La risiera di S. Sabba ha vissuto la sera del primo luglio scorso il momento più alto tra quelli, pur numerosi e apprezzabili, svoltisi tra le sue mura per ricordare il 50° anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti: una “Lettura scenica” intitolata “La memoria dell’offesa”, uno “spettacolo” unico nel suo aenere, per rievocare l’inferno dei campi nazisti e comunicarlo al pubblico, rendere omaggio ai 5.000 bruciati nella Risiera e agli 11 milioni di combattenti antifascisti, ebrei e altri deportati soppressi nei Lager dalle SS; per ricordare il loro sacrificio perché sia di severo monito al mondo che sta tragicamente rivivendo fenomeni simili a quelli del tempo nazista, che si sperava superati per sempre.
Sono stati ricordati, non nei modi abituali, pur essi necessari e utili, ma con una “Lettura scenica”, pienamente rispettosa del luogo in cui si svolgeva, di drammatiche testimonianze di superstiti, raccontate da personaggi di grande rilievo del teatro italiano e sloveno, intrecciate gon suggestivi canti della Resistenza di cori e solisti, con proiezioni su un grande schermo, il tutto in un ambiente reso suggestivo da fasci di luci variamente graduate per rilevare le diverse situazioni.
Ideatore e regista Renato Sarti col suo “Teatro studio giallo”, tanto abile nel realizzare lo “spettacolo”, che ha affascinato migliaia di spettatori in piedi per due ore, quanto tenace nell’avere superato, con i suoi collaboratori, le molte difficoltà e scetticismi affrontati per portare a compimento l’opera.
Si è iniziato con la lettura, in un silenzio profondo e commosso, della cosiddetta “Lista Albin Bubnic”, compilata dal compianto giornalista scomparso anni fa, che comprende i nomi conosciuti di alcune centinaia di soppressi alla Risiera, avendo i nazisti distrutto quasi tutta la documentazione esistente prima di fuggire. Affacciati alle finestre dei cameroni dove erano stati rinchiusi i prigionieri destinati al forno crematorio o alla deportazione in Germania, gli attori hanno quindi dato voce alle tragiche testimonianze di superstiti dei Lager, in italiano, sloveno, croato, ebraico e anche in dialetto triestino: Gioraio Strehler, Omero Antonutti, Orazio Bobbio, Marisa Fabbri, Fulvio Falzarano, Lidia Kozlovic, Lucka Pockai, Ariella Reggio, Moni 0vadia, Paolo Rossi, Mira Sardoc, Bebo Storti, Barbara Valmorin.
Testimonianze scelte tra quelle raccolte nel libro di Marco Coslovich “I percorsi della sopravvivenza. Storia e memoria della deportazione dell’Adriatisches, Kustenland”, opera fondamentale in materia, che comprende ben 90 testimonianze, sistemate e commentate in modo da fornire il quadro più completo esistente su questo tema. Queste testimonianze erano integrate con quelle raccolte da
Carlo Schiffrer, Ricciotti Lazzero, Giovanni Postogna. Fino ad arrivare al processo ai criminali della Risiera, celebrato con molto ritardo, dopo molte resistenze e poi concluso con alcuni aspetti assai discutibili, come molto bene ha messo in rilievo l’attore che, da una delle finestre, ha parlato dell’argomento.
Le voci dalle finestre erano intrecciate, in un ordito bene indovinato, con canzoni partigiane del coro di Prosecco Contovello, dei “Piccoli cantori della città di Trieste”; con le struggenti melodie ebraiche di Moni Ovadia accompagnate da un clarinetto, un violino, una tromba, una fisarmonica; con poesie di Cergoli, Saba, Kosovel, Ketty Daneo. Sonorizzazioni e musiche originali di Alfredo Lacosegliaz.
Il tutto in una atmosfera solenne, col numeroso pubblico silenzioso e assai coinvolto e partecipe.
Ma alla straordinaria suggestione, all’alto livello artistico e culturale dello “spettacolo”, è da aggiungere la non meno importante comunicazione trasmessa ai presenti, e il ripetuto riferimento a tragiche situazioni attuali, simili a quelle del passato.
Infatti la prima immagine proiettata sullo schermo è stata quella dell’incendio del “Balkan”, albergo e centro culturale della minoranza slovena di Trieste, primo grande atto terroristico fascista della “pulizia etnica” contro le minoranze slovena e croata della Venezia Giulia, iniziata nel 1920 e barbaramente continuata per tutto il ventennio, fino a raggiungere il culmine, in collaborazione con i nazisti, nel Lager di S. Sabba. Seconda proiezione, la nota dichiarazione di Mussolini, sempre nel 1920, sul grande sviluppo dominante del fascismo nella regione, mentre nel resto del paese era ancora una minoranza. Sono seguite altre proiezioni su aspetti del fascismo e dei nazismo e quelle significativamente insistite sugli attuali Lager della Bosnia. E’ stato così pienamente realizzato l’intento dello “spettacolo”: cultura, arte e storia insieme, partendo dal “Balkan” e arrivando a S. Sabba e alla Bosnia.
La manifestazione ha avuto l’alto patronato del presidente della Repubblica, il patrocinio del Comune di Trieste e del Comitato nazionale per il cinquantennale della Resistenza, l’adesione di molte associazioni, tra le quali l’Aned, l’Anppia, l’Anpi, la Fiap, la Fivi, l’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli-Venezia Giulia, della Comunità abraica e di Simon Wiesenthal.
Nel corso di un incontro nella sede dell’Aned di Trieste tra dirigenti di quest’ultima con il regista e alcuni suoi collaboratori, a Renato Sarti è stato offerto un fazzoletto da ex deportato e una medaglia fatta coniare dall’Aned per ricordare il 50° della liberazione dei campi di concentramento. Personalmente a Sarti, ma simbolicamente a tutti i realizzatori della straordinaria “Lettura scenica.”
E’ allo studio la possibilità di realizzarne una in formato ridotto, per renderla itinerante, a cominciare dal Friuli Venezia Giulia e poi avanti, in modo da contribuire a superare la grave situazione denunciata anche da Giorgio Strehler in una intervista concessa a un quotidiano triestino dopo lo “spettacolo”: “Una delle cose più turpi, più tragiche dell’Europa, ma in particolare di questo Paese, è il fatto della dimenticanza, di non avere una testimonianza viva, di non tenere vivo il ricordo di alcune cose che sono invece fondamentali. Cose che la scuola oggi non insegna, per cui le nuove generazioni nascono nell’oblio. Io, quando posso, in qualsiasi circostanza, ricordo e dico: guardate che il presente e il futuro nascono anche dalla memoria del passato, per criticarlo magari, ma per conoscerlo”.

Ferdi Zidar