Lettere brevi!

Triangolo Rosso ha ricevuto nelle ultime settimane un numero imprevisto di lettere. Ringraziamo coloro che ci hanno scritto, assicurando che tutti i suggerimenti saranno tenuti nel debito conto (qualcuno ha già trovato attuazione in questo numero). E’ nostro intendimento intensificare il dialogo con i nostri lettori, anche con la pubblicazione di un maggior numero di interventi. Scrivere lettere brevi (massimo una pagina, meglio se scritta a macchina!) per lasciare spazio ad altri e per evitare spiacevoli tagli redazionali.

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Studiosi tedeschi chiedono auito 
Cari amici, recentemente mi sono giunte, da parte di studiosi tedeschi della massima serietà (per loro posso garantire personalmente), richieste di informazioni che riguardano da un lato testimonianze sulla presenza di deportati.italiani nella città bassorenana di Krefeld nel periodo 1943-45, dall’altro testimonianze di deportati.italiani che siano sopravvissuti alle due marce della morte che, nell’aprile 1945, attraversarono la città di ClausthalZellerfeld (Bassa Sassonia, nei dintorni di Göttingen). Personalmente ritengo assai importanti richieste del genere, che dimostrano come la memoria dei deportati abbia decisamente assunto notevole rilevanza come fonte storica. D’intesa con l’amico Bruno Vasari, vi chiederei perciò di pubblicare sul vostro giornale i due commenti che seguono. Nel ringraziarvi per la vostra collaborazione, resto naturalmente a vostra totale disposizione per qualunque chiarimento. Vogliate nel frattempo gradire i miei migliori saluti.

Brunello Mantelli (Torino)

 
 
 
Il Centro di Documentazione e di Informazione sul Nazionalsocialismo della città tedesca di Krefeld (Renania
del Nord-Vestfalia) ha in corso una ricerca su deportazione, lavoro coatto e resistenza nel suo circondario. Krefeld era ed è un’importante area industriale, dove vennero utilizzati come manodopera schiava non pochi italiani (deportati, internati militari, lavoratori civili). Chi fosse stato deportato a Krefeld od avesse notizie in proposito è pregato di mettersi in contato con la dr. Ingrid Schupetta, direttrice del Centro [NS-Dokumentationsund Begegnungszentrum, Postfach 2740, DW 4150 Krefeld 11 oppure con il dr. Brunello Mantelli [via Buttigliera 7, 10132 Torino – Tel. (011) 81953651]
 

 
 
Lo studioso tedesco Joachim Neander sta scrivendo uno studio sulle due marce della morte che passarono nell’aprile 1945 per la città di Clausthal-Zellerfeld, nei dintorni di Göttingen, la prima il 5 del mese provenendo da Gandesheim, sottocampo dì Buchenwald, la seconda il giorno 8 proveniente da Dora-Mittelbau. Gli sarebbe molto utile, per completare la sua ricerca, poter entrare in contatto con ex deportati.italiani che abbiano ricordi o notizie in proposito. Chi fosse sopravvissuto ad una delle marce della morte in questione od avesse comunque informazioni utili è pregato di mettersi in contatto con Joachim Neander, Bohlweg 31, D – 38678 Clausthal-Zellerfeld, oppure con il dr. Brunello Mantelli, via Buttigliera 7,10132 Torino, tel. (011) 8195365.

 
 

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Quelle pagine sulla Bosnia “Meraviglia e costernazione”
La severa critica di un sopravvissuto a Mauthausen al “dossier” pubblicato nello scorso numero di “Triangolo Rosso “. Il dibattito è aperto: qualcuno vuole intervenire? 
Caro Dario Venegoni,
Ho letto con attenzione il numero di luglio-agosto 1993 del prezioso giornale dedicato a noi superstiti dei campi di sterminio nazisti. Io stesso sono uno dei sopravvissuti di Mauthausen (matricola IT 53444). Non scrivo certamente per ricordare il mondo allucinante, fuori da qualsiasi realtà e logica che fu il nostro pane quotidiano in quegli anni senza significato, logica o speranza, fuori dallo spazio e dal tempo, creature avulse da tutto, da tutti e per sempre (come speravano loro), scaraventati negli spazi infiniti degli orrori voluti da menti apparentemente sane, ma folli in assoluto. Mi corre pertanto l’obbligo di estemarVi la mia più profonda meraviglia e costernazione per sentire citato qui, nella nostra rivista delle “Larve sopravvissute”, i campi attuali di prigionia nella ex-Jugoslavia. Serbi, Croati e Musulmani fanno una loro guerra personale. Tutti e tre hanno i loro campi di concentramento dove si può morire o quasi sempre anche non morire. Tutti e tre sono ugualmente colpevoli, senza distinzioni né gradazioni. Sottolineo e ribadisco comunque che non ci sono (almeno così risulta a tutti), né camere a gas, né erematori o bambini innocenti; e neppure ci sono morti accuratamente e perfidamente studiate per una inedia prestabilita e che non durava oltre i tre mesi. Poi aspettava il crematorio. E questa la differenza, né più né meno ma è qui che sta la diversità abissale. Quando i Sovietici scatenarono l’ultima offensiva contro Berlino, ci fu una frase apocalittica che accompagnò i soldati sovietici – attraverso la voce dei loro generali – durante l’ultimo assalto contro l’idra bruna: “…. centinaia di migliaia di scarpette di bambini marciano con noi…”. Già, le scarpette trovate, accuratamente suddivise, e che non si poterono più distruggere prima dell’arrivo dell’Armata Rossa ad Auschwitz dove questi orrori ebbero il loro culmine. Vogliamo allora capire il perché i Sovietici hanno vinto e l’idra bruna ha perso, nonostante e proprio per l’ironia della frase sui cinturoni germanici: “Dio con noi”? Le scarpette innocenti non poterono tollerare questa affermazione blasfema, come del resto vale per la frase sugli ingressi dei campi di concentramento nazisti: “Il lavoro rende liberi”, ben sapendo tutti che questa libertà era solo ed esclusivamente quella del crematorio. Superfluo ogni altro commento. Personalmente mi sento profondamente angosciato, avvilito ed offeso nel vedere noi reduci degli “Inferni nazisti” accomunati nella stessa rivista col “Fenomeno della exJugoslavia” che con le parole eliminazione, sterminio, camere a gas e crematorio non ha e non avrà mai nulla a che fare, sotto qualsivoglia visuale. Ci sono i liberati, gli usciti, gli scambiati: ciò non esisteva mai per i campi nazisti. Sono certo che se errore c’è stato, da parte di chi ha scritto o non cestinato gli articoli sulla ex-Jugoslavia, è stato, deve essere stato errore involontario, perché forse non ci si è resi conto che qualcuno – di noi sopravvissuti per mero caso – avrebbe fatto accostamenti e quindi ineluttabilmente confronti. Avrei comunque preferito il ricordo di quei poveretti exJugoslavi in altra rivista e sede, non certo in quella dedicata a noi pochissimi “triangoli rossi” sfuggiti al crematorio perché in quel momento l’angelo della morte, per sua bizzarra scelta, non ci volle. Perché? Ciò mi turba nell’intimo della mia essenza umana ma so che non avrò mai la risposta. Assai grato se vorrete pubblicare questa mia missiva che tenta almeno una parvenza di chiarificazione. Non è possibile accomunare i 6 milioni di ebrei, donne vecchi e bambini inermi e le centinaia di migliaia di detenuti politici di tutti i paesi d’Europa e che hanno fatto la stessa fine, con: ” … 3000 deportati stabili, 1.500 uccisi”; ” … ogni notte scomparivano degli uomini… “; “… nella notte del 24 luglio di un anno fa furono sterminati 230 internati Il
mondo sa, quanti esseri umani furono gassati e bruciati nei crematori in un solo giorno di Auschwitz? Il mondo sa quante migliaia lo furono giornalmente, per settimane, mesi ed anni? Per nostra fortuna possiamo solo inchinarci di fronte a quanto accadde durante il periodo della “peste bruna”, ricordando con un senso misto di giustizia e punizione divina la frase antica ma anche moderna: “Chi di spada ferisce di spada perisce”. Vogliamo ordunque capire a fondo, od almeno tentare di capire la differenza abissale fra il tetro regno dei morti nella Germania nazista ed il fenomeno, ristretto a poche
migliaia di casi, della guerra fratricida – ma ineluttabilmente voluta da essi stessi – delle popolazioni ex-jugoslave ugualmente colpevoli del loro destino?
Cordiali saluti
Hans Preis

 
 
Pubblico volentieri, e non è un modo di dire, questa lettera pure tanto dura. Se questo nostro giornale diventerà anche sede di dibattito tra di noi, penso che avrò raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso accogliendo l’invito dell’Aned a fare questo lavoro. Non credo sia corretto rispondere in prima persona alle severe critiche di Hans Preis. Le mie convinzioni sono lì, nero su bianco, nelle pagine che Il Triangolo Rosso ha dedicato lo scorso numero alla tragedia Jugoslavia. Un errore, dice Preis. Una scelta quasi obbligata, penso io ancora, dopo aver ragionato su questa lettera. A Preis vorrei solo qui ricordare che presentando l’agghiacciante dossier sui campi di concentramento bosniaci anch’io richiamai la necessità di un distinguo: Non saremo certo noi – scrivevo – a confondere i campi di sterminio nazisti con qualsiasi altra forma di sopraffazione. Ma certo i trasporti sui carri bestiame, la costituzione di campi di raccolta contornati dal filo spinato sorvegliati dalle torrette di guardia, la sistematica violazione dei più elementari principi di dignità umana evocano per tanti di noi immagini e ricordi che vorremmo cancellati dal progresso, dalla tolleranza, dalla civiltà dell’uomo. E invece…” L’iniziativa dello scorso numero di Triangolo Rosso mi pareva aver incontrato il favore dei lettori. Hans Preis ne è invece rimasto costernato e offeso. Di questo mi dispiace, sinceramente. Ma forse qualcuno vorrà rispondergli. Il dibattito è aperto.

D.V.