Un ragazzo bergamasco racconta il suo viaggio

Non isolate esplosioni di fanatismo ma un calcolato programma di governo. “Da cristiani si può e si deve perdonare. Ma non dimenticare”
 

 

Quando, a scuola, mi hanno chiesto se desideravo partecipare ad una visita, o meglio, ad un pellegrinaggio nei campi di concentramento di Mauthausen e Dachau, sono rimasto estasiato ed impietrito allo stesso momento. Mi si presentava l’opportunit` di trovare una risposta alle mie tante domande sull’epoca nazista, di riuscire a visitare quei luoghi dove centinaia di migliaia di persone hanno sofferto e sono morte vittime dell’ideologia nazista e devastatrice.
Il primo impatto che ho avuto con i lager h stato doloroso, pieno di rabbia ed indignazione, che a stento sono riuscito a trattenere, ricordando i precetti cristiani di amore e perdono. Poi ho pensato a quelle persone che li erano entrate non come visitatori, ma come vittime; sono come tornato indietro nel tempo, cercando di immedesimarmi in loro, ma non ci sono riuscito: il pensiero era troppo opprimente, il dolore troppo grande. Ho comunque compreso la tragedia e trovata una risposta concreta alle mie domande. Durante la visita ai campi tutti erano presi da uno strano mutismo, nessuno parlava, agghiacciati dalle fotografie e dagli altri documenti del museo allestito in entrambi i lager visitati.
Il campo di Mauthausen h come un pugno in un occhio; nel mezzo della bellissima campagna austriaca, appena oltre il Danubio, sorge il lager, con i suoi muraglioni di cemento, e, all’interno, le baracche, disposte in bell’ordine teutonico, non lontano dalla cava di pietra dove gli internati venivano costretti a lavori estenuanti.
A Dachau, invece, il campo h stato reso quasi invisibile: sorge infatti nel mezzo di un parco, un luogo dove sono morte migliaia di persone mimetizzato agli occhi del mondo tra alberi e fiori, senza segnali stradali ni; indicazioni di sorta! Allora ho cercato di trovare il motivo, e mi h sovvenuto che li eravamo in Germania, la patria di Hitler, di Himmler e degli altri aguzzini, dove si tende a nascondere quello che h successo, anche travestendo quei luoghi di morte. ( … ) Nel 1924 nel libro “Mein Kampf” (La mia battaglia) Hitler affermava il primato della razza ariana nel mondo e la missione dei tedeschi di dominare su tutti gli altri popoli.
Nel 1933, quando venne nominato capo dei governo, dette il via alla sua politica autoritaria ed aggressiva ed al suo progetto di costruzione di una grande Germania. Da questo punto in poi, l’Europa non si trovr piy di fronte soltanto a momentanee esplosioni di fanatismo, ma al calcolato programma di un governo che aveva creato uno spaventoso apparato di morte. Trasferire dalla vita alla morte milioni di persone, creare una “fabbrica” efficiente ed infallibile per eliminare gli oppositori alle loro idee, richiese ai gerarchi nazisti un impegno formidabile, un’organizzazione minuziosa ed uno zelo privo di piet`.
Tutto questo h avvenuto poco piy di cinquanta anni fa; mezzo secolo h trascorso ed in tutti rimane ancora viva la paura del nazismo, in tutti o quasi, perchi; in Italia sembra che queste tragedie siano passate senza aver lasciato tracce nella memoria di certe persone.
lo penso che da cristiani si possa, anzi si debba perdonare, ma che non si debba dimenticare. Noi, popolo italiano, dovremmo soffermarci di piy sulla nostra storia e meditare su quello che h successo e che sta succedendo, perchi; i campi di Treblinka, Sobibor, Mauthausen e tanti altri non tornino a spandere nell’aria il loro acre profumo di morte.

Miro Salvi, IIA Liceo Scientifico S. A1essandro – Bergamo