Relazione al termine di un viaggio nella ex DDR

 

Il viaggio, al quale ho partecipato come rappresentante del Comune di Torino, ha avuto conte tappe i campi di Buchenwald, Sachseühausen e Ravensbrück, tutti situati nella parte orientale dello stato tedesco. Erano presenti quattro rappresentanti della Regione Piemonte, un rappresentante della città di Cuneo e una delegazione dell’ANED, guidata da Ferruccio Maruffi. Nelle brevi note che seguono ho cercato di sottolincare alcuni aspetti della visita che riitengo significativi, soprattutto dal punto di vista delle prospettive di consolidamento e di sviluppo dei rapporti con i responsabili istituzionali, a cui è affidata la conservazione della memoria dei lager.
Il primo campo visitato è stato Buchenwald, che sorge sulle collina di Ettersberg, nei pressi di Weimar. Siamo stati ricevuti dal console italiano di Weimar, dal direttore del campo e da una sua collaboratrice. Abbiamo potuto deporre la corona commemoratìva della Regione Piemonte al cancello d’ingresso del campo, sul quale spicca la scritta “Jedem das sein” (a ciascuno il suo) che riccheggia, con ben altro significato, un principio fondamentale del diritto romano “Unicuique suum”.
Durante la breve cerimonia abbianio avuto modo di apprendere che il direttore era appena stato sostituito, probabilmente in seguito agli episodi di violenza svoltisi qualche tempo fa. Il nuovo direttore, dr. Mayer, è professore di storia contemporanea all’Università di Jena: ha affermato con convinzione il proposito di operare in ogni modo per la conservazione delle terribili memorie che Buchenwald racchiude. Tale atteggiamento ha molto confortato la delegazione dell’ANED e i rappresentanti degli enti locali. La favorevole impressione è stata confermata dalla modalità di svolgimento della visita. La collaboratrice del direttore, Dr. Grieff, ci ha guidati nei vari luoghi che hanno visto il martirio di tanti uornini e donne (i morti furono più di 50.000), dimostrando un’intelligenza e una sensibilità che ci hanno veramente commosso.

La quercia di Goethe
Il campo racchiude, pur tra le tante memorie spaventose, anche il tronco di un albero, che la tradizione identifica come la quercia sotto la quale Goethe era solito sedere a meditare. Lì ci siamo accomiatati dalla nostra guida, che ci ha chiesto dì “aiutare i tedeschi a conservare la memoria di quanto accaduto”, perché nessuno possa dire quello che dissero i cittadini di Weimar, condotti dalle truppe americane a visitare il campo dopo la liberazione: noi non sapevamo, noi non volevamo”.
Queste impressioni si sono confermate nella visita al campo di Sachsenhausen, situato vicino a Berlino. Siamo stati ricevuti dal vicedirettore e da un suo assistente: la cerimonia si è svolta nella “stazione Z”, dove sorgeva il crematorio (a Sachsenhausen si calcola che siano morte circa 100.000 persone). E, ancora visitabile anche l’edificio dove si svolgevano gli esperimenti scientifici utilizzando i detenuti come cavie. Abbiamo anche avuto la possibilità di assistere alla proiezione di un film di grande significato ed efficacia, che illustrava i sistematici metodi di sterminio delle SS.
L’ultima meta è stata il campo di Ravensbrück, il luogo della deportazione femminile. Il campo sorge in una zona lacustre e non è integralmente visitabile, poiché era in parte occupato da installazioni militari dell’URSS da poco evacuate. La direttrice, che ci ha ricevuto insieme al sindaco della vicina Füstenberg, ha parlato dei propositi di rendere accessibile al più presto anche tale parte. A Ravensbürg sono state deportate donne di venti nazioni europee e ne sono morte
A Ravensbrúck sono state deportate donne dì ventì riazìonì europee e ne sono morte più di 100.000. Dal 1943 al 1945 nel campo sono nati più di 800 bambini, ma solo una ventina sono sopravvissuti. Le donne di Ravensbrück sono state utilizzate in svariati lavori. Tra l’altro, la Siemens aveva, nei pressi dei campo, uno stabilimento dove lavoravano le prigioniere. Molte di loro sono state sottoposte a esperimenti scientifici e, in conseguenza di essi, le sopravvissute in ben pochi casi hanno potuto ancora avere dei figli. Ma, come dice la lapide commemorativa posta all’ingresso del campo, sono divenute tutte madri ugualmente: la nuova Europa è nata anche dal loro sacrificio.
Il viaggio si è concluso con la visita alla città di Berlino, dove, tra l’altro, sono oggi visitabili le fondamenta di parte del palazzo dove sorgeva la Gestapo, su cui è stata posta la significativa scritta “Topographie des terrors”. Siamo, quindi, tornati convinti della consapevolezza, dimostrata da molti tedeschi, della necessità di adempiere scrupolosamente al compito di conservazione della memoria che ora spetta a loro, ma non solo a loro. I viaggi, che, ormai da molto tempo, gli enti locali del Piemonte e delle città piemontesi patrocinano, svolgono così una importante funzione: la presenza delle delegazioni sul suolo tedesco aiuta coloro che debbono curare e tutelare i luoghi dove sorgono i campi di concentramento.

L’interesse dei giovani
Vorrei concludere, infine, questa breve sommaria relazione sottolineando l’interesse e la serietà che hanno dimostrato gli allievi delle scuole superiori della città di Torino (Balbis, Clotilde di Savoia, Monti). Credo che l’iniziativa dimostri puntualmente, ogni anno, la sua validità, determinata dalla possibilità di mettere a contatto le giovani generazioni con la realtà del lager, testirnoniata dai luoghi visitati e dalle parole degli ex deportati, che anche quest’anno hanno contribuito con la loro coerenza e lucidità esemplari ad impartire una lezione di storia per tutti indimenticabile.

Maria Chiara Acciarini