Ridurre i crimini del nazismo allo sterminio degli Ebrei e un errore politico grave Il ruolo delle Fondazioni
MAURICE GOLDSTEIN – Caro presidente, cari compagni di prigionia, cari amici, anch’io vorrei ringraziare e felicitarmi con l’Aned per l’organizzazione di questo congresso e per il tema scelto, che è un tema per il futuro. t certo che se noi, testimoni dei crimini del nazismo, non prepariamo l’avvenire nessuno lo farà.
Come dice uno slogan dell’Aned: bisogna dare alla memoria un futuro. Comincerò con un tema che mi è molto caro personalmente, è il problema delle fondazioni. 1 miei compagni italiani conoscono il mio impegno per la creazione di fondazioni. Dopo la grande diffusione degli scritti negazionisti degli anni ’70 molti superstiti dei campi hanno temuto che dopo la loro scomparsa la memoria dei crimini del nazismo potesse essere perduta. Già in Francia e in Belgio sono nate alcune associazioni con il nome di figlie e figli della deportazione. Noi del Comitato intemazionale di Auschwitz non abbiamo ritenuto indispensabile che soltanto figli o figlie di deportati potessero essere i portatori del nostro passato. Nel ’79 ho fatto due incontri interessanti a questo riguardo sulla costa ovest degli Stati Uniti. Ero a un congresso professionale e ho incontrato a San Francisco un superstite di Auschwitz, Max Garcia, e mi ha invitato all’inaugurazione di una libreria dell’Olocausto a San Francisco. Ho preparato un piccolo discerso in inglese e ho saputo che questa biblioteca esiste sempre, che funziona bene e che ci sono molti lettori che la frequentano. A proposito dell’uso di questa biblioteca dell’Olocausto, già ieri ho sentito spesso i nostri amici italiani usare il termine Olocausto, e devo dirvi che è una parola che io non uso mai. Sono forse un Don Chisciotte, ma non cambierò parere su questo. Se prendete un vocabolario etimologico olocausto significa un sacrificio rituale religioso spontaneo e tramite il fuoco. t un’allusione ai crematori? Ma i crematori esistevano in tutti i campi di concentramento e non sono i crimini del nazismo, è soltanto il modo per sbarazzarsi dei corpi. Il rischio è che questa parola olocausto è stata piano piano negli anni sostituita dalla parola Schoa. lo sono un poliglotta, al di fuori dell’italiano, ma io non capisco la parola Schoa, e credo che sia un rischio usare delle parole che non corrispondano ai fatti. Conosciamo tutti i fatti, non li ricorderò qui. Il rischio è che questa mostruosità, questo sterminio degli Ebrei organizzato che noi chiamiamo Olocausto o Schoa sia soltanto l’albero che nasconde la foresta. E dico e ripeto da molti anni che ridurre i crimini del nazismo soltanto allo sterminio degli Ebrei è un errore politico grave ed è per questo che io non uso queste parole. Il secondo incontro che ho fatto in America è stato a Los Angeles con un superstite di Auschwitz e con un mio amico, e questo aveva creato una Fondazione Auschwitz e aveva esposto del materiale che lui aveva organizzato, preso in prestito al Museo di Auschwitz, e con un camion della propria ditta trasportava questa mostra in tutte le biblioteche. Ho trovato questa iniziativa molto interessante e al mio ritomo a Bruxelles sono stato a trovare il mio presidente belga e gli ho parlato di queste iniziative. Ne abbiamo parlato in Comitato e nell’81, 14 anni fa, abbiamo creato una Fondazione Auschwitz, che è una fondazione sorella della nostra organizzazione di ex deportati ad AuschwitiHo già avuto il piacere e l’onore di raccontare questa esperienza a un altro Congresso dell’Aned e quindi sono molto felice di sentire che una fondazione sarà creata anche qui in Italia. Dal punto di vista pratico che cosa ha portato questa fondazione? Abbiamo attualmente in Belgio un’associazione di superstiti di Auschwitz dove sc;no rimasti meno di 100 membri, che cosa si può fare con soltanto 100 membri? Nella Fondazione Auschwitz dall’81 ci sono 2.000 iscritti e niente viene fatto in Belgio senza l’aiuto dell’amicale degli ex deportati e l’aiuto soprattutto della Fondazione Auschwitz. Senza fare pubblicità devo aggiungere che da 14 anni abbiamo una fondazione dove lavorano 10 persone a tempo pieno. Ci sono due volontari tedeschi, e abbiamo una biblioteca di 4.000 libri su Auschwitz e sulla guerra. La Fondazione offre ogni anno un premio a una ricerca di dottorato universitario e ogni anno un premio su un tema, e organizza tutti gli anni un viaggio di studi ad Auschwitz Birkenau con da 50 a 70 professori della scuola media superiore, dando la preferenza agli insegnanti di storia, di religione e di morale. Ed è li che troviamo nuovi aderenti per la nostra Fondazione Auschwitz. Negli ultimi 7 anni abbiamo organizzato a Bruxelles 4 Congressi internazionali, due di un giorno, uno di tre giorni, ed uno di sei giorni, e abbiamo appena organizzato un seminario in Francia con la partecipazione della Fondazione per la memoria della deportazione in Francia. Non saremmo mai riusciti ad organizzare tutte queste attività senza l’aiuto, l’appoggio della Fondazione Auschwitz. Nel corso dei miei viaggi con il mio bastone da viaggiatore ho parlato ovunque di questo e il Comitato internazionale di Auschwitz ha attualmente 38 organizzazioni che fanno parte dell’Associazione, e 14 sono Fondazioni Auschwitz, e penso che questo sia un modo tra altri per preparare il futuro. Anche noi pensiamo che un giorno i testimoni che siamo scompariranno. Secondo argomento, i viaggi. Non li chiamiamo pellegrinaggi, ma viaggi di studio, perché questo viaggio è costituito da visite, seguite da dibattito quotidiano e il viaggio dura quattro giorni. Noi pensìamo che un adulto che visita uno dei nostri campi non è più lo stesso dopo e credo che questo sia un mezzo da utilizzare. Perché partire con insegnanti? Il primo viaggio che noi abbiamo organizzato era costituito da giovani,, ci sono stati alcuni problemi, poi ci siamo detti che prendendo invece degli insegnanti avevamo la possibilità di vedere il nostro messaggio moltiplicato: ogni insegnante lo raccontava poi ai suoi alunni. Si potrebbero dire ancora tante cose sui viaggi, ma mi fermo qua. Poi ci sono anche le mostre, ma tutti ne fanno in tutti i paesi, anche in Italia, ma penso che finché è possibile, e questo è vero anche per i viaggi, che le guide siano i superstiti dei campi, come le guide nelle mostre quando sono superstiti c’è un interesse completamente diverso. Ciò che facciamo attualmente fra tutti questi membri della Fondazione Auschwitz noi formiamo attraverso la partecipazione alle mostre e ai viaggi dei nuovi testimoni e poi questi nuovi testimoni possono partecipare a questi viaggi e a queste visite guidate nelle mostre perché lo hanno fatto con noi diverse volte. Il Belgio è un piccolo paese ed ha preparato una decina di anni fa una mostra sull’universo concentrazionario nazista, questa mostra viene presentata una ventina di volte all’anno e la sua prima presentazione era in un treno che ha fatto il giro di tutto il Belgio e che si è fermato in dieci stazioni importanti. Tutte le nostre organizzazioni hanno preparato mostre, il Comitato internazionale dì Auschwitz con il Museo di Auschwitz ha preparato nell’82 una grande mostra su Auschwitz, e noi avevamo un progetto un po’ pazzo che era di presentare questa mostra alle Nazioni Unite a New York. Sono stati necessari tre anni e mezzo di negoziati, però è stata presentata nell’85 a New York dove è rimasta tre mesi e 100.000 persone l’hanno visitata. In due anni e mezzo poi ha fatto il giro di tutti gli Stati Uniti, è stata due volte anche in Italia e in questo momento è per tre mesi in Belgio. Altro punto, le conferenze negli ambienti scolastici o socio-culturali: Tutte le organizzazioni organizzano dibattiti e conferenze nelle scuole, e bisogna riconoscere che in questi ultimi dieci anni c’è stato un desiderio molto forte dei giovani di imparare e capire, e anche qui i nuovi testimoni, i nuovi militanti della memoria, formati da noi superstiti, riusciranno ad organizzare queste conferenze e questi dibattiti senza di noi, quando sarà necessario. Siamo anche riusciti ad interessare il ministero dell’Istruzione in Belgio e un dossier pedagogico di 150 pagine è stato pubblicato e viene usato dai professori della scuola media, e penso che questo sia estremamente importante. Si possono lanciare idee molto interessanti e molto generose per il futuro, ma ne sento parlare da 30 o 40 anni, un’ora di lezione sul nazismo in tutte le scuole, in tutti i paesi d’Europa. Bravi, ma finché non viene fatto, vediamo di fare altre cose. Altro argomento, la raccolta delle testimonianze. Credo che non sia mai troppo tardi, bisogna sforzarci di accumulare conoscenze, accumulare materiale, delle testimonianze in modo sistematico, e siamo certi che un giorno saranno utilizzate. Soprattutto dobbiamo essere convinti che se non le raccogliamo adesso purtroppo saranno perse. E quando faccio allusione alla memoria non è la nostra sofferenza nei campi che è importante, l’importante è di arricchire la memoria collettiva dell’umanità. Sono convinto che tutto questo sarà usato un giorno, e come è stato detto da Gianfranco Maris, coloro che credono che tutto è stato già detto, che tutto è stato già scritto, questi si sbagliano. Bisogna continuare a raccogliere testimonianze, bisogna continuare a scrivere. In particolare per i superstiti di Auschwitz, perché ci sono piccole differenze tra dì noi. lo dico sempre ai superstiti quando vengono interrogati da giornalisti o da studiosi di far vedere il numero di matricola tatuato sul braccio, non è per fare pubblicità, è per dare alla testimonianza una autenticità incancellabile. E credo che bisogna continuare in questa strada e accumulare documenti. In Belgio, e non per essere nazionalista, la Fondazione Auschwitz ha firmato un accordo con la Yale University e con l’Université Libre di Bruxelles e circa 100 testimonianze (da due ore a quattro ore) sono state registrate, e sono dei documenti insostituibili sulla storia personale di alcuni superstiti, superstiti di Auschwitz o di altri campi. La memoria senza una documentazione fisica è una cosa delicata. Bisogna che le strade delle marce della morte, per esempio, siano ridipinte almeno una volta ogni 20 anni; bisogna che i luoghi degli ex campi nazisti siano preservati. Ad eccezione dei primi campi di sterminio nazisti come Kellmen, o Belzek, e Treblinka, dove non ci sono baracche perché non esistevano baracche neanche all’epoca, rimane di questi campi soltanto dei monumenti semplici, simboli~ ci, però negli altri grandi campi nazisti ci sono ancora deglì edifici. Non tanti a Buchenwald, per esempio, però ce ne sono un po’ dappertutto; bisogna che siano conservati, bisogna che mostre siano presentate in queste baracche e dobbiamo lottare perché la verità storica sia rappresentata e mostrata in questi campi. La conservazione di questi luoghi è indispensabile. In Germania i Lander, lo Stato invece in Austria, lo Stato anche in Polonia sono responsabili della conservazione di questi luoghi, ma c’è posto per la partecipazione dell’organizzazione che noi rappresentiamo. La conferenza dei presidenti dei Comitati internazionali si è interessata già a partire dall’89 a questo problema e si è rivolta alle organizzazioni europee sovranazionali per la conservazione di questi luoghi. Non è stato facile, ma finalmente siamo riusciti a ottenere nel febbraio ’93, due anni fa quindi, il voto di una mozione molto chiara e netta, una mozione votata dal Parlamento Europeo sulla conservazione di questi luoghi. Ma una mozione non dà soldi e finalmente recentemente abbiamo ottenuto l’apertura di una linea di credito che servirà all’organizzazione delle manifestazioni del Cinquantenario. Penso che questo sia un passo importante nella indispensabile conservazione dei siti degli ex campi nazisti. Parliamo adesso della falsificazione della storia. Da tanti anni dei gruppi neonazisti, dei gruppi di estrema destra, sostenuti da formazioni di pseudo storici hanno intrapreso delle campagne a livello internazionale già negli anni Cinquanta. Il primo motto era: non c’è mai stata una camera a gas sul territorio tedesco. Questa era già una menzogna, pensiamo q Mauthausen e al castello di Harteim. Progressivamente questi negazionisti (e voglio usare questa parola negazionisti apposta, non uso la parola revisionisti perché parlando non si possono mettere virgolette) hanno concentrato i loro sforzi sulle camere a gas di Auschwitz e sul numero delle vittime ebraiche e il numero delle vittime in generale. Non parlano mai di zingari, eppure ce n’erano in tutti campi, ad Auschwitz tutti sono stati gassati. Non parlano mai dei 4 campi di sterminio che ho citato prima, non erano in Germania, erano in Polonia. La loro azione ha forse un po’ stimolato le nostre attività, ma un dibattito pubblico con i negazionisti è assolutamente impensabile. Ma non dobbiamo prendere alla leggera le loro attività, hanno una rete internazionale molto importante. Voglio fare un esempio. Il mio amico di Los Angeles di cui vi ho parlato prima, che ha perso la madre e la sorella ad Auschwitz, ha risposto ad una provocazione di questo gruppo a Los Angeles. Questo gruppo ha annunciato che dava 50.000 dollari a chi poteva provare che anche un solo Ebreo è stato gassato ad Auschwitz. Questo amico è andato a vedere il suo avvocato, ha scritto una lettera, il processo è durato sette anni e lui ha vinto il processo. Noi l’abbiamo sostenuto con delle testimonianze, dei documenti, loro hanno pagato 100.000 dollari, perché c’erano anche le spese. E in occasione di questo processo nell’85 abbiamo conosciuto il budget di tre organizzazioni che erano accusate. C’è un’organizzazione che si chiama IHR (Istituto per la rivista storica), Lobby bianca, e un editore. Il loro budget per l’84 è stato di 9 milioni di dollari. Allora bisogna che ci siano tante fondazioni per aiutarci a combattere questa gente che ha tanti soldi. Volevo parlare un po’ delle leggi nei nostri paesi. Personalmente non penso che sia attraverso leggi che faremo tacere i negazionistí, ma bisogna che ci siano delle leggi, se no non possono essere perseguiti, e queste leggi devono essere applicate. Diversi paesi, fra cui il Belgio, hanno inserito nella loro legislazione delle leggi contro questi negazionisti. Ma penso che sia lo sforzo di informazione verso i giovani, verso gli insegnanti che può aiutare a vaccinare l’u-
manità contro la diffusione di queste varie pesti nere o brune che siano. Concluderò parlando delle commemorazioni del 50′ anniversario. Mi ha un po’ disturbato che si è molto parlato di questo 50′ anniversario come se fosse l’ultimo anniversario dei superstiti. Noi siamo ancora qui. Queste cerimonie non sono una fine, sono una nuova partenza. La nostra battaglia antifascista purtroppo non è finita, forse ci sarebbe piaciuto diventare degli ex combattenti, non è colpa nostra ma non è possibile, la battaglia è necessaria ancora oggi. Sono state citate credo oggi tutte le date delle manifestazioni del 50′ anniversario, senza nessuna pretesa poiché ad Auschwitz l’abbiamo già fatta, faccio l’augurio che ognuna delle manifestazioni che voi avete preparato ricordi al mondo tutti i crimini del nazismo, e che mostri che lo Stato nazista era uno Stato criminale, già a partire dall’apertura del primo campo di Dachau. Io so e sono certo che i giovani vogliono che noi gli portiamo qualcosa per aiutarli nelle battaglie di oggi. Il nostro posto è accanto a tutti gli oppressi, però penso che la nostra ‘Ispecializzazione”, che non abbiamo scelto noi, ci deve far interv’enire sui crimini di cui abbiamo conoscenza. Questo non vuol dire che dobbiamo stare zitti davanti a quello che succede in Bosnía: anche se l’epurazione etnica in Bosnia non è paragonabile a quello che noi abbiamo vissuto, però è un crimine contro l’umanità che noi dobbiamo denunciare. Penso che i superstiti dei campi della morte che siamo, testimoni di un periodo che non è dimenticato, devono mostrare l’esempío, devono mostrare che è il ricorso alle strutture democratiche che può aiutare le nostre società, ma non dobbiamo dimenticare che un sussulto che richiami alla memoria le leghe antifasciste sarà forse ancora necessario, prima che si sviluppino in Europa dei gruppi importanti che sognano di rimandare l’Europa nella notte del fascismo. Per concludere devo dire che non credo che da soli riusciremo a seguire tutti gli impegni che vi ho elencato ora; credo che noi che abbiamo provato con l’aiuto di gente più giovane come nelle fondazioni abbiamo visto la loro attitudine cambiare. Non è troppo tardi, le organizzazioni italiane qui presenti e le organizzazioni internazionali possono ancora ripensare a livello nazionale, a livello internazionale questi problemi. Lesperienza del paese da dove provengo, il Belgio, è esemplare su questo punto e quando vado alla Fondazione Auschwitz dove c’è il mio segretariato io vi trovo un’attivítà frenetica e ho molto meno paura per il momento in cui noi non potremo più occuparci di questo. Vi ringrazio.
ITALO TIBALDI – L’intervento di Maurice come sempre lascia riflessioni e dice a tutti noi che dobbiamo ancora ripartire. lo credo che abbiamo tentato di farlo, lo stiamo facendo, credo che sia importante che la riunione di oggi dica che non possiamo partire da soli. Condivido e condividiamo queste preoccupazioni, comunque qui ‘ noi saremo vigilanti. E non è una vigilanza soltanto pensata, è operativa e puntuale: è un’operazione di pace che noi portiamo avanti da sempre. Grazie Maurìce per questo ricordo. Adesso abbiamo Stenken che viene a dirci invece qualcosa su Dora.