Edith Stein, ebrea tedesca, monaca carmelitana, uccisa in una camera a gas nel lager nazista di Auschwitz, sarà proclamata beata. Giovanni Paolo Il terrà la cerimonia di beatificazione nel suo prossimo viaggio in Germania, che avverrà dall’1 al 4 maggio. E’la prima donna ebrea, dopo la primitiva era cristiana, che la Chiesa cattolica sta per venerare sugli altari.
Edith Stein è una figura che ha affascinato il mondo culturale europeo, e non solo quello cattolico, nel dopoguerra, se non altro per essere stata assistente di Husserl, il caposcuola della fenomenologia all’università di Friburgo. Di lei è stato scritto: “E’ la prima donna israelita che ha svolto un ruolo eccezionale nell’insegnamento della filosofia, arrivando ad occupare una cattedra universitana. La sua filosofia è stata oggetto di studio e le sue opere complete costituiscono la testimonianza di un’opera scientifica che nessuna donna in Europa del XX secolo finora ha realizzato”. Husserl aveva previsto in lei, in quanto ebrea, “la tendenza al radicalismo e la passione del martirio”.
La vita di Edith Stein è stata soprattutto un itinerario spirituale, sempre legata profondamente alle sue origini ebree. Nell’aprile del 1933, in piena persecuzione hitleriana antiebraica, essa, già divenuta cattolica, scrisse a papa Pio XI per chiedergli di pubblicare un’enciclica in difesa del popolo ebraico.
A questo scopo aveva meditato anche un viaggio a Roma per parlare direttamente con il pontefice. Edith Stein nacque a Breslavia, oggi Wroclaw in Polonia, allora capitale della Slesia tedesca, il 12 ottobre 1891.
Nacque da genitori ebrei e proprio nel giorno del Kippur, la solenità ebraica dell’Espiazione, allevata nel rispetto della Torah (la legge mosaica) e delle pratiche religiose. Al venerdì sera, al tramonto, tutta la famiglia si recava alla sinagoga.
Eppure, a ventun anni, si dichiarava atea: “Mi sento incapace di credere all’esistenza di un Dio”. Frequentava la facoltà di filosofia di Breslavia, ed era l’unica allieva tra gli studenti maschi. “Poiché ero l’unica donna fra gli studenti”, ricorderà poi, “il professore, durante una lezione, disse una volta sorridendo: Quando dico ‘miei signori, intendo an-
che quella signorina lì. Quella signorina lì stava allora leggendo Le indagini logiche di Husserl, ne fu attratta e si spostò a Gottinga, dove il caposcuola della fenomenologia insegnava. Husserl, quando si trasferì a Friburgo nel 1916, prese la Stein come assistente.
La giovane, frequentando Max Scheler, anch’egli fenomenologista ma cattolico, ebbe i primi contatti con la religione cristiana.
Si fece battezzare, a trent’anni, nel 1922. Dodici anni dopo, entrava nel Carmelo di Colonia col nome di suor Teresa Benedetta della Croce. La violenza antigiudaica nel Reich hitleriano infuriava. Nessun ebreo si sentiva più sicuro. Suor Teresa era segnata come “non ariana” nei registri della polizia. Per salvarla, fu inviata nel Carmelo di Echt in Olanda. Lì scrisse il libro che è come una sua confessione personale, Scientia crucis. Ma, nell’Olanda occupata ormai dai nazisti, nemmeno il monastero di Echt fu sicuro. Per rappresaglia contro i vescovi olandesi, che avevano protestato con durezza contro la persecuzione degli ebrei, il Commissario del Reich per l’Olanda, decise di deportare tutti gli ebrei cattolici.
Il 2 agosto 1942, alle cinque del pomeriggio, mentre le suore si trovavano in coro, due ufficiali delle SS bussarono al portone. “Suor Stein”, chiesero. La religiosa si presentò. ‘Prenda una coperta, un bicchiere, un cucchiaio e viveri per tre giorni”, dissero i due ufficiali, la fecero uscire e la caricarono su un camion dove c’erano altre vittime. Da allora l’itinerario della carmelitana ebrea si perde. L’ultimo suo biglietto, consegnato dal finestrino di un treno a una signora alla stazione di Schifferstadt, nella Renania, indirizzato alle sue consorelle, diceva: “Saluti dal viaggio per la Polonia”.
La Polonia era Auschwitz (in lingua polacca Oshwieçim), con le sue camere a gas, lo stesso lager dove Massimiliano Kolbe morì nel bunker della fame.