Lottare contro la mancanza di memoria e tappa fondamentale della lotta per un nuovo ordine mondiale
ANDRE’ DELPECH – Voglio portare i miei saluti ai compagni italiani, i saluti dei deportati dei campi di concentramento di Dachau e dei suoi sottocampi. Vi auguro, in qualità di presidente del Comitato internazionale di Dachau, una grande riuscita per l’XI congresso nazionale. In Italia, come in tutti i paesi europei, gli ex deportati nei campi di concentramento nazisti commemorano l’anniversario della loro liberazione. Organizzano dei congressi come questo qui a Prato. Fanno tutto questo perché gli abitanti di questa terra non perdano la memoria del massiccio olocausto. Il sistema sovietico che ha sviluppato il gulag, con meno perfezione a livello tecnico, però ha ancora largamente passato in numero di vittime quelli nazisti. E poi in Cina e nel Sud-Est dell’Asia, un sistema di campi si è sviluppato che in numero e in orrore non ha niente a che invidiare agli esempi tedeschi e russi. E poi c’è la purificazione etnica in Bosnia e in Ruanda, e in molti altri luoghi del nostro pianeta. Lampiezza dei crimini contro l’umanità che è stata compiuta nel nostro secolo mette tutta l’umanità intera davanti a compiti molto pesanti e importanti sia dal punto di vista spirituale che politico. In questo periodo dal 1945 in poi noi ci siamo a poco a poco avvicinati alle responsabilità di una legalità mondiale con una polizia mondiale, una giustizia mondiale. Noi restiamo in questo modo ancora molto lontani dall’obiettivo così grande che è quello della umanizzazione degli uomini. Malgrado tutto noi non dobbiamo lasciarci intimidire dall’immensa massa di vittime, dagli ostacoli per la realizzazione di questa legalità mondiale; bisogna lottare contro questa resistenza intellettuale, questo lasciar fare, questo 1asciare i morti ai morti”. Lottare contro la mancanza di memoria è dunque la tappa fondamentale della lotta per un ordine mondiale dello stato di diritto. Noi, i testimoni, ancora vivi per miracolo 50 anni dopo, non sappiamo ammettere che non abbiamo forse saputo insegnare la nostra esperienza e le nostre ambizioni. Non abbiamo forse privilegiato troppo nella nostra pedagogia la spiegazione delle cause, degli effetti e degli orrori del nazismo, senza aver dedicato del tempo invece nell’educazione e nella formazione dei caratteri? Questo sarebbe pertanto un soggetto importante per l’autore dell’educazione delle giovani generazioni; oggi il nostro sangue è più debole e le nostre forze diminuiscono, i nostri esempi cominciano a sembrare un po’ desueti e malgrado qualche gentilezza, se vogliamo ascoltare ancora le nostre testimonianze storiche, non possiamo più permettere che l’avversità possa arricchire l’individuo. à qui che risiede l’essenziale delle lezioni delle nostre esperienze. E così, malgrado la nostra età, noi ci interroghiamo oggi sul senso dell’evoluzione del corso della storia e dei comportamenti dei nostri contemporanei, ed è certamente così che noi dobbiamo prendere coscienza per trasmettere le forze e i mezzi di insegnare alle attuali tendenze ciò che abbiamo sofferto e ciò che abbiamo vissuto. Il comitato internazionale di Dachau e gli ex deportati di Dachau hanno a livello internazionale sostenuto certe azioni, in particolare l’edizione e la pubblicazione a livello intemazionale dove scrivono personaggi di portata internazionale. In accordo con il governo bavarese abbiamo avuto la creazione recente di una commissione storica comprendente numerose personalità intellettuali tedesche, con la presenza di compagni anziani di Dachau, e ciò per partecipare alla ricostruzione della storia del campo. Abbiamo incitato la costruzione di una casa per giovani a Dachau per ospitare tutti gli anni dei seminari di giovani che vengano per parlare di questioni di dignità umana e di democrazia. Il Comitato creerà a Bruxelles una Fondazione internazionale di Dachau. Lavoriamo anche in seno a un Comitato internazionale e poi lascerò la parola al rappresentante di questo Comitato internazionale. A livello nazionale francese il Comitato anziani di Dachau partecipa al funzionamento della fondazione per la memoria che è stata creata per iniziativa della Findierpa. Compagni italiani di deportazione, il nostro compito non è terminato, perché noi dobbiamo ancora dimostrare e convincere che la storia, se bene presentata, può essere educativa. Dobbiamo mantenere la stessa linea di comportamento che abbiamo avuto allora nel testimoniare, e dobbiamo mobilitare le energie. lo termino dicendo che l’individuo pensa con la sua intelligenza, ma l’uomo vive per la sua volontà e la sua determinazione. In altri tempi la memoria era una qualità, oggi è divenuta dovere: il dovere della memoria. Allora, manteniamo fede a questo dovere.

ITALO TIBALDI – Colgo l’occasione, nel ringraziare il compagno e amico presidente di Dachau, per portare un saluto a un altro grande amico di Dachau. Vorrei dire a Giovanni Melodia che siamo con lui oggi, anche se lui purtroppo non può oggi sentirci. Abbiamo pensato che il campo di Sachsenhausen ha qui un rappresentante esclusivo, ha il suo Presidente. Vorremmo che accompagnasse il Presidente anche il delegato italiano Ansaldi che, voi sapete, opera in una situazione difficile, perché Sachsenhausen è in una situazione difficile.