Il messaggio del cancelliere Kohl a 50 anni dalla rine della guerra

L’omaggio del capo del governo di Berlino alle vittime dei Lager, ai torturati, ai caduti. Due terzi degli abitanti del paese sono nati dopo il ’45. L’importanza delle testimonianze, per ricordare quegli anni terribili e per trarne tutti gli insegnamentiL’omaggio del capo del governo di Berlino alle vittime dei Lager, ai torturati, ai caduti. Due terzi degli abitanti del paese sono nati dopo il ’45. L’importanza delle testimonianze, per ricordare quegli anni terribili e per trarne tutti gli insegnamenti
 
Il cinquantesimo della fine della guerra ha occupato per settimane le prime pagine dei giornali tedeschi. Il settimanale Die Zeit ha pubblicato un numero speciale, aperto da questa terribile immagine del maggio ’45 ad Amburgo.
In occasione del cinquantesimo anniversario della fine della guerra il cancelliere tedesco Helmut Kohl ha inviato ai tedeschi un significativo messaggio che riproduciamo integralmente.
In questi giorni commemoriamo la fine della seconda guerra mondiale, cinquant’anni fa. Nel nostro paese, in Europa e in altre parti del mondo vivono ancora milioni di persone che hanno vissuto quell’epoca, e possono ancora narrarne. Molteplici sono i ricordi che si risvegliano e in qualcuno, nelle vecchie generazioni, antiche ferite che sembravano risanate da tempo ricominciano a dolere. Per tutti questi ricordi e sentimenti non c’è un denominatore comune. Dobbiamo rispettarli come esperienze esistenziali degli altri, e non diffamarli. Dobbiamo cercare di ascoltare il prossimo, aprendo le orecchie e il cuore. Occorre un’atmosfera di riflessione: sono proprio l’attenzione e il rispetto per ogni singolo destino a sprigionare l’adesione ai valori comuni al genere umano. Chi non subì l’inferno dei Lager non sarà mai in grado di condividere i sentimenti che ancora scuotono nell’intimo i sopravvissuti a quell’orrore. Chi non subì né vide la sofferenza e la morte sui campi di battag!ia della guerra può farsi appena una vaga idea degli incubi che ancora oggi perseguitano i reduci di allora. Chi ebbe la fortuna di non perdere la patria non è in grado di capire lutti e dolore degli espulsi e dei profughi per la perdita della terra della loro infanzia e dei loro antenati. Popo quella guerra sono nati due terzi dei tedeschi di oggi. E imperativo che immagini e film, racconti di testimoni dell’epoca e diari, e prima di tutto i ricordi personali delle vecchie generazioni in ogni famiglia insegnino e rammentino loro le terribili, devastanti conseguenze della guerra che Hitler scatenò e della tirannide nazista. Prima della loro nascita, della Germania non restava altro che macerie e cenere; milioni di soldati di molte nazioni avevano perso la vita sui campi di battaglia; milioni erano caduti prigionieri, e molti erano tornati a casa invalidi. Per molti, prima di tutto per i prigionieri nei campi di concentramento, nelle celle della morte e nelle carceri, la fine della guerra e della tirannide significò la bramata liberazione. Commemoriamo e ricordiamo i milioni di ebrei, di gitani, di persone di tanti altri paesi, che furono torturati e assassinati. Ricordiamoci del dolore e della morte di donne, uomini e bimbi innocenti di altri popoli e del nostro. Rìcordiaino quanto patirono coloro i quali dovettero fuggire dalle loro terre o ne furono cacciati. Milioni di persone dovettero abbandonare la loro-patria, e molti di loro morirono nell’esodo. Tra di noi vivono ancora donne tormentate da terribili ricordi di quei giorni. Madri attesero invano i loro figli, mo, gli e fidanzate i loro mariti o i loro compagni. Molti bimbi persero in quella guerra il padre, la madre o entrambi i genitori. Su un punto non può esserci alcun dubbio: la liberazione dalla barbarie hitleriana fu necessaria per instaurare in Germania uno stato di diritto democratico, e in Europa pace e riconciliazione tra i popoli. Per i più la fine della guerra volle dire poi la fine della paura di perdere l’incolumità fisica o la vita. Quel giorno portò nuove speranze, e da quelle speranze gli uomini, nell’abisso più profondo della nostra storia, ricavarono la forza di un Nuovo Inizio. Poterono trovare un riferimento morale in quei tedeschi che avevano osato promuovere e guidare la Resistenza contro Hitler. E nelle tre zone d’occupazione occidentali – non ultimo grazie al lungimirante aiuto americano, specie al Piano Marshall – poté presto prendere forma un nuovo ordine, fondato sul diritto e la libertà. E’ pur vero che però ben presto, in parti della Germania e dell’Europa la speranza in una nuova era di diritto e libertà fu amaramente delusa. La nostra patria e il nostro continente furono divisi, ed è da pochi anni appena, dalla fine delle dittature comuniste, che al di là di quella che un tempo chiamavamo cortina di ferro libertà e democrazia hanno potuto essere instaurate. In quell’8 maggio 1945 nessuno in Germania avrebbe comunque osato sperare che ci trovavamo all’alba del più lungo periodo di pace nella storia della Germania moderna, e che il nostro paese sarebbe arrivato verso la fine del secolo conquistandosi rispetto e simpatia nel mondo. Oggi, cinquant’anni dopo, la Germania è riunificata nell’autodeterminazione e con il consenso di tutti i suoi vicini. A fronte di ciò, proprio tornando a ricordare le esperienze del passato, abbiamo ogni ragione di provare gratitudine. Molti hanno contribuito a creare la fiducia di cui oggi la Germania gode. Prime tra tutte, quelle generazioni che hanno fatto risorgere il nostro paese dalle macerie materiali e dalle rovine dello spirito. In questi giorni ricordiamo con speciale gratitudine anche che i nemici di un tempo ci hanno teso la mano per la riconciliazione e l’amicizia. Ma l’8 maggio ci ricorda anche come un monito che una vita in pace e nella libertà non è certezza acquisita. Ci ammonisce a cercare per l’Europa un ordine di pace che sia basato sul rispetto illimitato dei diritti umani e del diritto internazionale. Ecco la lezione decisiva che dobbiamo trarre dalle esperienze dì questo secolo che volge al termine, e che tanti dolori e sofferenze ha visto, e vede ancora in parti del mondo e del nostro stesso continente. Noi tedeschi vogliamo far tesoro di questa lezione guardando avanti, guardando al futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Allora, e solo allora, avremo il diritto di essere fiduciosi che gli orrori del passato non abbiano mai a ripetersi.