ITALO TIBALDI – Adesso chiamiamo il Sindaco di Ebensee che tutti ormai conoscete perché nelle manifestazioni nostre è sempre presente. 
 
 
Solo da pochi anni in Austria e cominciata una seria riflessione collettiva sulla nostra storia recente
SINDACO DI EBENSEE – Egregio Presidente Maris, cari delegati e tutti i presenti, per prima cosa voglio ringraziarvi; per essere qua per me come sindaco di un paese in cui c’è stato un campo di concentramento è un particolare onore essere tra voi. Per poter rispondere in modo adeguato all’interrogativo sul contributo austriaco alla resistenza contro il nazional sociali s mo e contro all’effettivo coinvolgimento nei crimini nazisti è necessario dare un quadro retrospettivo sulla specifica situazione storica dell’Austria. t un dato di fatto che l’esistenza di una Resistenza austriaca, ma in particolare anche la verità di una responsabilità austriaca, per decenni non è stata presa in alcuna considerazione, e questo riguarda soprattutto l’opinione pubblica austriaca. Poiché allo Stato austriaco, riscostituito nel 1945, secondo la dichiarazione di Mosca del novembre ’43, era stato attribuito lo status di prima vittima dell’aggressione nazista non sussisteva alcuna necessità sul piano ufficiale di confrontarsi con l’elaborazione della complicità sul piano storico. E questo benché circa 693.000 Austriaci nel ’43 fossero stati membri effettivi del Partito nazionalsocialista. La posizione ufficiale dell’Austria negli anni del dopoguerra può essere sintetizzata, semplificando come segue: chi è riconosciuto ufficialmente come vittima non può essere al tempo stesso carnefice. Quasi non venivano perseguiti i criminali nazisti, come in generale non venivano fatte ricerche per trovare i colpevoli. Chi invece lo faceva per qualsivoglia motivo, veniva e viene tuttora ancora diffamato, come per esempio Simon Wiesenthal, il cosiddetto cacciatore di nazisti. La persecuzione di criminali nazisti austriaci si limitava agli anni dell’immediato dopoguerra e agli esponenti di maggiore spicco. Coloro che avevano il potere di prendere decisioni di peso politico, e parliamo dei due maggiori partiti, dopo il ’45 si affrettarono piuttosto a riabilitare gli ex appartenenti al partito nazional socialista sul piano sociale e politico, anche per guadagnarli a sé come potenziali elettori. La liberazione dell’Austria dal nazionalsocialismo da parte degli Alleati non fu vissuta dalla maggioranza della popolazione come liberazione, ma come occupazione. LAustria è libera, si gridava, non nel ’45, ma ufficialmente soltanto nel ’55. Una differenziazione credibile tra vittime, e carnefici praticamente in Austria non ha avuto luogo. In considerazione di ciò si faceva uso di un’accezione di vittima estremamente vaga e utilitaristicamente pragmatica, come, per esempio, in una guerra così terribile tutti devono essere considerati vittime: soldati della Wermacht nell’esercito hitleriano, allo stesso modo di ebrei e combattenti per la Resistenza. Quindi i colpevoli non ci sono, ci sono solo persone accecate o ingannate. Le vere vittime del nazionalsocialismo, e cioè gli oppositori e i combattenti di tutte le appartenenze politiche, gli ebrei, gli zingari ed altri, dopo la guerra furono al centro dell’interesse solo quando si riteneva necessario dimostrare il proprio contributo alla liberazione, così come veniva richiesto nella dichiarazione di Mosca. In seguìto tutto questo fu dimenticato. Un risarcimento oppure una riparazione, parole di per sé terribili perché esprimono in realtà l’impossibilità di riparare, ha avuto luogo in modo assolutamente insufficiente. Il risarcimento delle vittime del nazismo ha significato in Austria non un profondo riconoscimento della loro sofferenza, non il diritto alla riparazione, ma nient’altro che una sorta di atto caritatevole. L’Austria si è risvegliata da questo sonno compiaciuto di sé solo quando il presidente della Repubblica Waldheirn disse in modo lapidario del suo passato di soldato che aveva fatto solo il suo dovere, suscitando critiche massicce a livello nazionale ed internazionale. Con questa frase di Waldheim venne alla luce pienamente l’atteggiamento dell’austriaco medio. Ci si deve chiedere quale fosse stato in effetti il dovere di un cittadino austriaco negli anni dal ’38 al ’45: servire nella Wermacht di Hitler in una guerra criminale, oppure sottrarsi ad essa e fare resistenza. Chi sono o sono stati i veri eroi? Coloro i quali hanno opposto resistenza, o gli eterni opportunisti? Queste sono domande discusse pubblicamente e seriamente in Austria soltanto a partire da quella dichiarazione di Waldheim; da quel momento – e questo è veramente l’unico aspetto positivo del caso Waldheim – si è messa in movimento la memoria critica dei crimini nazisti, delle vittime della politica razziale di Hitler, e la Resistenza effettivamente compiuta. Per la prima volta fu l’attuale cancelliere a parlare, in un discorso molto seguito davanti al Parlamento austriaco, di colpa e di complicità dell’Austria e di molti austriaci. Lo stesso spirito è emerso in un discorso dello stesso cancelliere tenuto nel giunto del ’93 all’Università ebraica di Gerusalemme. Cosa dobbiamo dunque fare cinquant’anni dopo Hitler? Quali sono i compiti che abbiamo davanti? Il solo ricordo, la sola commemorazione nei discorsi celebrativi diventa parola vuota se non si attua anche una politica credibile, e intendiamo una politica democratica d’attacco. Per esempio, e questa tematica in Austria è stata al centro di accese critiche, bisogna realizzare una politica di apertura e di integrazione nei confronti degli stranieri e di tutte le minoranze. Il modo in cui uno Stato affronta le necessità dei membri più deboli della società, cioè soprattutto delle minoranze etniche e di coloro che chiedono asilo, è un criterio con cui misurare lo stato di democrazia di un paese. Un altro criterio per stabilire l’effettiva democrazia di un paese è giudicare come reagisce il governo ai tentativi destabilizzanti da parte di populisti di destra, radicali di estrema destra e neofascisti. In Austria, per esempio, il pericolo destabilizzante che viene da destra, dai terribili attentati delle lettere-bomba, al vile assassinio di quattro Rom, è stato colpevolmente minimizzato. La democrazia parlamentare, quindi la libertà d’espressione e l’obiettivo della decisione politica come risultato del pacifico confronto delle idee, deve essere salvaguardata come valore basilare di una società. Bisogna rendere pienamente comprensibile soprattutto alle nuove generazioni il fatto che la democrazia è l’unico garante per impedire il rigenerarsi di sistemi politici di carattere dittatoriale che hanno come base il disprezzo dell’essere umano. Non si ripeterà il nazional socialismo storico, ma l’ideologia che ne fu alla base può senz’altro tornare in forma modernizzata. Perciò è necessaria una resistenza senza alcun compromesso a ogni forma di nuovo razzismo, di xenofobia e di ingenuo nazionalismo, e soprattutto il revìsionismo storico deve essere ripudiato socialmente con i mezzi della politica. Bisogna aggiungere un’elaborazione credibile del passato nazista, questa deve avvenire nel modo seguente. Primo: ricerca storica sostenuta da denaro pubblico; una ricerca credibile è però possibile soltanto se include i colpevoli e le strutture che permisero i misfatti, anche se ciò potrà rivelarsi doloroso e impopolare. Una semplice rielaborazione storica di quanto avvenuto che si concentri esclusivamente sulle vittime non è sufficiente. Secondo: intensivo lavoro di edificazione e di mantenimento dei monumenti e dei luoghi che ricordano lo sterminio nazista. Questo significa una maggiore accessibilità dei luoghi di valore storico, così come documentazioni di natura storica nei luoghi autentici, nonché intenso lavoro pedagogico. 1 luoghi che ospitano monumenti che ricordano l’Olocausto non dovranno essere soltanto luoghi dedicati alla memoria, ma anche all’apprendi mento. Terzo: le vittime del nazismo non dovranno in alcun caso divenire oggetto di strumentalizzazione politica, come è avvenuto con l’esclusione delle vittime della Resistenza comunista in Germania. Per conseguire tali obiettivi è necessaria una politica ispirata alla franchezza e al coraggio nei vari paesi d’Europa e di tutto il mondo. Ora, in concreto, cosa abbiamo fatto noi di Ebensee per confrontarci con la nostra storia? Innanzitutto devo dare atto al gemellaggio con Prato: è stato questo gesto di amicizia a renderci possibile il confronto con la nostra storia. Per tanti, troppi anni ci è stato detto e ci dicevamo: lasciamo il passato dov’è. lo devo dire un grazie soprattutto a Roberto Castellani e al compianto Vannini che hanno desiderato questo gemellaggio, che ci hanno teso la mano, e credo che possiamo dire con un certo orgoglio che di strada ne abbiamo fatta molta, e anche se c’è stata qualche difficoltà di comprensione tra noi, i nostri cuori sono più vicini. lo credo che in Europa ci sono circa 8.000 gemellaggi fra le varie città europee, ma soltanto uno con le caratteristiche del nostro. I contenuti, è inutile ripetere, sono di tutt’altra portata e ci aiutano tutti i giorni ad andare avanti sulla via della pace. Naturalmente è nostro intendimento, nostro desiderio mantenere al meglio in modo più degno possibile le strutture che abbiamo nel nostro territorio e che servono alla commemorazione. Infatti, come forse qualcuno saprà, abbiamo reso accessibile una galleria di Ebensee. I lavori dovranno essere ancora finiti e spero che entro pochi anni questo lavoro possa essere finanziato fino in fondo e finito. Inoltre abbiamo adibito una vecchia scuola elementare di Ebensee a museo della Resistenza e i lavori sono già terminati e speriamo di poter inaugurare nel ’96 questo museo che non è solo museo, ma un centro di studi di seminari che vuole confrontarsi soprattutto con la Resistenza austriaca e soprattutto nella nostra zona. Per fortuna in questi momenti, nel momento attuale politico anche dell’Austria, pare che qualcosa si sia mosso e i soldi
arrivano con più speditezza, abbiamo più denaro a disposizione per realizzare questi nostri progetti. Appunto non si tratta solamente di un museo, vogliamo creare un centro di incontro e di fonnazione per giovani. Dovranno svolgersi dei seminari che avranno come scopo il lavoro di conoscenza sull’antifascismo. Crediamo di aver dato e di tornare a dare il nostro contributo per non stancarci mai di mostrare a tutti ciò che è successo nel terribile campo di concentramento di Ebensee, perché questi terribili misfatti non potranno mai più ripetersi. Grazie.

ITALO TIBALDI – Ringraziamo il sindaco di Ebensee per le rinnovate affermazioni di amicizia. Abbiamo fiducia per quanto sarà realizzato sul campo e per gli aspetti culturali che saranno lì approntati. Ringraziamo l’assessore alla Cultura di Ebensee per l’impegno che ha con i rapporti della scuola e del Widerstand Museum. Abbiamo anche la fortuna di avere con noi il Sindaco di Weimar.