Quando si celebrano i successi della tecnologia spaziale si ricordino gli uomini che morirono per le V2
JEAN MIALET – Oggi doveva venire il presidente del Comìtato di Dora, purtroppo è dovuto rimanere a Parigi perché non poteva camminare, allora ha mandato me che ho fatto il viaggio a Dora con lui nel ’43 per parlarvi. Voglio a nome del mio presidente e di tutto il Comitato salutare la memoria di tutti gli Italiani che sono morti a Dora, e italiani superstiti di Dora ce ne sono almeno tre in questa sala, e ci sono anche molti ex prigionieri di guerra, perché disprezzando la convenzione di Ginevra i Tedeschi avevano mandato in questo campo di concentramento di Dora, questo campo infame, anche dei prigionieri di guerra italiani, i superstiti dell’esercito di Badoglio.

Come ha detto il mio compagno stamattina dì Buchenwald noi abbiamo visto anche a Dora sterminare gli Italiani, li hanno sterminati dopo averli umiliati nel modo più atroce possibile, perché noi eravamo vestìti con la divisa a righe con il triangolo rosso, gli Italiani invece avevano ancora la loro divisa militare. Non continuo su questo punto perché purtroppo la mia voce non mi permette di parlare a lungo, ho un piccolo testo da leggere preparato dal presidente dove parla innanzitutto di un dovere di memoria verso i morti, e soprattutto la memoria per aiutare quelli che rimangono. Il primo compito del nostro comitato dopo la guerra in Francia è stato quello di aiutare le vedove e gli orfani, ma non è più questo di cui si tratta oggi: si tratta della memoria storica. Non ripeterò tutto quello che vi è stato già detto oggi su questo tema, e devo dire che sono d’accordo su tutto quello che ho sentito oggi, soprattutto sul fatto di dare alle generazioni future, ai giovani, tutto quello che gli possiamo dare. Su questo punto passerò a quello che ha scritto il mio Presidente.

Bisogna conservare e perseguire la conoscenza dei fatti e dei luoghi, delle tracce e delle vestigia p~r arrivare a costruire la storia Vera della Deportazione. E necessario raccogliere il massimo numero possibile di testimonìanze registrandole con tutti i sistemi moderni: testimonianze tra mite articoli sui giornali o su riviste, con cassette video o film. 1 libri, già numerosi e utili, devono essere completati con le opere rigorosamente storiche. La caduta del muro di Berlino permette di arricchire considerevolmente gli archivi dei campi. Gli storicì professionali si interessano adesso molto seriamente a quello che è successo nei campi. Voglio insistere sul fatto che dobbiamo conservare i luoghi. Si comincia adesso a sapere che Dora era soprattutto una fabbrica sotterranea dove venivano costruiti i razzi VI e soprattutto V2. Questa fabbrica sotterranea è stata scavata in una collina, erano due tunnel di due chilometri di lunghezza e questi tunnel erano collegati con tantissime gallerie di 200 metri di lunghezza. E in questa fabbrica sotterranea i detenuti, tra cui io e il presidente del Comitato e tanti altri come noi, hanno vissuto per cinque mesi senza vedere la luce del sole. Questa collina in realtà è una collina di pietra di gesso e da vari secoli era utilizzata come cava, ma i mezzi tecnici dei tempi passati erano molto meno efficaci di quelli che abbiamo ora. Oggi ci sono macchinari enormi che continuano a scavare questa collina e questo rischia di distruggere completamente i resti della fabbrica sotterranea. E questo sarebbe qualcosa di terribile per tutti.

Due anni fa, nel ’93, i creatori del razzo spaziale, cioè i tedeschi che sono all’origine di questa tecnologia, avevano intenzione di fare una festa commemorativa e nel mondo intero ci sono state talmente tante proteste che questa glorificazione del razzo V2 e del suo ingegnere Von Braun non è stata fatta. Oggi abbiamo paura che ciò che rimane del tunnel di Dora sia un giorno utìlìzzato come un museo dell’aria e dello spazio, e stiamo attenti a che semmai un giorno queste conquiste tecnologiche dovessero essere ricordate in quel luogo come in altri, l’origine dell’aereo spaziale sia sempre associata alle condizioni dì vita con le quali questa origine ha avuto luogo. t un punto sul quale siamo molto attenti nel Comitato internazionale, abbiamo contatti con l’Istituto di Washington, con il Museo dell’aria e dello Spazio di San Diego;degli Americani hanno cominciato a scrivere dei libri che parlano un po’ di questa storia di Dora, e devo dire che tutti gli scienziati, gli ingegnerì che hanno lavorato e che lavorano ancora oggi ai razzi spaziali, allo sviluppo dei razzi sanno in quali condizioni la partenza di questa tecnologia ha avuto luogo.

Se mi permettete di insistere un po’ su questo punto specifico, negli Stati Uniti ci sono state delle istruzioni ufficiali che vietavano di parlare delle condizioni nelle quali i razzi V2 di Von Braun erano costruiti. perché Von Braun è uno dei padrì della Nasa e gli dobbiamo la conquista dello spazio e della luna. Anche i Russi hanno usato questi ingegneri, ma hanno dato meno premi ai loro ingegneri tedeschi e ho saputo recentemente che anche in Francìa il razzo Arianne francese è stato costruito con l’aiuto di ingegneri tedeschi che l’esercito francese aveva raccolto alla Liberazione.

Potrei continuare ancora a lungo, siete stati molto attenti, però voglio ricordare che circa 60.000 deportati sono passatì a Dora e su questi 60.000 deportati almeno 20.000 sono morti. Abbiamo cominciato anche un lavoro storico sulle testimonianze, e ali storici sanno che spesso le testimonianze bisogna considerarle bene, e questo lavoro di ricerca è attualmente in corso ed è un lavoro che viene svolto dalla nostra Associazione di Dora. Molti fra noi l’hanno detto stamattina e questo pomeriggio, come il signor Goldstein: abbiamo molta speranza che le fondazioni riescano a svolgere questo lavoro di memoria, perché purtroppo e ovviamente le associazioni stanno diminuendo il numero dei partecipanti molto rapidamente. Ci sono stati tanti giovani nei campi di concentramento, oggi questi giovani sono normì o anche di pìù e scompaiono rapidamente. Se la mia voce lo permettesse parlerei per un’altra ora, ma mi fermo prima che la mia voce scompaia dei tutto. E vi ringrazio.

 

INTERVENTO – Ringraziamo Jean Malet per lo sforzo e per la capacità interpretativa sottovoce. E vogliamo ricordare l’attività di Airaldi che rappresenta il gruppo Dora e che continua la sua ricerca. Grazie per questo impegno. Abbiamo anche la fortuna di avere questa sera un caro amico superstite di Gusen.