempre stati fautori di questo semplice, difficilissimo obiettivo, l’unico che abbia legittimità internazionale, perché contenuto nelle risoluzioni dell’ONU; l’unico capace, per una via ardua ma non impossibile, di mettere fine alle guerre di questi anni.
Rivendichiamo il diritto di Israele di esistere e di vivere in pace, e abbiamo condannato l’infame rapimento dei tre ragazzi israeliani che ha dato inizio a questa escalation. Allo stesso modo condanniamo le provocazioni che sono venute anche in questi giorni dall’ala più oltranzista dello stesso governo di Netanyahu, che ha chiesto la guerra totale per farla finita con i palestinesi una volta per tutte. E abbiamo condannato la criminale uccisione di un ragazzo arabo, che avrebbe dovuto vendicare il sangue dei tre ragazzi rapiti e uccisi. Così come abbiamo anche condannato i raid aerei che hanno provocato oltre duecento morti, in massima parte civili, tra i palestinesi.
Ogni volta che la pace e il dialogo provano a fare un passo avanti, dai due fronti i nemici della pace alzano il tiro della provocazione, e i signori della guerra, sostenendo di avere dalla loro nientemeno che Dio, tornano a muovere le truppe e a fare risuonare le armi.
Eppure non c’è alternativa alla pace e al dialogo. Siamo vicini ai civili dei due fronti, che pagheranno ancora per questa guerra; il nostro sostegno, per quello che conta, va ancora a chi rifiuta la logica dell’odio totale, tanto più se dettato dall’Alto, e si impegna in piccoli e grandi significativi gesti di pace e di vicinanza. È ora che anche l’Europa e il mondo si impegnino davvero per un percorso di pace in una terra martoriata da decenni, per spegnere un focolaio che può estendersi pericolosamente al mondo intero.
ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi nazisti