Fabbro, cinque figli, genitori e moglie di razza slava: Alexander Guzik è stato arrestato e deportato a Dachau nel 1940, perché considerato “soggetto pericoloso”. La sua storia viene ricostruita solo attraverso alcune schede del casellario criminale dei nazisti, e le lettere di comando dei vari presidi sotto i quali l’uomo è stato mantenuto prigioniero. Guzik venne poi liberato, a quale prezzo non è possibile sapere.

 

 
Mi sono capitate fra le mani le fotocopie di una serie di documenti che riguardano un tale Alexander Guzik. Chi fosse, non so. So però che è uno dei tanti passati per un Lager nazista.
Dalla cruda e secca obiettività delle frasi del linguaggio di servizio di una burocrazia pignola traspare il destino di un uomo che, dal momento che poi lo hanno mollato, non deve esser stato un gran pericolo per il Terzo Reich le cui armate stavano mettendo a ferro e fuoco il suo paese.
Alexander Guzik ha quarantacinque anni quando lo becca la Gestapo. Dunque viene considerato un elemento particolarmente pericoloso. Fabbro, cinque figli, genitori e moglie di “razza slava” è accusato di “propagare notizie tendenziose”.
Forse, semplicemente non gli piaceva l’idea che la Slesia, il suo paese, fosse da Hitler considerato tedesco e come tale da incorporare, armi alla mano, nel grande Reich.
Viene mandato prima a Dachau poi a Sachsenhausen poi a Neuengamme.
Guzik è stato poi liberato su istanza della moglie che, a quanto sembra, in un primo momento è stata a sua volta arrestata assieme al marito. Questo, comunque, è uno dei pochi casi che io sappia di deportati che hanno riacquistato la libertà. A quale prezzo non è il caso di rilevare. Certamente ad un prezzo molto alto per la dignità dell’uomo.
Teo Ducci