Per arrivare alla verità ci vogliono gli storici ma sono anche indispensabili le nostre testimonianze
PIERRE SERGE CHOUMOFF – Nei campi di Gusen 1 e Gusen 2 c’erano 26.000 persone, molti di più dei prigionieri al campo-madre di Mauthausen. Abbiamo quindi pensato che era ora per il 50′ anniversario di preparare le possibilità per una manifestazione internazionale prendendo contatti con la popolazione locale seguendo l’esempio di Tibaldi con la sua azione tra Prato ed Ebensee. Non siamo ancora arrivati a questo punto, ma nel giugno scorso c’è stato un incontro tra i sindaci dei Comuni di Langhenstein e San Georgen, cioè i comuni sui quali erano costruiti i campi di Gusen 1 e 2. C’erano anche 30 associazioni locali austriache ed è stato deciso, e il protocollo è già stato consegnato, che potremo fare le nostre manifestazioni sul campo sportivo del Comune di Langhenstein che è posto proprio di fronte all’ingresso dell’ex campo di Gusen I.

In quell’occasione abbiamo saputo che la popolazione locale austriaca aveva cominciato a studiare il proprio passato e che aveva fatto un censimento dei resti di Gusen che esistono ancora. Poiché si è parlato di Dora non si conosce molto bene la vera importanza industriale di Gusen 2. lo ero a Gusen 1 e i superstiti di Gusen 1 se lo ricordano sicuramente, per noi il campo’di Gusen 2 rappresentava l’infemo. A livello del campo di Mauthausen era lì che c’era la mortalità più alta. Sette chilometri di gallerie sono stati scavati dai deportati, e nell’aprile ’45 circa 900 aerei a reazione, più modemi di tutta la guerra, sono stati costruiti a Gusen 2.

Questo preoccupava tantissimo gli americani. Voglio sottolineare il fatto che alcune ricerche storiche, anche se non fatte da professionisti, possono essere molto importanti. Qui vi mostro una mappa americana in previsione di alcuni bombardamenti strategici, del gennaio ’45, sul luogo di Gusen 1 e Gusen 2 con anche lo spessore della terra al di sopra delle gallerie. Una settimana fa ho ricevuto un altro documento che è una foto presa dall’aviazione americana il 15 marzo ’45 e che mostra con una nitidezza incredibile i campi di Gusen 1 e 2. Questi documenti erano sconosciuti fino a qualche mese fa. Per l’incontro del 5 maggio che avremo anche con la popolazione locale austriaca, questa vorrebbe incontrare dei superstiti di Gusen 2 e di Gusen l. Ho parlato qui delle ricerche storiche condotte dalla popolazione locale, in Francia abbiamo condotto una ricerca storica particolare che è stata oggetto di un dottorato di Stato alcuni mesi fa. t lo spoglio informatico di un registro dei morti di Gusen dal marzo ’43 al maggio ’45 che contiene quindi la totalità degli italiani presenti a Gusen. Per la prima volta c’è la possibilità di separare i morti di Gusen 1 da quelli di Gusen 2, di precisare i morti nel blocco 31 di Gusen 1, cioè il blocco della dissenteria. Questo registro è molto interessante perché è ancora più completo del Totenbuch ufficiale delle SS, perché contiene il numero del blocco dove era alloggiato il detenuto e il numero del blocco dove è morto.

Vorrei fare alcune riflessioni sul problema delle testimonianze e dei documenti. Penso che sia molto importante non opporli, ma con la parola testimonianze voglio parlare delle testimonianze che possono essere già oggetto di un’analisi storica critica. Le testimonianze stesse sono rafforzate dallo studio di documenti, ma, all’inverso, ci sono numerosi documenti che possono essere capiti soltanto grazie a delle testimonianze. Quando si parla, ad esempio, di codificazione di documenti SS, come si possono ritrovare questi documenti se non abbiamo, al di là del codice, altre indicazioni? Per esempio, in questo registro non c’è il nome di Gusen 2, e viene indicato soltanto con la lettera “E”, ma il mio amico Gianfranco Maris capisce subito perché la lettera “E’ significa Gusen. Nella primavera del ’44 sono stati costruiti nel campo di Gusen 1 quattro nuovi blocchi, A-BC-D, e nello stesso tempo c’è stata l’apertura del campo di Gusen 2; per questo quello che ha trascritto questi nomi dei morti ha scelto la lettera E per indicare il campo di Gusen 2. Ma questo è già una testimonianza, perché forse uno storico non sarebbe riuscito a capire questa numerazione dei blocchi nuovi di Gusen 1 e la costruzione di Gusen 2.

Il vostro congresso è dedicato alla memoria e alla conoscenza, ma devo dirvi che c’è un processo molto complesso per arrivare alla conoscenza partendo dalla memoria basata su testimonianze e su documenti. Fare appello a uno storico non è sempre la risposta decisiva. Per principio lo storico è padrone della sua interpretazione, della sua totale libertà, ma ha anche-un dovere di tener conto dei fatti e innanzitutto di controllarli prima di poter trame delle indicazioni. Il problema preoccupante non è soltanto quello dei negazionisti; ci sono anche dei problemi con delle opere storiche che contengono errori. Ho cominciato il mio lavoro 26 anni fa sulle camere a gas di Mauthausen, perché in una tesi di una università francese era scritto che non c’erano camere a gas a Mauthausen. Questo libro, che è un libro di 600 pagine, serve sempre come riferimento e lo si trova in tutte le biblioteche e il problema preoccupante per noi è come informare un lettore in buona fede che un libro contiene degli errori.

Un esempio italiano. In questo documento il numero dei morti italiani a Gusen è di 1.671. Per lunghi anni l’unica opera di riferimento su questo era il libro di, Morelli, ma Morelli parla soltanto di 1.328 morti.- Quindi anqhe i lavori storici devono essere considerati in modo critico. Mi associo alla necessità di avere delle testimonianze registrate. Ma vedo la cosa da un punto di vista diverso. Abbiamo ancora alcuni anni prima che lo studio della storia contemporanea sia limitato a uno studio di scritti o di registrazioni. Questi anni che abbiamo ancora davanti a noi devono essere assolutamente usati per ottenere una cooperazione con

gli storici, così siamo ancora in grado di vedere come lo scritto rappresenta la realtà che noi abbiamo conosciuto. Fra alcuni anni quello che rimarrà della memoria della storia sarà fatto di libri e di registrazioni soltanto, non avremo più la possibilità di controllare quello che viene registrato o quello che viene scritto. Personalmente vedo questa possibilità, e che è illustrata da questo lavoro. Si tratta di uno studio informatico di tutti i documenti, a cominciare dai registri. Questo registro contiene 15.000 nomi, questi 15.000 nomi sono -schedati su questi libri, questi 15.000 nomi sono stati inseriti in un mese. Non si pu_ dire che il sistema concentrazionario è così complesso che non riusciremo mai a circoscriverlo completamente, bisogna fare un lavoro da formiche. Ogni registro, ogni documento deve essere passato su computer. Maurice Goldstein ha parlato delle registrazioni fatte a Bruxelles, anche noi in Francia facciamo queste registrazioni, ma c’è un grosso rischio: il problema è come usare queste testimonianze, per far sì che lo storico possa utilizzarle. t un problema fondamentale, faccio un esempio. Goldstein ha parlato di registrazioni di quattro ore, in queste quattro ore ci possono essere cinquanta argomenti, e non è possibile per uno storico consultare ore e ore di registrazione con 50-100 argomenti sollevati e riuscire a fare una sintesi valida. Bisogna quindi usare dei sistemi moderni di sfruttamento di queste notizie. Si usano in informatica delle parole-chiave, dunque creare degli indici coi nomi delle persone, coi nomi dei luoghi per determinare a livello quantitativo, a livello cronologico tutti gli avvenimenti che abbiamo conosciuto, ma cominciando con un lavoro molto ingrato, cioè lo studio dei documenti più semplici per accumulare più dati possibile. t perché questo la~ voro non è stato fatto che adesso ci scontriamo su delle cifre. Vi ho parlato del numero dei morti italiani, 1.671 che differisce del 25% rispetto a un altro dato; quest’altro lavoro è stato forse fatto a partire da documenti incompleti, ma forse anche con una deformazione dei metodi storici che consiste nel fare dei sondaggi anche su dei documenti precisi. Quindi voglio insistere sul fatto che ci rimangono pochi anni per poter controllare le ricerche degli storici, perché dopo potranno scrivere anche degli ottimi lavori, ma potranno anche scriverne tanti pieni di errori. E questo è un problema fondamentale. Vi ringrazio tutti.

ITALO TIBALDI – Ringraziamo per queste puntualizzazioni e naturalmente invitiamo i compagni che vorranno comunque fare delle precisazioni, se lo riterranno, di venire successivamente a fare questi interventi. Se mi permettete desidero dare un piccolo contributo. Abbiamo il dovere della memoria, e abbiamo il dovere di salvaguardare i luoghi della memoria. Se così è, allora io mi sono fatto qualche domanda. Se partiamo dai sotto-campi, dagli hauskommando, per arrivare ai campi-madre, tutti quanti abbiamo avuto una immatricolazione e tutti siamo partiti dal campomadre per gli hauskommando. Ma ricostruiamo invece questo discorso alla rovescia; faccio degli esempi. Sono stati citati dal Comitato della Croce Rossa Internazionale 33 campi riconosciuti intorno ad Auschwitz, e la Gazzetta Ufficiale tedesca nel ’77 e nell’82 ne ha riconosciuti 41. Si disse che Buchenwald aveva 115 campi e 124 sono stati successivamente riconosciuti. t un lavoro certosino, ma sono le formiche che devono lavorare. Dachau ne aveva 44 indicati e 44 sono stati rilevati. Il campo di Flossenburg ne aveva 78 e poi ne abbiamo rilevati 98. Il campo di GrossRosen ne aveva 35 e poi addirittura siamo arrivati a 102. Parlo sempre di documenti ufficiali e della Gazzetta Uffi~ ciale tedesca. Per quanto riguarda Mauthausen sìamo parti~ ti da 58 per arrivare, coi sotto-campi e i sotto-campi dei sotto-campi, a 72. A Massvell ne avevamo 42, siamo andati a 53. A Nuengammen ne avevamo 49 e siamo andati a 86. A Ravensbriick ne avevamo 20 e siamo andati a 43. A Sachsenhausen ne avevamo 46, siamo andati a 60. Studthoff 24, 111. Theresinstadt 11 e 11. E poi ci sono altri campi vari. Allora la mia domanda è molto semplice. Cari compagni, quanti di questi campi sono oggi visibili, sono oggi rintracciabili, sono oggi elemento di documentazione? Quando noi avremo finito di dare il nostro dovere di memoria, dove andranno i nostri ragazzi, dove andranno le scuole, dove andrà chi lo vorrà a trovare questi luoghi? 1.215 luoghi che oggi si condensano in che cosa? In un numero ristrettissimo. Allora la preoccupazione che noi abbiamo è di ricordare. ]~ stato detto giustamente da Teo Ducci: guardiamoci anche in casa. Ricordiamo Fossoli, ricordiamo Bolzano, la Risiera di San Sabba, ricordiamo Borgo San Dalmazzo. Se ci arrendessimo ora la nostra vita sembrerebbe più corta, i deportati morirebbero due volte. E questo noi non lo possiamo permettere. Questa è la riflessione che io volevo fare, questa è la riflessione che io faccio coi compagni che ci hanno oggi onorato della loro presenza, come i Comitati internazionali. Noi veniamo a Buchenwald, veniamo a Dachau, veniamo a Flossenburg, a Sachsenhausen, a Dora, veniamo anche con difficoltà a Bergen-Belsen. lo voglio salutare la compagna di Bergen-Belsen che è qui con noi, vogliamo salutare le compagne di Ravensbrúck, e voglio anche dire a tutti quanti voi: siatemi sempre compagni di viaggio. Grazie.