"La resistenza oggi si chiama nonviolenza, la liberazione oggi si chiama disarmo": è il messaggio declinato in musica, parole e testimonianze rimbalzato da una parte all'altra dell'Arena per tutta la giornata di "Arena di pace e disarmo" promossa da centinaia di sottoscrittori singoli, trenta reti laiche e cattoliche, nazionali e internazionali, oltre cinquanta organismi ed enti che si occupano di solidarietà, volontariato, pace, ecologia ed economia di giustizia, dieci fondazioni culturali, quaranta riviste cartacee e online, otto centri studi per la pace e il disarmo, centinaia di gruppi locali di tutta Italia. Bandiere, slogan, ombrelli colorati, striscioni che hanno vestito a festa gli spalti e la platea dell'anfiteatro veronese brulicante di persone (13.000 , accorse da ogni parte d’Italia, dai piemontesi No Tav ai siciliani No Muos, che hanno raggiunto Verona, in pullman, treno, bicicletta …).

Gino Spiazzi e Lidia Menapace
 

Il popolo della pace tornato in Arena il 25 aprile, giorno della Liberazione. Una data non scelta a caso ma proprio per connettere le lotte di ieri a quelle di oggi, la resistenza di ieri e la necessità di impegno di oggi, la follia disumana della guerra di ieri e l’insensatezza del riarmo dell’oggi, l’antifascismo di ieri e di oggi. Ed è per questo che ANED, insieme ad ANPPIA, ha scelto di essere tra i promotori.
Gli organizzatori hanno voluto che ad iniziare la lunga e variegata kermesse durata dalle 14 fino a sera, sul palco allestito davanti alla folla fossero le voci di due testimoni della lotta di liberazione e della Resistenza al nazifascismo, Lidia Menapace, partigiana, e Gino Spiazzi, deportato politico sopravvissuto nel campo di Flossenbürg e presidente della sezione di Verona che, annunciato come rappresentante dell’Aned, con il fazzoletto al collo e accompagnato dal labaro con incisi i nomi dei principali Campi, in un’Arena gremita ma in silenzioso ascolto, ha rivolto a nome dell’Aned un breve ma eloquente saluto:

Io non avevo nome.
Sono il numero 43.805 del lager di Flossenbürg, un Triangolo rosso, come i nazisti contrassegnavano gli antifascisti, i partigiani, i disertori, gli operai in sciopero, i renitenti alla leva, i civili rastrellati. E insieme a noi altri triangoli per ebrei, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, apolidi…
 
La guerra e il fascismo mi hanno rubato la giovinezza.
Dall’Italia siamo stati deportati in 40.000, di cui circa 8.000 ebrei: siamo tornati in meno della metà: gli altri sono stati sterminati nei forni crematori e nelle camere a gas.
 
Oggi, qui all'Arena, nel ricordo del sangue versato da tutti i popoli e dei milioni di fratelli e sorelle assassinati dal nazifascismo, testimonio la loro voce, per la pace e il disarmo, per la felicità dei popoli.
Buon 25 aprile di Liberazione. Ora e sempre Resistenza.
Grazie.

Un messaggio con il quale si è voluto ribadire il no forte e deciso a ogni sopruso e ogni violenza, un No gridato da due anziani a una folla di giovani, un passaggio di testimone che è poi continuato, ciascuno con la propria esperienza e i propri valori, gridato a gran voce dai tanti protagonisti e artisti che si sono susseguiti via via: da padre Alex Zanotelli ad Alice Mabota, da Gad Lerner a Simone Cristicchi, da don Luigi Ciotti a David Riondino, da Maurizio Landini a Alessio Lega, da Renato Accorinti a Deborah Kooperman, da Massimo Valpiana a Eugenio Finardi a padre Venanzio Milani, compatti e determinati nel chiedere al governo di abbandonare ogni azione che comporti l'investimento di ingenti fondi nel settore della difesa militare e di convogliarli al Servizio civile, a Corpi civili di pace, a ricerche per la pace e la risoluzione dei conflitti e alle spese sociali e culturali di cui l’Italia ha estrema necessità. Sia durante la sfilata del mattino sia nel pomeriggio all’Arena, grazie ai ragazzi e alle ragazze della rete degli studenti medi che hanno accolto con entusiasmo e partecipazione attiva la richiesta di collaborazione, sono state distribuite oltre 5.000 copie del volantino preparato da Aned contro l’astensione elettorale, in una continuità ideale tra il 25 aprile ‘45 e il 25 maggio 2014 in cui saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo.
Una grande festa, tra cori e applausi, un modo diverso di celebrare la Liberazione rifiutando le politiche di guerra (prima fra tutte l’acquisto degli F35, una spesa inutile e incostituzionale che la maggioranza degli italiani non vuole) per accendere una speranza alla pace. Per nuove strade di solidarietà sociale e diritti per tutti, fedeli agli ideali che hanno animato gli uomini e le donne della resistenza e considerando la libertà conseguita, come ci hanno chiesto i deportati nel giuramento di Mauthausen, ‘un bene comune di tutti i popoli’.
 

Tiziana Valpiana